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Home Norme e diritto Ius et domus. La disciplina sulla installazione di telecamere di videosorveglianza nelle aree private. A cura di Carlo Triboni

Ius et domus. La disciplina sulla installazione di telecamere di videosorveglianza nelle aree private. A cura di Carlo Triboni

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A regolare la materia  è il famoso GDPR,  sigla di General Data Protection Regulation,  il Regolamento europeo su privacy e dati,  n.2016/679 , adottato il 27 aprile 2016, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il 4 maggio 2016 ed entrato in vigore il 24 maggio dello stesso anno. Operativo dal 2018.

 

Le telecamere di videosorveglianza nelle aree private del condominio possono essere installate su decisione del singolo condòmino, con l’unica finalità di sorvegliare la propria abitazione.

Il privato, dunque, decide di propria libera iniziativa, senza alcuna delibera dell’assemblea condominiale, né autorizzazione da parte dell’amministratore.

Il privato non ha alcuno obbligo di segnalare la presenza del sistema di videosorveglianza con apposito cartello, ma è tenuto a rispettare l’altrui diritto alla privacy, installando telecamere che inquadrino solo ed esclusivamente il suo spazio privato: la propria porta di casa, la porzione di pianerottolo prossima al suo uscio, il proprio posto auto.

Al privato sono vietate le riprese di tutte le aree comuni del condominio – il cortile, l’intero pianerottolo, le scale, l’intero garage e le zone antistanti l’abitazione di altri condomini.

Chi decide di proteggere la propria abitazione – casa indipendente oppure appartamento condominiale – per mezzo di telecamere di videosorveglianza, non è quindi soggetto ad alcuna richiesta di autorizzazione.

Concetto – questo – già espresso nel Provvedimento del Garante della Privacy, in cui si sottolinea come, qualora l’impianto di videosorveglianza venga utilizzato solo per fini personali, con un trattamento delle immagini non affidato a terzi, il Codice della Privacy non trovi applicazione.

Ma è con il parere n. drep/ac/113990 del 7 marzo 2017 che il Garante della Privacy ha approfondito la materia, specificando che, chi installa un impianto di videosorveglianza a uso “domestico”, non ha l’obbligo di segnalarne la presenza mediante il cartello “Area videosorvegliata”, né di rispettare le direttive in merito ai tempi di conservazione delle immagini registrate.

La Videosorveglianza  installata per volontà del condominio

Si tratta di una fattispecie più complessa in quanto presuppone una volontà maggioritaria da parte dei condòmini, una particolare attenzione a non ledere la privacy dei singoli proprietari, come pure degli ospiti degli stessi ed un utilizzo dei dati conforme alla legislazione vigente, altrimenti si rischiano sanzioni, anche di carattere penale. La materia è stata innovata dal legislatore con l’articolo 1122-ter del Codice Civile, introdotto dalla riforma del condominio (legge 220/2012), che ha  introdotto l’obbligo di esporre cartelli della presenza di telecamere nelle aree sorvegliate e il divieto di riprendere aree non comuni da controllare. Tra gli obblighi che valgono anche in ambito condominiale vi è quello conservare le  registrazioni per un periodo limitato tendenzialmente non superiore alle 24-48 ore, anche in relazione a specifiche esigenze come alla chiusura di esercizi e uffici che hanno sede nel condominio o a periodi di festività. Per tempi di conservazione superiori ai sette giorni è comunque necessario presentare una verifica preliminare al Garante.

I dati raccolti, oltre a dover essere conservati solo per un periodo limitato (24-48 ore), dovranno essere protetti con idonee e preventive misure di sicurezza, in modo da consentirne l’accesso solo alle persone autorizzate oppure al titolare o al responsabile del trattamento degli stessi, che potrà essere anche lo stesso amministratore del condominio.

Sul piano procedurale, il primo passo è la approvazione di una proposta dettagliata in merito alla installazione della videosorveglianza, decisione che deve essere approvata con i voti della maggioranza degli intervenuti all’assemblea condominiale, che rappresentino almeno metà dei millesimi.

Per la Cassazione, si commette reato di interferenze illecite nella vita privata in presenza di queste due circostanze:

– la violazione di domicilio con strumenti di videosorveglianza;

– l’attinenza delle notizie o immagini alla vita privata.

 

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