Quando il brutto diventa un'opera d'arte. Il visitatore non può non soffermarsi su questo dipinto che è decisamente unico per svariate ragioni. In primis per la bruttezza del soggetto, peraltro nudo, ossia di quel Braccio di Bartolo, che era un ben conosciuto nano alla corte di Cosimo I de' Medici, dove fu apprezzato per la sua attività di giullare.
Al soggetto viene dato, in sede pittorica il nome di Morgante, un gigante nell'opera di Luigi Pulci, creando quindi una situazione ossimorea tra personaggio reale e personaggio artistico. La seconda caratteristica è che, peculiarità davvero straordinaria, non si tratta di un unico quadro ma di un doppio quadro in quanto il nano nudo viene presentato anche da dietro e tale innovazione non è casuale ma voluta dal Bronzino per dimostrare la superiorità della pittura sulla scultura, una disputa che in quegli anni teneva banco nel mondo delle corti fiorentine e tra gli artisti in esse gravitanti. Altra caratteristica del doppio quadro è che non rappresenta il soggetto nello stesso istante, come sarebbe ipotizzabile, ma in due momenti ravvicinati e consecutivi. Dipinta su entrambi i lati, la tela raffigura infatti il nano come “uccellatore”, cioè cacciatore di uccelli, prima della caccia, mentre tiene al laccio una civetta usata come esca per attirare una ghiandaia che vola in aria e, poi, sul retro, nell'atto di girarsi verso lo spettatore, fiero di ostentare la sua preda. Ma le particolarità dell'opera non sono finite qui e riguardano un restauro che è stato operato sulla tela e che ha permesso di riscoprire nel 2010 la presenza di due farfalle della specie podalirio a copertura dei genitali. Nell’Ottocento il dipinto era stato infatti sottoposto ad un pesante intervento di restauro che aveva trasformato il nano nientemeno che nel dio Bacco, forse considerando la nudità della figura più consona a un personaggio mitologico: così una corona di foglie di vite fu aggiunta a cingergli il capo; bacino e genitali vennero nascosti da un’altra ghirlanda di pampini e grappoli e la civetta ridipinta diventò un calice di vino.
Di recente il ritratto del Nano Morgante, il più celebre dei cinque buffoni che vissero alla corte di Cosimo I de' Medici, è tornato a Palazzo Pitti, nella reggia dove questo leggendario personaggio trascorse gran parte della sua vita. E' ora nella Sala di Apollo in Galleria Palatina in un ambiente che ne preserva maggiormente la fragilità grazie ad una nuova teca, con vetro antiriflesso di ultima generazione. Un altro singolare ritratto di Morgante venne fuso nel bronzo dal Giambologna in una piccola fontana già nel giardino pensile al di sopra della Loggia dei Lanzi che oggi è collocata al Bargello: anche qui è nudo ed è seduto su una chiocciola. L'opera più famosa che lo riguardi è in realtà la Fontana del Bacchino del Giardino di Boboli, dove lo scultore Valerio Cioli lo ritrasse, parimenti ripugnante, a cavallo di una testuggine (1560). La tela, pur incentrata su un soggetto esteticamente sgradevole, rappresenta al meglio il talento unico di ritrattista del Bronzino, autore di centinaia di ritratti di personaggi, per lo più importanti, che hanno movimentato il suo tempo. Lo stesso Vasari esalta tale pittura “bella e meravigliosa” nonostante la “stravaganza di membra mostruose” del nano.
Angelo di Cosimo di Mariano, detto il Bronzino per il colore della pelle che ricordava il bronzo, nasce a Monticelli di Firenze il 17 Novembre 1502. Formatosi alla bottega di Jacopo da Pontormo, col quale realizza molte pale d’altare per varie chiese fiorentine, decorando anche le lunette nella cappella della chiesa Santa Felicita, si trasferì ancor giovane a Pesaro dove lavorò per la famiglia Della Rovere, partecipando alla decorazione ad affresco della Villa Imperiale. Il suo capolavoro, a detta dei più, è il "Ritratto di un giovane uomo" che gli vale, nel 1540, la nomina a "pittore di Corte" da parte del Duca Cosimo I. Considerato uno dei maggiori manieristi italiani, ebbe, sembra, relazioni sentimentali con il maestro Pontormo prima e con Alessandro Allori poi. Con quest'ultimo convisse fino alla morte nel 1572. Sterminato il numero di ritratti realizzati, tutti di particolare fascino e raffinatezza, compreso quello di Dante Alighieri, che fanno annoverare il Bronzino a ragione come uno dei più grandi ritrattisti nella storia dell'arte.