I cento volti della sicurezza - di Alberto Bordi

Giovedì 15 Maggio 2014 19:16 amministratore
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Non esiste un connotato unico di quello che è considerato dagli Italiani il bene primario per eccellenza.  Le indagini demoscopiche sono sostanzialmente concordi nell’individuazione di quello che per gli Italiani è il primo bene da tutelare: la sicurezza.

 

D’altra parte la difesa da attacchi esterni ed il mantenimento dell’ordine e della sicurezza interna costituiscono, secondo la manualistica giuspubblicistica, i due fondamentali compiti di uno Stato moderno. Partendo dal presupposto che non esiste un connotato unico di sicurezza ma ne esistono tante sfaccettature quante sono le attività umane, non altrettanto agevole risulta definire quale genere di sicurezza sia in cima ai desideri dei cittadini, anche se il primo pensiero non può non andare alla sicurezza di base, quella più intima, che alberga nelle mura della propria casa, da preservare da attacchi ed invasioni indesiderate da parte di ladri, di rapinatori, di violenti. E’ inoltre di tutta evidenza come il livello di sicurezza sia saldamente correlato alla qualità della vita ed alla civiltà stessa di un popolo; non a caso l’interrogativo d’obbligo che ci poniamo tutti, allorché indossiamo la veste di turisti, si riferisce a quanti e quali siano i rischi ed i livelli di sicurezza del Paese estero che ci accingiamo a visitare.

Altro aspetto ben noto è come tali rischi non siano uguali ed immutabili in ogni Paese ed in ogni fase storica e prescindano spesso dalla componente benessere della comunità che si frequenta, con la quale si pongono generalmente in rapporto inversamente proporzionale.Sappiamo peraltro come nella categoria delle “sicurezze” siano presenti fattori imponderabili; basti ricordare i tempi non lontani in cui gli automobilisti di mezza Italia erano terrorizzati dai folli che lanciavano sassi dai cavalcavia scardinando la sicurezza nelle autostrade.La complessità della materia non offre insomma elementi da scienza esatta ma presenta caratteri che possono variare nel tempo in relazione a problematiche politiche, razziali, religiose, ad accadimenti contingenti, a varianti socio-economiche, oppure a fattori istituzionali, primo fra tutti l’efficienza e la buona organizzazione degli apparati preposti ad arginare gli attacchi alla sicurezza della collettività.

I contenuti del problema cominciano così a prendere forma: da una parte il concetto multiforme di sicurezza, caratterizzato dal minimo comune denominatore di impedire qualunque evento e comportamento esterno lesivo o invasivo del normale e sereno scorrere della esistenza del cittadino singolo o aggregato, negli atti e nei ritmi quotidiani. Dall’altra parte si colloca il concetto antitetico alla sicurezza, che non trova fondamento solamente nelle grandi cause di insicurezza tipizzate, come il terrorismo, la criminalità comune e quella organizzata, ma contempla una gamma davvero inelencabile di atti e comportamenti che, a vario titolo, intaccano o minacciano il bene sicurezza e le persone e le cose ad esso fisiologicamente correlate. Proviamo a pensare alle intemperanze teppistiche di alcuni tifosi in uno stadio di calcio, alla guida spericolata di un automobilista in vena di esibizioni di velocità fuori legge, oppure al fanatismo violento di qualche integralista religioso, alle turbe omicide di un serial killer o al gesto disperato di chi è senza casa o senza lavoro, e l’elenco potrebbe non finire mai. Il passaggio dalla condizione di sicurezza a quella di insicurezza dipende, nei casi presi in considerazione, da incognite e coincidenze che mettono comunque a repentaglio l’ incolumità di chi assiste ad un evento sportivo, di chi viaggia osservando scrupolosamente il codice della strada, di un tranquillo praticante del proprio credo religioso, di una donna con la sola colpa di essere attraente o dello sfortunato passante che incappa nel gesto inconsulto di chi ha perso il lume della ragione. Il limite tra sicurezza ed il suo opposto talvolta sfugge anche alle più rigorose e sofisticate regole di prevenzione: nessuno poteva di certo ipotizzare che uno dei pericoli per la nostra sicurezza domestica potesse venire, come accaduto alcuni anni or sono, dalle bottiglie di acqua minerale “siringate” con sostanze tossiche da soggetti privi di senno. In taluni casi gli effetti d’urto sulla nostra sfera di sicurezza partono da molto lontano: la minaccia terroristica oggi esistente in Italia ed i rischi connessi ad un semplice volo in aereo potrebbero essere conseguenza della guerra in Iraq o di quella in Afghanistan, come anche riconducibili all’attacco alle Twin Towers, o alla semplice appartenenza del nostro Paese alla Unione Europea, alla politica estera del nostro governo, come anche ad una strategia eversiva di matrice tutta italiana. Il ventaglio delle ipotesi è sicuramente ampio. Tra i due estremi del problema si viene a collocare una serie interminabile di situazioni e di segnali che sta alle istituzioni ed alle forze dell’ordine cogliere tempestivamente: questa la prima virtù professionale che la comunità chiede ai nostri poliziotti, ai carabinieri, agli apparati di sicurezza, magari con l’ausilio di una popolazione più attenta e collaborativa. Questo ultimo fattore potrebbe segnare il turning point della questione.

L’interesse per la sicurezza è ovviamente generale, e deve essere pertanto affrontato in un’ottica collettiva e di solidarietà civica e non può essere ripartito in modo manicheo tra tutelanti e tutelandi, tra attori e spettatori. La lettera bomba pervenuta a dicembre 2003 nella casa bolognese del presidente della Commissione europea Romano Prodi, è sicuramente fonte di insicurezza per il destinatario dell’attentato, ma produce un effetto di insicurezza, pur se più attenuato, anche in ciascun cittadino, che comincia a provare una certa diffidenza di fronte ad un servizio di utilità ed ordinarietà come quello legato alla corrispondenza. Anche in questo caso un aspetto legato al nostro quotidiano è passato dal comparto sicurezza a quello della insicurezza a seguito di un evento ben preciso, riconducibile o meno ad un quadro di rischi e di minacce più ampio. Lo scenario che abbiamo di fronte a questo punto presenta dimensioni estremamente dilatate, in quanto pressoché tutti gli atti, i comportamenti, i luoghi, i meccanismi, ordinari del nostro quotidiano e collocabili aprioristicamente nel novero della dimensione sicurezza, possono, per le cause più impensabili, di natura politica, sociale, religiosa, economica o addirittura senza motivazione apparente, anche in un brevissimo lasso di tempo, essere annoverati nell’ambito delle “insicurezze”. Nessuno, ad esempio, prima della diffusione del morbo della polmonite atipica (SARS), avrebbe definito a rischio il semplice colloquiare con persone provenienti dalle regioni asiatiche investite da tale morbo epidemico. Anche in questo caso la minaccia alla sicurezza viene da molto lontano. Allora c’è da domandarsi se di fronte al composito attacco alla nostra sicurezza, di solito più potenziale che effettivo, spesso più psicologico che reale, bisogna rassegnarci.? Tutt’altro. Proprio la valutazione ponderata dello standard di sicurezza di cui abbiamo goduto fino ad oggi ci deve far riflettere sulla valenza generalizzata della legislazione, delle procedure e delle strutture, istituzionali ed operative, messe in campo in Italia a tutela della sicurezza della collettività in ogni sua manifestazione, perfino in quelle riguardanti la sfera dello svago e del tempo libero, quando si frequenta, per esempio, il mondo delle discoteche. A questa considerazione, di segno positivo, con carattere pressocchè assorbente, pur con le indefettibili varianti legate al tessuto sociale nel quale si vive, ne va comunque aggiunta una seconda: che la sicurezza, pur apparendo un bene sostanzialmente statico, costituisce in realtà una componente dinamica, perché legata alle numerose attività dell’individuo, e che quindi deve essere alimentata da un impegno votato alla conservazione del bene e ad un atteggiamento di vigilanza civica. Un po’ come dire che colui che ha acquistato una vettura nuova, non può limitarsi a godere e a contemplare “passivamente” il suo acquisto, esponendosi agli attacchi del ladro che, a sua insaputa, pone in essere strategie ed artifizi dinamici per impossessarsi contra legem del bene desiderato. E’ necessario che il cittadino in parola diventi dinamico sul piano della prevenzione, dotandosi, nel caso di specie, di antifurti adatti allo scopo, e si ponga soprattutto su un piano di collaborazione, utile per sé e per la comunità, con le strutture deputate a garantire la sicurezza interna. Quest’ultime, non è pleonastico sottolinearlo, sono le uniche ad avere la legittimazione ed i mezzi per prevenire o comunque arginare, ed eventualmente reprimere, i fenomeni che, attaccando il bene sicurezza, determinano un sensibile abbassamento della qualità della vita. Sicurezza che è anche sinonimo di pacifica convivenza, infatti chi vive in una condizione di generale sicurezza, di norma non necessita e non va in cerca di conflittualità. Ecco delineato il circolo della sicurezza, figura opposta al circolo della insicurezza, dove tale connotazione genera, oltre ad un diffuso disagio esistenziale, conflittualità e pericolosità sociale. Per intenderci in un ambito sociale tranquillo e fondamentalmente sicuro, a nessuno verrebbe in mente di armarsi per difendere la propria sicurezza, peraltro già acquisita. La rapida digressione, per certi tratti di stampo sociologico, sul concetto di sicurezza, ha fin qui evidenziato come la tutela di questo bene, paradossalmente, il più privato tra quelli attribuiti alla competenza pubblica, non possa essere concepita quale prerogativa esclusiva delle istituzioni ad essa preposte, Ministero dell’Interno e le sue articolazioni periferiche, ma debba essere estesa all’intera componente sociale. In altri termini, è più facile raggiungere l’obbiettivo della pulizia delle strade con un comportamento civile di tutta la collettività piuttosto che contare esclusivamente sul servizio di nettezza urbana.

Il connotato moderno di sicurezza, come anche quello più evoluto della sua forza antitetica, ossia l’insicurezza, caratterizzata da un senso diffuso di vulnerabilità, di sfiducia e di precarietà, impongono l’impegno del cittadino su tale fronte e la sua vicinanza con le forze dell’ordine e con gli apparati che le governano. Oggi il progetto di vicinanza logistica, quindi sul territorio, tra forze dell’ordine e cittadinanza, sembra ben avviato, grazie alla istituzione della polizia di prossimità anche se la copertura capillare su scala nazionale di agenti dotati di palmare sembra ancora lontana. La nuova figura del poliziotto e del carabiniere  di quartiere assume straordinaria rilevanza sul piano operativo e psicologico, rendendo più praticabile la concreta collaborazione tra cittadini e forze dell’ordine: quel che conta per il cittadino è che le persone a cui rivolgersi per qualsiasi situazione riguardante la sicurezza non sia al “palazzo”, non sia solo nell’ufficio di zona, ma sia anche lì, sul marciapiede, al bar, vicino all’edicola, in pratica sia parte integrante della vita di quartiere. Un altro istituto ha caratterizzato già da molto tempo  la “strategia per la sicurezza”; ci riferiamo ai protocolli d’intesa che i ministri  dell’interno  ed i prefetti hanno stipulato con varie regioni italiane e con i comuni delle realtà urbane più significative del Paese, a riprova che la strada che si intende perseguire è proprio quella di un fronte unico istituzionale , pur nel rispetto dei ruoli e delle competenze, per garantire la massima sicurezza possibile, un bene di inestimabile valore che, come detto, sta particolarmente a cuore agli amministrati e che rappresenta la base indefettibile delle attività economiche, della vivacità turistica e dello sviluppo dell’intera società. Ma quello che più conta è la vicinanza in termini di schieramento a fianco di chi combatte per professione l’illegalità e la criminalità, quindi un problema di cultura e di educazione alla legalità, che, come la storia ci insegna, impone tempi più lunghi e qualche sacrificio. E’ indubbiamente un sacrificio rinunciare all’acquisto a buon mercato di Compact Disk “taroccati” e di cassette “pirata”, tuttavia la crescita della cultura della legalità passa inevitabilmente anche per questi comportamenti , capaci di indebolire la macchina della contraffazione ed osteggiare i commerci illeciti. Siamo nell’area della sicurezza economica, nella quale va registrata una specifica campagna a tutela del commercio legale avviata con successo  da numerose prefetture e questure.

Tracciati alcuni tratti del complesso macrocosmo sicurezza , è necessario approntare strategie mirate per rendere più stabile la nostra sicurezza e sempre più deboli ed isolate le forze che ne minano l’impalcatura. In questo confronto l’anno appena concluso ha segnato un impegno imponente e variegato delle istituzioni e delle forze dell’ordine, inclusi gli apparati di intelligence, per fronteggiare il nemico più imprevedibile e più pericoloso per la nostra sicurezza, il terrorismo. Su tale fronte particolarmente apprezzabile è risultato il dialogo interreligioso, avviato e proposto dal nostro governo anche in sede europea, una strategia né armata e né cruenta, rivelatasi efficace per rimuovere dalle fondamenta quelle conflittualità sul piano della fede che in altre parti del mondo seminano morte ed odio. Un indubbio successo del legislatore nazionale va registrato anche nella sicurezza sulla strada; infatti l’introduzione della patente a punti (DL. 151 del 2003 e L.conv.214 del 2003) ed il correlato timore di trovarsi presto senza legittimazione a guidare per azzeramento del bonus, si è rivelato persuasivo su gran parte degli automobilisti italiani, indotti a comportamenti più ortodossi e più prudenti alla guida della propria vettura. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: incidenti diminuiti del 20 per cento circa, meno vittime, meno feriti, meno ricoveri negli ospedali, minor costi per le assicurazioni e per i gestori delle autostrade anche se la curva “virtuosa”, come già avvenuto in altri Paesi, sembra destinata presto ad appiattirsi.

Altro fronte sempre aperto è quello della sicurezza negli stadi; anche qui l’intervento legislativo, che ha coniato una sorta di “flagranza di reato differita” per i teppisti individuati dalle telecamere di sorveglianza, reintrodotta nel nostro ordinamento con il cosiddetto “decreto antiviolenza”, ha prodotto un notevole ridimensionamento degli incidenti e delle intemperanze in occasione di incontri di calcio, a tutto vantaggio della maggioranza civile che si reca allo stadio per vivere una giornata di sport. Un'altra sicurezza di prima grandezza, che non ha il suo opposto nella criminalità e nei comportamenti umani ma nelle forze della natura, è quella riferibile alla tutela rispetto alle situazioni di emergenza ed alle calamità naturali, che vede protagonisti ogni giorno Vigili del Fuoco, Corpo Forestale dello Stato e uomini della Protezione Civile, messi quest’anno a dura prova da un’estate caldissima, costellata da emergenze idriche in tutta la penisola e da un numero di incendi elevatissimo. Tutte le paure rispetto alle calamità naturali rientrano nella sicurezza più antica ed ancestrale dell’uomo, conscio della sua vulnerabilità, anche in presenza di una tecnologia avanzata, quella stessa che ha permesso costantemente agli uomini dei nostri apparati di soccorso di dare prova di grande efficienza ed organizzazione, mai disgiunte dalla fondamentale componente umana. Un capitolo a parte meriterebbe il binomio sicurezza-immigrazione: nel fenomeno dell’immigrazione convivono forti esigenze di sicurezza per sopravvivere, prerogativa degli stranieri giunti nel nostro territorio, e preoccupazioni per la sicurezza acquisita e pertanto da difendere, in quanti nelle città e nei piccoli borghi italiani ci sono nati. Infatti tra i tanti volti dell’immigrazione ci sono la clandestinità, l’irregolarità e l’illegalità, con conseguenze allarmanti sulla sicurezza sociale, attaccata dalla mancata integrazione di etnie, culture, economie e fedi religiose profondamente diversi. In tale contesto la legge “Bossi-Fini” n.189 del 2002, disciplinando la regolarizzazione degli extracomunitari, sembra aver tracciato un nuovo corso nei rapporti tra immigrati e legge, tra cittadini italiani e stranieri, a tutto vantaggio della sicurezza nel mondo del lavoro. La clandestinità resta tuttavia uno dei grandi problemi che vanno ad incidere sulla sicurezza sociale non solo italiana ma anche europea: i provvedimenti posti in essere dal nostro governo hanno sortito effetti particolarmente positivi sugli sbarchi di clandestini dall’Albania verso la costa pugliese , quasi azzerati, mentre proseguono in Sicilia gli arrivi dai vari Stati africani. I recenti fatti di cronaca, collegati al consistente ingresso di cittadini Romeni nel nostro Paese, dopo la loro assunzione dello status di comunitario a far data dal 1° gennaio 2007 sta creando un problema diffuso di sicurezza urbana, in particolare nella capitale, con talune reazioni xenofobe e tentativi di creazione di ronde civiche. Altro problema in crescita esponenziale è il numero degli automobilisti con  tasso alcolemico superiore al consentito, cui ha fatto seguito un numero notevole di investimenti con morti e feriti in ogni angolo dìItalia.

La  prosecuzione della imponente operazione “vie libere” ha portato a migliaia di arresti in tutta Italia per reati legati all’immigrazione clandestina, alla droga ed alla prostituzione. Sul fronte droga, che in Italia come nel resto del mondo rappresenta una delle più gravi minacce all’intera civiltà del terzo millennio, con un devastante impatto sulla sicurezza della società, della famiglia e dei giovani in particolar modo, va registrato un evento di assoluta rilevanza nell’approvazione di un disegno di legge governativo in materia, più rigoroso e più restrittivo rispetto alla disciplina previgente. Nella presente disamina sono emersi qua e là richiami alla sicurezza “domestica”, a quella sulle strade oppure negli stadi, alla sicurezza contro criminalità e terrorismo, alla sicurezza sanitaria ed a quella “antica” contro alluvioni e terremoti, a quella economica a quella contro droga e clandestinità, ma anche alla sicurezza contingente, quella minacciata dai “sassi dal cavalcavia” o dalle “bottiglie siringate”, tutte specie dell’unico genus “sicurezza”, un bene che è impensabile tutelare individualmente o con il solo schieramento degli apparati professionali. La multiformità dei soggetti e degli eventi che remano in vario modo contro la sicurezza del singolo e della collettività impone oggi, sul piano istituzionale, un fronte unico in cui Stato, Regioni ed Enti locali, nel rispetto delle loro attribuzioni, siano protagonisti di una strategia integrata, mentre, sul piano operativo, le forze dell’ordine, anch’esse nelle loro specifiche competenze, siano sistematicamente coordinate nei loro interventi. A questo scenario va infine aggiunto il protagonista per antonomasia della sicurezza, quel cittadino, non più mero destinatario del bene “sicurezza” ma rispetto ad essa soggetto attivo, uti singulus come anche nelle forme associative, protagonista di una vigilanza dinamica nel quotidiano: a ben vedere l’aspetto dominante della questione sicurezza è riferibile alla cultura della legalità, gli insegnamenti della quale potranno consentire un mutamento profondo e consapevole del valore di ognuna delle cento sicurezze necessarie alla nostra esistenza.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 02 Novembre 2016 07:38