Il Comitato rappresentativo del personale civile del Ministero dell'Interno nasce il 14 giugno 1989 da un'idea del suo promotore, Filiberto Argenio, da sempre consapevole della necessità di istituire anche organismi ed associazioni non sindacali in senso stretto, ma ugualmente preziose, per perseguire l'azione di tutela e valorizzazione dei dipendenti dell’amministrazione pubblica.
Nell'originario statuto (allegato A dell’atto di repertorio 449774/2953) l'articolo 3, nell'individuare gli scopi della organizzazione, ovviamente senza fini di lucro, recitava testualmente:
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ridare dignità morale ed economica a tutto il personale, venute a mancare con l’istituzione dei livelli retributivi e dei profili professionali
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dare la possibilità al personale di tutte le categorie di fluidificare in almeno tre livelli superiori a quello iniziale, mediante corsi di formazione o di qualificazione, valorizzando le capacità do ognuno
Il secondo testo statutario, precisando meglio gli scopi del comitato rappresentativo, indica che questi sono individuabili nell’intento di patrocinare gli interessi economici, di carriera e di professionalità dei dipendenti civili del Ministero dell'Interno, di ogni carriera o qualifica professionale, in servizio o in quiescenza, adoperando tutti i mezzi consentiti dalle vigenti leggi in materia di pubblico impiego.(da notare, a margine della disposizione, che questa è una rara occasione in cui si ha rispetto, memoria ed attenzione per quanti abbiano lasciato il lavoro attivo).
Da allora inizia un'attività di informazione a tutto campo a favore del personale in servizio al Viminale e presso le prefetture, un'attività variegata e disinteressata che riscuote da subito un certo numero di consensi, in primo luogo di quanti decidono di intraprendere azioni legali innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali per la tutela ed il riconoscimento dei diritti e degli interessi legittimi violati. Alcune di queste vicende processuali, come quella degli ex-RUOA (Responsabili Unità Organica Amministrativa), meriterebbero un posto negli annali della giustizia amministrativa italiana. Proprio il Comitato, negli anni della “privatizzazione” del pubblico impiego, 1992 e seguenti, prende sotto braccio i sindacati per un’azione diffusa, con cortei, assembleee, documenti di studio, incontri a vario livello ed altro, volta a contrastare un progetto che avrebbe spaccato inevitabilmente l'unitarietà e lo “spirito di appartenenza” del personale del ministero dell’interno, fino ad allora fondamentalmente compatto.
Una delegazione del Comitato Spontaneo di Agitazione, sorto dall’azione congiunta di varie sigle, sindacali e non, presieduta da Alberto Bordi, viene ricevuta dall'allora Ministro dell'Interno Nicola Mancino, al quale si chiede un autorevole intervento per impedire una frattura nell’ambito del personale civile, che nel tempo si sarebbe potuta rivelare deleteria ed insanabile.
Il Comitato raccoglie in poco tempo 1430 firme di dipendenti che sottoscrivono una petizione al capo di gabinetto, prefetto Lauro, ed ai Direttori generali di allora, Parisi, Carleo, Malpica, Camporota, Gelati e Pastorelli.
Le “menti” del CoMiRap studiano ed elaborano progetti finalizzati ad ipotizzare una sistemazione dignitosa per la carriera amministrativa del personale oramai “contrattualizzato” e quindi non più regolato dalla legge, che invece continua ad essere la fonte del proprio status per gli appartenenti alla carriera prefettizia ed a quella di polizia. Ne scaturisce una bozza di progetto basato sulle aree professionali, nelle grandi linee non dissimile dall’ordinamento che troverà applicazione nel 2002 con la cosiddetta riqualificazione.
Intanto, grazie alla collaborazione di un gruppo di persone straordinarie per disponibilità ed efficienza, il Comitato riesce a darsi una discreta organizzazione. Sul piano finanziario si realizza una specie di miracolo: con la quota associativa originaria di Lire 10.000 di ogni iscritto, a tutt'oggi mai più richiesta, il Comitato si dota di un fondo necessario per svolgere l'attività istituzionale, fondo che, dopo 13 anni di vita, è ancora attivo, seppur modesto. Nel 1993, in occasione del rinnovo del Consiglio di Amministrazione della Cassa Mutua il Comitato presenta 10 candidati. Con grande sorpresa e soddisfazione, tre di essi vengono eletti ed a Roma sbaragliano contendenti, appartenenti ai sindacali storici, sicuramente più accreditati. Basti pensare che i primi tre della graduatoria finale saranno Bordi (294 voti), Argenio (272 voti) e Montalbano (272 voti) che superano addirittura il presidente in carica da molti anni, che raccoglie 212 voti che gli valgono un inaspettato quarto posto. Il ricompattamento, ossia le procedure previste dalla legge 312 del 1980, ma applicato negli anni novanta al personale del Ministero dell’Interno, segna l’era dei ricorsi, inaugurando una stagione di malcontento e di conflittualità che avrà uguali soltanto ventidue anni più tardi con un altro evento cardine della storia della pubblica amministrazione, quella riqualificazione nata non dalla legge ma da un accordo integrativo al contratto nazionale.
Questi pochi tratti della storia del Comitato non consentono di raccontare piccole e grandi conquiste quotidiane (attività di solidarietà a vari livelli, il ripristino di bagni decorosi, il parcheggio per i disabili, il riconoscimento degli anni universitari per tutti i laureati prescindendo dalla qualifica, lo spostamento di una fermata di autobus, etc.) alcune perfino pittoreschi, ma sono utili a delineare lo spirito particolare che ha animato i componenti storici del comitato e quelli acquisiti in un secondo tempo.
Piace ricordare un documento storico che riportiamo nella sua stesura originale: “nel dicembre 1992, allorché il governo Amato partori' l'idea di privatizzare il personale civile del Ministero dell’interno, un gruppo di persone (Filiberto Argenio, Alberto Bordi, Alessandro Romano, Enzo Biancolella, Massimo Blasi, Stefania Nasso e Daniele Lalli, prescindendo dalle rispettive organizzazioni di provenienza, presero per mano i colleghi del Viminale, intraprendendo una epocale battaglia contro l'illegittimità e l'oscurantismo: in quei giorni di sciopero, di assemblee, di cortei e di incontri senza fine, sono state poste le basi di un nuovo sindacalismo, più sano e più onesto. Ricordiamoci che abbiamo cominciato da lì”.