Solo recentemente gli scaffali delle librerie italiane hanno ricominciato ad ospitare tra i loro ripiani un autore americano la cui memoria è stata persa per troppi anni, ma che fortunatamente qualche acuto editore ha saputo riscoprire e riproporre.
Si tratta di Sherwood Anderson nato a Camden, nell’Ohio, nel 1876 (e morto nel 1941 per un curioso incidente). Animo irrequieto e fin da piccolo aspirante scrittore, lo diventa pubblicamente nel 1919 con la sua raccolta “ I racconti dell’Ohio” (Winesburg, Ohio), che è e rimarrà la sua opera fondamentale.
Nella città di Winesburg, immaginata nell’Ohio, all’inizio del ‘900 vive il cronista George Willard, testimone, per il lettore, delle vicende che troveranno voce nel libro. Attorno a lui si muove il mondo della provincia agricola americana di inizio secolo che sta cedendo il passo a qualcosa di nuovo e di sconosciuto che avanza minaccioso e irrispettoso della sensibilità primordiale degli abitanti di quella piccola comunità. A questa non richiesta novità, a questo cambiamento sospetto, cui coincide un forte senso di irrequietudine , ognuno risponde come può: e sono sempre risposte drammatiche e ribellistiche, di vite che all’improvviso esplodono incontrollabili oppure rimangono trattenute e sconosciute , profonde e mute.
Ebbene, nel momento in cui Edgar Lee Master scrive l’ ”Antologia di Spoon River” e porta lo sguardo dell’intellettuale su quella parte dell’umanità che non lascerà storie scritte ma di cui rivendica un posto nella letteratura, similmente la prosa di Anderson si fa testimone di piccole vite che in contrasto con i tempi, e da questi disorientate, mantengono un’intensa vita emotiva, a volte brutta e cattiva, da cui emerge uno squilibrato rapporto con le formalità e le regole sociali con cui bisogna fare i conti.
Anderson aveva già capito verso cosa stava evolvendo la società americana che da piccola comunità agricola si stava trasformando in un meccanismo di produzione irrispettoso e successivamente nel primato della piccola borghesia ipocrita, e questa sua percezione, insieme allo stile scarno e immediato, ha conquistato non solo gli scrittori americani come Steinbeck ( si ricordino “ I pascoli del cielo” ) o Hemingway, ma addirittura ha attraversato l’Oceano per arrivare in Italia dove Cesare Pavese, affascinato traduttore e divulgatore della letteratura americana, trovò in Anderson la potenza stilistica e vitale per raccontare la coralità della provincia piemontese. Con i magnifici risultati che tutti conosciamo.
PILLOLE DI CARTA
“Era un vecchio con la barba bianca, un gran naso e con delle mani pure molto grandi. Molto tempo prima di quello in cui incontreremo, faceva il medico e guidava un vecchio ronzino bianco di casa in casa per le strade di Winesburg. Più tardi sposò una ragazza ricca. Ella aveva ereditato una grande e prosperosa fattoria, alla morte di suo padre. Era una ragazza quieta, alta, bruna e molta gente la trovava bellissima. Tutti a Winesburg si chiedevano perché aveva sposato il dottore. Meno di un anno dopo il suo matrimonio, morì. Le nocche delle mani del dottore erano incredibilmente grosse. Quando le mani erano chiuse a pugno sembravano grappoli di palle di legno grezzo, grandi come noci, tenute insieme da stecche d’acciaio. Fumava una pipa di coccio e dopo la morte di sua moglie sedeva tutto il santo giorno nell’ufficio vuoto vicino a una finestra coperta di ragnatele. Non apriva mai la finestra. Una volta, in un caldo giorno di agosto, cercò di aprirla ma trovò che gli resisteva dopodiché se ne scordò completamente.
Winesburg si era scordata completamente di lui, ma nel dottor Reefy erano i semi di qualcosa di molto bello. Solo nel suo ufficio ammuffito nel gruppo di edifici Heffner, sopra al negozio della Società dei tessuti di Parigi, lavorava incessantemente, costruendo qualcosa che poi egli stesso distruggeva. Innalzava piccole piramidi di verità e, dopo averle innalzate, le buttava giù di nuovo in modo da avere altre verità, per innalzare altre piramidi.
Il dottor Reefy era alto e indossava lo stesso vestito da dieci anni. Era logoro all’orlo delle maniche e piccoli buchi erano apparsi sulle ginocchia e sui gomiti. In ufficio indossava anche uno spolverino di cotone con grandi tasche nelle quali egli continuamente cacciava pezzettini di carta. Dopo alcune settimane i pezzetti di carta diventavano piccole palline dure, e quando le tasche se ne erano riempite, le rovesciava sul pavimento. Per dieci anni non ebbe che un solo amico, un altro vecchio, di nome John Spaniard che possedeva un vivaio di piante. A volte, quando si sentiva in vena di scherzare, il vecchio dottor Reefy prendeva dalle tasche una manciata di palline di carta e le lanciava all’amico del vivaio. “Questo è per confonderti,m vecchio sentimentale giulivo!”, gridava scuotendosi di risate.
La storia del dottor Reefy e della corte da lui fatta alla ragazza alta e bruna che divenne sua moglie e gli lasciò il denaro è una storia molto curiosa. E’ una storia deliziosa, come le piccole mele vizze che crescono negli orti di Winesburg. In autunno si cammina per i frutteti e la terra sotto i piedi è dura per il gelo. Le mele sono state raccolte dagli alberi dai raccoglitori. Sono state poste in barili e spedite in città dove saranno mangiate in appartamenti pieni di libri, riviste, mobili e gente. Sugli alberi ci sono soltanto poche mele raggrinzite, che i raccoglitori hanno scartato. Rassomigliano alle nocche delle mani del dottor Reefy. Se uno le assaggia si accorge che sono deliziose. In una piccola parte tonda si è conservata tutta la dolcezza della mela. Si corre di albero in albero, sul terreno gelato, cogliendo le mele vizze e grinzose e ci si riempie le tasche. Pochi conoscono la dolcezza delle mele vizze. La ragazza e il dottore Reefy iniziarono il loro idillio in un pomeriggio d’estate. Egli aveva allora quarantacinque anni e già aveva preso l’abitudine di riempirsi le tasche di pezzettini di carta, che trasformava in palline dure e poi gettava via. Quell’abitudine gli si era formata quando sedeva nel suo calessino dietro il ronzino bianco, e se ne andava lentamente lungo le strade di campagna. Sui pezzetti di carta erano scritti pensieri, conclusioni di pensieri , abbozzi di pensieri..
L’uno dopo l’altro, la m ente del dottor Reefy aveva fabbricato quei pensieri. Da molti di questi si formò una verità che crebbe gigantesca nella mente. La verità avvolgeva il mondo in una nuvola. Diveniva terribile e poi svaniva, e i piccoli pensieri cominciavano di nuovo. La ragazza alta e bruna venne a trovare il dottor Reefy perché era incinta e aveva paura. Si trovava in quella situazione per una serie di circostanze, anche curiose. La morte di suo padre e di sua madre, e i fertili acri di terra che aveva ereditato avevano fatto sorgere una sfilza di pretendenti alle sue calcagna. Per due anni ella vedeva pretendenti almeno gni sera. Fatta eccezione per due di essi, erano tutti uguali. Le parlavano di passione e quando le parlavano e la guardavano, c’era una bramosia forzata nelle loro voci e nei loro occhi. I due che erano diversi sembravano essere ai due poli opposti. Uno, giovane snello dalle mani bianche, figlio di un gioielliere di Winesburg, parlava continuamente di verginità. Quando era con lei non usciva mai dall’argomento. L’altro, un ragazzo dai capelli neri con delle grandi orecchie, non diceva niente ma faceva di tutto per attirarla nel b uio, dove cominciava a baciarla. Per un certo periodo la ragazza alta e bruna credette che avrebbe sposato il figlio del gioielliere. Sedeva in silenzio per ore ad ascoltarlo parlare, poi cominciò ad aver paura di qualcosa. Cominciò a pensare che sotto quel parlare di verginità ci fosse una lussuria più grande che in tutti gli altri. A momenti le sembrava che mentre parlava stringesse il suo corpo nelle sue bianche mani e lo fissava. La notte sognò che l’aveva sbranata e le sue mascelle gocciolavano sangue. Sognò lo stesso sogno tre volte, poi restò incinta di colui che non diceva niente ma che al momento della passione le morse una spalla, cosicché per giorni le rimasero visibili i segni. Dopo che la ragazza alta e bruna ebbe fatto conoscenza del dottor Reefy le parve che avrebbe mai più voluto lasciarlo. Andò nel suo studio un mattino e senza che avesse detto una sola parola, egli sapeva già quel che le era accaduto. Nello studio del dottor Reefy c’era una donna, la moglie del libraio di Winesburg. Come tutti i medici di campagna di una volta, il dottor Reefy cavava denti, e la donna che aspettava teneva un fazzoletto sulla guancia e si lamentava. C’era il marito con lei e quando il dente fu tolto, strillarono insieme e il sangue corse sul vestito bianco della donna. La ragazza alta e bruna non ci fece caso. Quando l’uomo e la donna se ne furono andati, il dottore sorrise :” Ti porto a fare un giro in campagna con me”, disse.
Per varie settimane il dottore e le ragazza alta e bruna si rividero quasi tutti i giorni. La condizione che l’aveva portata da lui cessò per un disturbo, ma ella sembrava avesse scoperto la dolcezza delle mele vizze, e non poteva più tornare a considerare il frutto perfettamente rotondo che si mangia negli appartamenti di città. Nell’autunno dopo l ’inizio della sua conoscenza col dottor Reefy, lo sposò e nella primavera seguente morì. Durante l’inverno egli le leggeva tutti quei pensieri smozzicati che scriveva sui pezzetti di carta. E dopo averli letti rideva e li ficcava in fondo alle sue tasche, dove diventavano tonde e dure palline di carta “