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Home Amici poeti Ciao Papà Mirella Pescosolido

Ciao Papà Mirella Pescosolido

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Concorso "Ancora insieme, una lettera a chi non è più con noi" in ricordo dell'amico Roberto Ricciardi - 2015

 

 

Non è stato facile per me prendere la penna e iniziare a scrivere questa lettera! Più volte avevo pensato di farlo per poi desistere per paura di svegliare emozioni che a stento cerco di sopire,  ma questa iniziativa letteraria mi ha incoraggiato, facendomi comprendere che il momento è arrivato e stavolta desidero andare fino in fondo perché tu, caro papà, meriti parole che rimangano impresse sia nel cuore che su un foglio di carta per essere lette e rilette all’infinito.

Da quando mi hai lasciata, in quel luglio assolato di trent’anni fa che, come un vento impetuoso, ha sradicato da me le mie origini, giorno dopo giorno, anno dopo anno, il lento percorso di miglioramento interiore da me iniziato e la tua immagine sempre presente nei miei pensieri, mi hanno aiutata a scoprire lati del tuo carattere e della tua personalità che non conoscevo o avevo sottovalutato. In effetti, con il passare del tempo, sono maturata acquisendo una capacità di valutazione più obiettiva e profonda.

Troppe volte ti ho cercato nelle stanze del mio silenzio interiore per scusarmi, chiedendoti incessantemente perdono per non essere stata in grado di donarti  tutto il calore di cui avevi bisogno, particolarmente durante la tua malattia. Ho tentato io stessa di perdonarmi giustificando il mio comportamento fuggiasco con la presenza stabile del mio acerrimo nemico, quella soffocante ansia depressiva che mi attanagliava facendomi accartocciare su me stessa, sottraendomi quel coraggio che mi avrebbe permesso di essere l’artefice della mia vita che invece, in quegli anni, subivo.

Il tuo ricordo non mi ha mai lasciata perché tu sei vivo, ti  percepisco dentro la mia anima, ti incontro nei sogni, nei quali sei costante presenza, sogni che puntualmente riempiono i miei risvegli di interrogativi sui messaggi che mi lasci e che  cerco di interpretare.

Dopo l’improvvisa e devastante scomparsa di mamma, in quella terribile primavera, e la tua conseguente sofferta ma inevitabile scelta di lasciarmi in collegio, dalle suore dove già frequentavo la scuola media, dovetti abituarmi  anche alla tua assenza  tanto che, quelle volte che tornavo a casa per le vacanze, mi sentivo quasi un pesce fuor d’acqua, nutrivo del disagio nei tuoi riguardi e mi ero convinta di non avere più una famiglia. In realtà, né tu né io eravamo capaci, forse per un comune senso di pudore, di mostrare all’altro il proprio dolore.

D’altra parte ero stata fino ad allora una bambina un po’ viziata e coccolata, abituata ad avere la mamma come complice, per questo ero disorientata ed ogni occasione era buona per fuggire da te e farmi accogliere dalle famiglie dei vicini o dei nostri parenti senza rendermi conto che tu avevi bisogno della mia vicinanza, come io della tua, tu che rappresentavi il vero caposaldo della mia vita.

In seguito, all’uscita dal collegio è iniziata la mia vera vita con te. Eravamo due persone sole, affamate di amore, che si volevano un mondo di bene senza essere capaci di esprimerlo. Tu, bisognoso delle amabili cure di una donna, di quella donna che, devotamente, non hai mai voluto sostituire; io, quindicenne assetata di quella spensieratezza di cui l’adolescenza mi aveva privata, infastidita, nel contempo, dal tuo palese pessimismo. Ti vedevo taciturno, con quella fronte corrugata che ti faceva sembrare burbero e poco espansivo mentre solo ora capisco quanta potenza di amore c’era dentro di te! Un amore che non riusciva ad esplodere perché soffocato dal dolore di una perdita che non hai mai sopportato e che ti ha lacerato il cuore, la mente e il fisico. Solo ora comprendo la rabbia che ti rodeva dentro unita ad una accentuata emotività che cercavi di nascondere per una delicata forma di dignità.

Dolce papà, questi anni di lontananza fisica da te mi sono serviti per scoprire quella persona che realmente eri su questa terra: sensibile, di una sensibilità estrema che ai miei occhi ti faceva sembrare debole e sconfitto  e invece, papà, mi rendo conto di quanto lottavi, contro la vita stessa che non ti aveva fatto sconti, con tutta quella forza che ti ha aiutato a sopravvivere e a vivere per me,  per farmi crescere con quei valori morali che, anche senza parlare, mi trasmettevi perché i tuoi occhi parlavano per te. Sapevano essere severi ma potevano anche inumidirsi di lacrime o illuminarsi di gioia ad ogni mio successo.

Ricordo la tua viva intelligenza che  ti permetteva perfino di aiutarmi a comporre temi scolastici quando ero troppo stanca. Eri orgoglioso di me, della mia riuscita  a scuola, della mia determinazione nel cercarmi un lavoro sicuro.

Sai bene che da allora ne ho fatta di strada, forse non particolarmente nel lavoro ma nella crescita personale sì. Quando in un sogno di trent’anni fa mi preannunciasti, metaforicamente,  la fine del mio matrimonio, credo che tu sapessi già che la separazione da mio marito, seppur dolorosa, mi avrebbe fatto iniziare un cammino di maturazione ed evoluzione, quel cammino che non si esaurisce mai finchè siamo su questa terra e, credo, neanche quando siamo energia nell’Universo, fino a quando non raggiungiamo la vera Luce.

Nemmeno i fallimenti sentimentali mi hanno lasciata in abissi profondi poichè sono sempre riaffiorata alla vita, rinascendo dalle ceneri come l’araba fenice. Tanto che per me, ormai, la parola fallimento non esiste più, non ha più un senso logico. Esistono solo e  s  p  e  r  i  e  n  z  e  che ti portano a soffrire, a cambiare e, se si ha la capacità di farne tesoro, ad apprezzare la vita come dono inestimabile.

Attraverso questo cammino ho imparato ad affrontare i fantasmi dell’inquietudine, a combattere le paure, acquisendo la forza per essere più serena e  sicura di me stessa.

Meraviglioso papà, vorrei che tu fossi fiero di me, dei progetti che via via vado plasmando e che pian piano stanno prendendo forma. Le mie poesie, il teatro, il desiderio di diventare una vera attrice. Sono certa che, nonostante i diversi mondi  in cui viviamo ci separino fisicamente,  i nostri sentimenti ci uniscono in un abbraccio senza tempo.

So che saresti un nonno dolcissimo per mio figlio che, anche se aveva solo quattro anni allora, ti ricorda con tanta tenerezza. Ti sarai accorto sicuramente di quanto io stia modificando i miei atteggiamenti nei confronti di tuo nipote! Man mano che la mia rigidità e inflessibilità vanno alleggerendosi, il nostro rapporto è cambiato visto che, dopo tanto dolore, ho finalmente compreso che i  figli non possono nascere ad immagine e somiglianza dei genitori perchè hanno il loro carattere, la loro personalità e, come tutti gli esseri umani, sono individui unici e irripetibili e vanno amati anche per questo,  apprezzati e rispettati.

Soprattutto non mi accorgevo che,  nei confronti di tuo nipote, stavo facendo lo stesso sbaglio che avevo già fatto con te, papà, quando mi ripetevo: “non ho più una famiglia” perchè il pessimismo e il vittimismo ci fanno avere una visione distorta della realtà. Non è forse una famiglia quella costituita da una madre e suo figlio? O quella costituita da un padre e  sua figlia? Ebbene, ora me la godo questa famiglia, così piccola ma tanto grande!

Adorato papà, vorrei poterti abbracciare forte, come non ho mai fatto, e rimanere così ripetendoti mille e mille volte “ti voglio bene!”. Quando penso questo mi sembra di sentire la tua voce dentro di me che sospira: “ti voglio tanto bene anch’io!”. In quel momento mi sento più leggera, si placa la mia ansia nella consapevolezza che mi hai perdonato e  che nulla è perduto perché l’amore è eterno.

Mi piace pensarti insieme alla mamma, uniti per sempre, sorridenti e orgogliosi di me, in quella beatitudine che meritate e immagino che, al  termine del mio meraviglioso viaggio terreno, siate pronti ad accogliermi per accompagnarmi dolcemente nel vento, verso la “Luce”.

 

Ciao Papà!  Con tanto Amore!

 

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