Il legislatore ha integrato l'impianto civilistico con una disciplina dedicata, fondata principalmente sulla Legge n. 431 del 1998 che ha sostituito la nota "Legge c.d. sull'equo canone" n. 392 del 1978.
Il contratto di locazione è disciplinato dal Codice Civile all’art. 1571 il quale, così recita: “la locazione è il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo”. Oltre al Codice Civile, la locazione è disciplinata da altre fonti normative quali la Legge c.d. equo canone n. 392/1978, nonché la Legge n. 431/1998 che ha di fatto abrogato l’equo canone limitatamente alla parte riguardante le locazioni abitative. Partendo dalla disciplina codicistica, si rammenti che la locazione è un contratto consensuale che si perfeziona con l’accordo delle parti; la consegna della cosa, infatti, non rientra nella fase di perfezionamento del contratto ma costituisce il primo ed essenziale obbligo del locatore.
La Legge n. 431/1998, come detto, ad oggi disciplina le locazioni riguardanti immobili ad uso abitativo, prevedendo due tipologie di contratto. All’art. 2 la citata normativa prevede che le parti possano stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a 4 anni, rinnovabili per ulteriori 4 anni, fatti salvi i casi di cui all’art. 3. Alla scadenza dell’ottennio, ciascuna delle parti può attivare la procedura del rinnovo a nuove condizioni o rinunciare al rinnovo stesso, comunicando la propria intenzione con raccomandata almeno 6 mesi prima della scadenza. La risposta dovrà pervenire entro 60 giorni dalla ricezione della citata raccomandata. In mancanza di comunicazione il contratto si intenderà rinnovato tacitamente alle medesime condizioni. E’ sempre previsto che i contraenti possano avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e conduttori.
Come detto, l’art. 3 della Legge n. 431/1998, disciplina i casi in cui il locatore sia legittimato alla prima scadenza a negare il rinnovo contrattuale. I motivi sono espressamente elencati nella normativa e sono i seguenti:
1) Destinazione immobile ad uso abitativo, commerciale, professionale per sé o per la propria famiglia (coniuge, genitori, figli, parenti entro il 2° grado);
2) Destinazione immobile all’esercizio di attività dirette a perseguire finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, assistenziali o culto ecc.;
3) Disponibilità del conduttore di altro alloggio libero ed idoneo nello stesso Comune;
4) Inclusione dell’immobile in edificio gravemente danneggiato che necessita di ricostruzione e ristrutturazione;
5) Interventi di ristrutturazione integrale, sopraelevazione, demolizione, radicale trasformazione dell’immobile;
6) Mancanza di occupazione continuativa dell’immobile senza giustificato motivo da parte del conduttore;
7) Volontà di vendere l’immobile a terzi a condizione che il locatore non sia proprietario di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello adibito a propria abitazione.
Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell’alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta, il locatore è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore in misura non inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone di locazione.
Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato anche con procedura giudiziaria la disponibilità dell’alloggio e non lo adibisca nel termine di 12 mesi agli usi per i quali ha richiesto la disdetta, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o al risarcimento sopra richiamato.
Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, invece, può sempre recedere dal contratto con preavviso di 6 mesi.
La normativa contempla altresì un’altra tipologia di contratto definito “a canone concordato” il quale prevede che il corrispettivo sia stabilito sulla base degli accordi territoriali stipulati tra le organizzazioni degli inquilini e quelle dei proprietari. Questo tipo di contratto contempla un canone inferiore ai prezzi correnti di mercato. Il legislatore ha altresì stabilito per chiunque opti per il contratto “a canone concordato” di concedere dei vantaggi fiscali sia al proprietario, sia all’inquilino. La durata prevista non può essere inferiore a 3 anni. Alla prima scadenza ove le parti non concordino sul rinnovo il contratto è prorogato di diritto per due anni, salva disdetta da parte del locatore che intende adibire l’immobile agli usi di cui all’art. 3 della Legge n. 431/1998, ovvero vendere l’immobile stesso. Alla scadenza del periodo di proroga biennale, ciascuno può attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o può rinunciare al rinnovo stesso, comunicando la propria intenzione con racc. da inviare almeno 6 mesi prima della scadenza. In mancanza di detta comunicazione, il contratto è tacitamente rinnovato alle medesime condizioni.
La Legge n. 431/1998 ha previsto altre fattispecie di contratti di locazione: quello ad uso transitorio il quale prevede la durata minima di un mese per un massimo di 18 mesi non rinnovabili, ad un canone concordato senza alcuna agevolazione fiscale; quello ad uso studenti universitari il quale prevede la durata minima di 6 mesi per un massimo di 3 anni, con rinnovo automatico dello stesso periodo alla prima scadenza, salvo disdetta, con un canone concordato da determinarsi sulla base di accordi territoriali.
L’art. 13 della medesima legge tratta dei c.d. patti contrari alla legge. E’ infatti espressamente prevista la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. In tali casi di nullità, il conduttore ha la facoltà di richiedere – con azione proponibile nel termine di 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile – la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore. Stessa nullità è prevista per le pattuizioni volte a derogare i limiti di durata del contratto.
Per i contratti c.d. a canone concordato (art. 2, comma 3), è prevista la nullità di ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi locali, per immobili aventi medesime caratteristiche.
La vecchia Legge n. 392/1978 detta equo canone è rimasta invece in vigore limitatamente alle sole locazioni concernenti gli immobili da destinarsi all’esercizio di attività commerciale, artigianale ed industriale. L’art. 27 impone una durata minima di anni 6, elevando a 9 anni il termine minimo per le locazioni con destinazione alberghiera. E’ sempre possibile elevare la durata minima pattiziamente, mentre nel caso in cui sia prevista una durata inferiore a 6 anni, la locazione si intenderà pattuita per 6 anni. Il contratto si rinnova tacitamente alla prima scadenza, se il locatore non invia disdetta almeno 12 mesi prima e solamente se ha necessità di utilizzare il bene per esigenze proprie. Il conduttore alla cessazione del rapporto ha diritto ad una indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, pari a 18 mensilità dell’ultimo canone. Il conduttore ha diritto ad esercitare la prelazione nel caso in cui il locatore, in pendenza di contratto, intenda vendere l’immobile. L’art. 1591 c.c. disciplina il diritto del locatore al risarcimento del maggior danno per l’ipotesi di ritardata restituzione del bene. Tale disposizione si applica anche alle locazioni commerciali.
Si segnala che dal 2011 i proprietari persone fisiche di immobili locati ad uso abitativo, possono optare per la cedolare secca sui redditi derivanti dagli affitti. L’inquilino potrà ricevere, invero, una comunicazione da parte del proprietario, con la quale si informa l’operatività della cedolare secca. Ovviamente, tale comunicazione deve contenere l’espressa rinuncia da parte del proprietario a richiedere aumenti di qualsiasi natura e titolo per tutto il periodo in cui si opta per il regime fiscale agevolato (es.: aumento ISTAT, aumenti scadenzati nel tempo dei canoni e degli oneri accessori). La cedolare secca è un regime conveniente anche per lo stesso conduttore, il quale non dovrà pagare l’imposta di registro e di bollo sulla locazione, nonché sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto e soprattutto gli aumenti ISTAT ed ogni altro tipo di aumento.
Un breve approfondimento deve essere svolto in ordine ai contratti in nero ed irregolari. In tale categoria è possibile far rientrare i contratti scritti e non registrati; i contratti non scritti e non registrati; i contratti registrati con importo inferiore a quello effettivamente versato dal conduttore; i comodati fittizi. In caso di mancata registrazione, la normativa vigente contempla come sanzione l’obbligo per il proprietario di stipulare un contratto 4 anni + 4 anni ad un canone di affitto non superiore al triplo della rendita catastale, con aggiornamento ISTAT del 75% a partire dal 2° anno.