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Home Amici poeti James Joyce, l'Ulisse e Roma

James Joyce, l'Ulisse e Roma

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Pochi sanno  che James Augustine Aloysius Joyce,  poeta e drammaturgo irlandese annoverato nella corrente letteraria modernista, compose buona parte del suo capolavoro, l'Ulisse, nei locali che nel 1906 aveva affittato a Roma, dove lavorava presso un istituto bancario

 

Esistono libri dai contenuti torrenziali che, nonostante la grande attrattiva che emanano, riescono a mettere in difficoltà anche i lettori più allenati; è il caso di Horcynus Orca di Stefano d'Arrigo ma ancora di più dell'Ulisse di James Joyce, un capolavoro che non puoi leggere con l'attenzione ed i ritmi di un libro normale. Secondo i più, per leggere il capolavoro dello scrittore irlandese ci vuole un anno, per capirlo ed apprezzarlo appieno il tempo necessario si dilata per un lungo periodo per cui risulta sostanzialmente  incommensurabile. Basti pensare che una recente ristampa del libro è accompagnata da  oltre 300mila parole di note allegate! Pochi sanno che l'Ulisse viene partorito a Roma dove Joyce visse per circa nove mesi,  in via Frattina 52, dove la sua presenza è ricordata in una targa che lo celebra come"esule volontario, che evocò la storia di Ulisse facendo della sua Dublino il nostro universo", nel centenario della nascita (2 febbraio - 1882 - 2 febbraio 1982). Un altro alloggio ove visse, in compagnia della moglie Nora Barnacle, dal quale aveva avuto un figlio l'anno prima, e che quell'anno era incinta, fu un immobile sito al quarto piano di una palazzina in via Monte Brianzo 51. Nel giugno del 1906  il ventiquattrenne travet, proveniente da Trieste ove si occupava di traduzioni e di insegnamento, era arrivato nella capitale per  un lavoro economicamente più gratificante, nello specifico per prestare servizio nella banca Nast-Kolb e Schumacher di via San Claudio 87, con orario dalle 8:30 alle 12 e dalle 14 alle 19:30. Che effetto gli fece la città eterna? Di certo l'autore dei Dubliners non ebbe la sindrome di Stendhal e non apprezzò più di tanto fori e vestigia dell'antica Roma, anzi nei suoi spostamenti provava una paura spropositata per il Tevere, essendo in genere terrorizzato dall'acqua. Pare che adorasse Giordano Bruno e fosse affascinato dall'idea di essere nel cuore del cattolicesimo, all'ombra della cupola di san Pietro, tra le colonne del potere del  Vaticano. D'altra parte Joyce era un tipo originale e stravagante, nato e cresciuto nella religiosissima Irlanda, che non nascondeva la sua predilezione per il sadomasochismo e la passione, condivisa dalla moglie, per il sesso anale.

Fu allora preso dal vortice mondano della città millenaria e dalla movida culturale che aveva messo le tende al caffè Greco? Niente di tutto questo, anche se fu protagonista di qualche sortita culturale con Amiel, Thackery, Byron, Ibsen, ma sicuramente il suo giudizio complessivamente negativo era condizionato dalle difficoltà economiche in cui si trovava in quel periodo e che lo portarono a trovare Roma eccessivamente cara sul fronte affitto e cibarie. Anche in ambito lavorativo non si trovava bene.

Eppure, pur in presenza di tante difficoltà, questo giovane di ventiquattro anni con una compagna al seguito, poi sposata negli anni trenta, un figlio di un anno ed un'altra in arrivo, in una città sconosciuta, con un lavoro che non amava, nel poco tempo libero a disposizione, riesce a realizzare un autentico capolavoro che in molti hanno nelle proprie case, che in pochi hanno letto e che in pochissimi sono riusciti a metabolizzare nella sua essenza così particolare.

 

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