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Home Arte cultura e tempo libero A caccia di monete: i "grani" di Ferdinando III di Borbone. A cura di Numasio.

A caccia di monete: i "grani" di Ferdinando III di Borbone. A cura di Numasio.

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Spesso queste monete, usurate da oltre duecento anni di storia, sono ridotte talmente male da impedirne una precisa individuazione e la correlata giusta catalogazione

 

 

 

 

Questa moneta scura, grande (diametro di 25 mm) e piuttosto pesante (oltre 8 grammi), girava nelle mie mani da quando ero bambino ed amavo  frugare nei cassetti della casa dove sono nato; insomma la conoscevo  praticamente da sempre e nessuno della mia famiglia, peraltro tutti ignari della sua provenienza, era mai riuscito a capire di cosa si trattasse ed a quale epoca fosse riconducibile.

Dopo tanti decenni me la ritrovo tra le mani, ormai adulto, ancora avvolta dallo stesso fitto mistero, dal momento che, sebbene ripulita con più di una tecnica, sulle sue facce appariva, su un lato, solo una figura femminile con una corona a sei punte, circondata da alcune lettere di difficile comprensione. Sull'altro lato si notavano invece due cornucopie ed una pianta al centro, con una scritta, che, dopo tanto penare e congetturare, ho interpretato in FELICITAS PUBLICA. Mi affido quindi ad internet ed agli esperti di numismatica che gravitano in questo mondo parallelo di notizie, informazioni e valutazioni, ma la mia ricerca non approda ancora ad alcunchè. Tento allora il tutto per tutto riportando su Google la parola SICILIAR, che leggo  abbastanza distintamente su una faccia della moneta.

Qualche passaggio a vuoto ed ecco il demiurgo, in questo caso uno specialista, uno studioso, che sembra sapere tutto sul mondo di Ferdinando III di Borbone e dei suoi "grani" da 1, 2, da 5 e da 10. Grazie a questo eccellente numismatico, inquadro questa moneta bruna in un esemplare di 10 grani del 1815 con contorno rigato. Sul lato delle cornucopie è finalmente spiegata la sigla VB; si tratta dell'incisore Vincenzo Beninati. Sull'altro lato si compone l'intera dicitura: FERD.III.P.F.A. SICILIAR. ETHIER. REX. Quel P.F.A. sta per Pius Felix Augustus, un richiamo alle monete della Roma imperiale. Dopo cinquanta anni e più, finalmente è risolto il problema della "moneta siciliana" che adesso va a riprendere la posizione che merita, nel primo cassetto del mobile antico del salone, accanto alle cose che contano. Manca solo una risposta, quella che vogliono conoscere tutti i profani di numismatica: quanto può valere una moneta così antica? Non lo so ancora, ma per me quella moneta è un tesoro.

I grani/a. Ancora oggi non sono pochi a parlare di grana alludendo ai soldi. Il termine grani/a deriva dal latino granum, che spiega il plurale in -a, inteso come peso. La prima moneta con questo nome fu un piccolo pezzo di rame battuto da Ferdinando I di Napoli (1458-1494) a Napoli. Il grano valeva 12 cavalli. Il tarì valeva 20 grana/i. Sotto Filippo II fu coniato un grano d'argento dal peso di 0,35 grammi e dal valore di 12 cavalli. In seguito il grano fu la principale frazione della piastra. Una piastra valeva 120 grana ed un carlino ne valeva 10. Ebbe molta fortuna non solo nel periodo del vicereame spagnolo, in cui figurava sulle sue facce la Croce di Gerusalemme e la scritta rex Neapolis del sovrano di turno, ma anche durante la prima Repubblica Napoletana che riprodusse sulle facce della moneta il nuovo stemma con le scritte SPQN (Senatum popolusque Neapolis) e dux reip. Neap. in riferimento a Masaniello.

Nel Regno di Napoli, sotto Carlo III (1734-1759), il sistema monetario era organizzato in Piastra, Tarì, Carlino, Grano,            Tornese e Cavallo con un valore  corrispondente di 1, 6, 12, 120, 240 e 1440. Nel 1811 Gioacchino introdusse la decimalizzazione con la lira delle Due Sicilie. Con la Restaurazione tornò la vecchia piastra napoletana da 120 grana, anche se le monete da un grano non furono più coniate. Sulle monete coniate, la piastra, la mezza piastra ed il carlino, il valore era comunque indicato in grana. Nel dicembre 1816 Ferdinando IV riunì i due regni ed ebbe termine il Regno di Napoli.

Ferdinando III di Borbone (1759 - 1816) Nacque nel 1751 da Carlo Borbone e Maria Amalia, succedendo al padre all'età di otto anni sotto la tutela di un Consiglio di Reggenza. Partecipò alla prima coalizione contro la Francia ma si defilò dopo i primi successi di Napoleone nel 1796. Quando, nel 1799, l'esercito napoletano entrò a Roma abbattendo la Repubblica che vi si era instaurata, Ferdinando fu costretto a ripiegare a Palermo dopo che il Generale Championnet riprese Roma e marciò su Napoli. Nel 1800 Ferdinando ottenne da Napoleone l'integrità del suo regno , e l'anno seguente tornò a Napoli. Cinque anni più tardi aprí il porto di Napoli alla flotta inglese, irritando non poco l'Imperatore che senza indugio dichiarò decaduta la dinastia borbonica. Ferdinando si rifugiò di nuovo a Palermo sottomettedosi ai voleri del Parlamento siciliano concedendo la Costituzione nel 1812 , ma nel 1814, caduto Napoleone, il Re sciolse il parlamento ed abolí la costituzione. Decaduto Murat nel 1816 Ferdinando tornò a Napoli, proclamandosi Re delle due Sicilie.Morì nell'anno 1825.

 

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