Nel cuore di Roma tra i palazzi nobiliari: Trevi, Regola, Campo Marzio e Parione. Come perdersi nel liberty di galleria Sciarra, godersi il fascino del Ghetto a portico d'Ottavia, camminare nei vicoli pieni di sorprese intorno a piazza san Silvestro fino alla esaltazione del duce in una monumentale epigrafe in piazza Augusto Imperatore
La Galleria Sciarra, delizioso angolo liberty nel cuore barocco di Roma, celebra la donna in tutte le sue condizioni, di angelo del focolare, di madre e di sposa. Le sue pareti colorate con motivi Liberty e richiamanti il gaudente periodo della Belle-Époque, sono la traduzione visiva dei più diffusi cliché borghesi postunitari sull’universo femminile. Fatta costruire nel 1885 dall’imprenditore Maffeo Sciarra su progetto dell’architetto Giulio De Angelis, la Galleria fu decorata dal pittore Giuseppe Cellini tra il 1886 e il 1888. Attualmente è un ambiente pedonale aperto al pubblico; è ubicata tra via Marco Minghetti, vicolo Sciarra e piazza dell'Oratorio, nel rione Trevi. In quelle immagini, dalle emblematiche didascalie: “La Pudica”, “La Sobria”, “La Paziente”, “La Fedele”, si respira l’aria culturale estetizzante che ruotava attorno alla rivista letteraria “Cronaca Bizantina”, diretta dal vate Gabriele D’Annunzio.
Su una delle pareti istoriate e decorate così intensamente da creare per il visitatore la sindrome di Stendhal, si legge NON IGNARA MALI MISERIS SUCCURRERE DISCO, tradotta letteralmente, significa “non ignara del dolore, so venire in aiuto agli infelici". Tratte dall’Eneide, sono le parole che Didone rivolge ad Enea ed ai suoi compagni di sventura. Virgilio, con esse, vuole evidenziare come nessuno sia più sensibile alle sventure altrui di chi abbia provato le simili sofferenze.
Ci spostiamo sul rione Regola. L'edificio ubicato in via Monserrato 117 ("monte segato", dal nome del santuario di Santa Maria di Monserrat, in Catalogna, a 60 chilometri da Barcellona), pare che in epoca rinascimentale fosse frequentato da prostitute, in particolare da una certa Tina, molto apprezzata dalla clientela godereccia dell'Urbe. Il proprietario, in occasione del restauro della palazzina, per fronteggiare le accuse circa le passate frequentazioni femminili nelle proprie mura domestiche, decise di far incidere sull'architrave la frase THAHIT SUA QUEMQUE VOLUPTAS (Ciascuno è attratto da ciò che gli piace), intendendo così rivendicare il diritto di ognuno di comportarsi liberamente. Per altri la frase, tratta dalle Bucoliche di Virgilio, fu invece una risposta del proprietario alle critiche a lui mosse per aver voluto modernizzare troppo la facciata.
Largo del Teatro Valle 6, al rione Sant' Eustachio: GENS CAPRANICA OPERIBUS AMPLIATIS RESTITUIT MDCCCLXXIX. "Qui è la famiglia Capranica che ha provveduto all’ampliamento della palazzina, nel 1879".
In via Del Bufalo 122, al rione Colonna, non lontano da piazza S.Silvestro, si legge PROBATA REBUS ASPERIS FIDES DEO VIRTUS PERENNE IUGUM MUTAT, “nelle cose avverse la consolidata fiducia in Dio trasforma un peso perenne in virtù”; vicino ad un balconcino, un lapidario ABSTINE SUBSTINE, “astieniti e sopporta”, ci invita ad astenerci, a sopportare. Motto del filosofo greco Epittèto (50-38 d. C.) che riassume al meglio l’etica della filosofia stoica: astenersi da tutto ciò che non è in proprio potere e sopportare quel che capita, poiché tutto ciò che accade è necessario e provvidenziale.
In via del Bufalo 141/via Poli 24 si legge IN ARTE LIBERTAS, "nell'arte è la libertà", iscrizione attribuibile al gruppo fondato da Nino Costa che rifiutava ogni ingerenza politica sugli artisti.
In piazza S.Silvestro n. 29 c’è molto da leggere sul grande edificio dei primi anni sessanta posto sulla destra mentre si guarda l’ ufficio postale: OMNES CONIUCTAE GENTES AERIS MARISQUE PER UNDAS MCMLXI – CLARISSIMA AQUARUM OMNIA IN TOTO ORBE, FRICORIS SALUBRITATISQUE PALMA PRAECONIO URBIS (prosegue su via del Pozzetto) MARCIA EST INTER RELIQUA DEUM MUNERE. La seconda parte dell’epigrafe, quella che inizia con Clarissima aquarum (la più limpida acqua) è tratta dalla Naturalis Historia di Plinio, Liber XXXI, XXIV, 41 e richiama l’acquedotto dell’Acqua Marcia, condotto a Roma nel 144 a.C. dal pretore Quintus Marcius e reputato per qualità delle acque il miglior approvvigionamento della città, tanto che Plinio il Vecchio la definì la più pura di tutte le acque ed "un dono fatto all'Urbe dagli dei”. Ecco una replica dell’origine divina di Roma. Accanto alla scritta c’è una singolare aggiunta: ..CIC, con la quale si richiama la fonte latina di questo concetto riferito alla casa; ebbene si tratta di Cicerone.
In via della Tribuna di Campitelli, al numero 15, c’è un altro palazzo blasonato perché dimora di tante famiglie nobiliari fino ai Lovatelli, sempre vicini al Vaticano. Non a caso la citazione incisa sull’edificio, “DOMINUS DEUS PRO VIDEBIT”, ossia “il Signore Iddio provvederà”, richiama un passo della Genesi. Lo stabile, realizzato intorno al fine cinquecento dai Serlupi, nobili romani, è passato nel Settecento ai Ruspoli, quindi ai Lovatelli, poi imparentati con i Caetani.
PERPETUA FIDE, “con fede perpetua”, è inciso su una porticina al civico 23 di via della Salita del Grillo. Edificio appartenente alla chiesa oppure una famiglia fortemente ancorata alla propria fede religiosa?
In una bella casa di via di San Marcello si legge “LAETIOR INEUNTIBUS LAETIS”, breve ma carica di significato questa frase che può intendersi come un vero inno alla sacralità degli ospiti, i quali, “se entrano lieti nella casa, rendono ancor più lieto il padrone della stessa”.
In via in Arcione n.73, rione Trevi, un'epigrafe richiama l'attenzione del passante che costeggia le finestre dell'immobile: AUTRIX SCIENTIARUM ATQUE ARTIUM RELIGIO URBEM ROMAM PRINCIPATU INCETERAS AUXIT. Tradotta: "la religione quale promotrice di scienze e di arti ha accresciuto con la sua guida la città di Roma sotto vari profili". La facciata di questa palazzina presenta peraltro una singolare attrattiva, consistente nella presenza, nell'arco soprastante ogni finestra dello stabile, del nome di un grande artista del passato, del quale è riportato, in un tondo scuro, anche il calco del profilo. Ecco quindi, in rapida sequenza, personaggi del calibro di Tiziano, Bonarroti (così è scritto), Raffaello, Cimabue, Luca Della Robbia, Brunelleschi, Bramante, Ghiberti, Apollodoro, Fidia, Vitruvio, Dinocrate (l'architetto di Rodi del IV secolo a.C., consigliere urbanista di Alessandro Magno).
Tra i tantissimi palazzi nobiliari di Roma va annoverato anche il palazzo Fredi, una dimora cinquecentesca sita in via degli Specchi 3 al rione Regola. Sulla porta c'è l'iscrizione PRORA ET PUPPIS EST VIVERE. Ancora una volta la vita viene assimilata ad un viaggio in mare in cui si alternano giornate serene a giorni di tempesta "la prua e la poppa sono il vivere".
In via dei Coronari 144 al rione Ponte il cinquecentesco palazzo del Drago presenta nell'architrave della facciata la scritta CUM DEO ET HOMINIBUS "(in pace) con Dio e con gli uomini"
Palazzo Wedekind è l'edificio che, con le sue linee sobrie ed eleganti, fa da sfondo a piazza Colonna, occupando l’area dell’antico Tempio di Marco Aurelio, ove si trova la grande colonna coclide, elevata tra il 176 e il 193 d. C., per celebrare la vittoria sui Germani e i Sarmati. Un tempo sede delle Poste Pontificie, venne ristrutturato nel 1838 come attesta l'iscrizione che scorre lungo l'architrave del portico: "GREGORIUS XVI PONTIF. MAXIM. MDCCCXXXVIII FRONTEM AEDIFICII EXORNANDUM PORTICUM VEIORUM COLUMNIS INSIGNEM ADSTRUENDAM CURAVIT" ossia "Gregorio XVI Pontefice Massimo nell’anno 1838 fece decorare la facciata dell’edificio aggiungendovi il Portico di Veio famoso per le sue colonne".
Nel tranquillo fascino di via di San Teodoro, tra i Fori, il Circo Massimo e il Palatino, al civico n. 2, la palazzina Viggiano, medievaleggiante e voluta nel 1926 da Giovanna de Bauffremont di Sanfelice, mostra due scritte ai lati del portone: ACTA NON VERBA, inno alla concretezza, invito a fare “fatti non parole”, ripreso dalla società commerciale Buffetti negli anni settanta (res non verba). La seconda scritta è decisamente più fatalista: DONEC FATA VOLENT, ossia “questa casa durerà finché vorrà il destino”.
Piazza S. Andrea Della Valle 6, sulla facciata del Museo di Roma, è presente una scritta che ben rappresenta lo spirito del ventennio fascista: ITALIAE FINES PROMOVIT BELLICA VIRTUS ET NOVUS IN NOSTRA FUNDITUR URBE DECOR ANNO DOMINI MCMXXXVII IMPERII PRIMO. “Il valore del nostro esercito ha ampliato i confini dell’Italia ed un nuovo decoro è sorto nella nostra città. Nell’anno del Signore 1937, primo dell’impero”.
A via del Nazareno (prende il nome dal palazzo del Collegio Nazareno costruito nella seconda metà del Cinquecento, su un precedente palazzetto dei Giustiniani, per il nobile parmense Alessandro Maurelli) , sopra all’ingresso di un palazzo d’epoca, è inciso CUM FERIS FERUS, che oggi si leggerebbe come “duro con i duri”. Emblematica la faccia di leone sottostante alla velata minaccia. La frase è consigliabile come tatuaggio per i palestrati per bene che detestano gli sbruffoni molesti.
Siamo nel Ghetto romano, tra i più antichi al mondo: sembrerebbe secondo solo a quello di Venezia. Al n.28 di via del Portico d’Ottavia, c’è la costruzione trecentesca conosciuta come Casa dei Vallati, nobile famiglia il cui motto era “ID VELIS QUOD POSSIS” ossia “desidera ciò che puoi ottenere”, tratto dalla commedia Andria di Terenzio e puntualmente riportato sull’architrave dell’ingresso. Al motto scelto dalla nobile famiglia si affianca una targa che ricorda la deportazione nel 1943, perché allora a casa Vallati abitavano degli ebrei.
In via dei Portoghesi n.3, la strada che collega via della Scrofa a via dell'Orso, al rione Sant'Eustachio, a poca distanza da Sant'Antonio dei Portoghesi, la chiesa della "nazione" lusitana a Roma, c'è una piccola lastra di marmo ove è incisa la frase HAEC DOMUS EST SUB PROPRIETATE HOSPITALIS SANCTI ANTONII LUSITANORUM DE URBE, ossia "questa casa è di proprietà dell'ospedale di sant'Antonio dei Portoghesi a Roma".
In via Zanardelli 7, al rione Ponte, all'ingresso di un bel palazzo residenziale, è presente la sagoma di un orso accompagnata dalla frase NOLI TABESCERE, "non disperderti"; l'orso appollaiato sopra all'ingresso del palazzo del 1906 sembra dire ad ogni passante: "non lasciarti sciupare inseguendo una vita frenetica, accelerata. Io sto fermo quassù e vedo una gran confusione fatta di vuoti e di polvere. Non siamo distanti dal palazzo dell'Orso così chiamato dal primo proprietario che si chiamava Baccio dell'Orso.
La Casa di Giovanni Sander si trova in Via di Santa Maria dell'Anima 65, nella parte della strada che ricade nel Rione Ponte. L'edificio venne costruito nel 1508 per volontà del Tedesco Giovanni Sander (1455-1544), un membro del Tribunale della Sacra Rota proveniente dalla città di Nordhausen. L'edificio è stato realizzato di fianco alla Chiesa di Santa Maria dell'Anima, Chiesa dei Tedeschi di Roma, proprio con l'obiettivo di ospitare i pellegrini tedeschi in visita alla Città Eterna.
Nella facciata appaiono due scritte latine, la più alta riporta sull'architrave il nome del proprietario e la sua città di origine "JO(HANNES) SANDER NORTHUSANUS ROTAE NOTARIUS FEC(IT); la seconda augura vita eterna alla casa attraverso alcune ipotesi irrealizzabili: HEC DOMUS EXPECTET LUNAS SOLESQ. GEMELLOS PHOENICAS NATOS CORVAT ANTE DUOS, ossia "Possa questa casa vedere due soli e due lune e vada in rovina quando saranno nati due gemelli dell' Araba Fenice".
Le finestre ricordano quelle del Palazzo della Cancelleria, al tempo, principale modello di riferimento per i palazzi nobili ed alto-borghesi di Roma. La facciata ha subìto numerosi restauri e rifacimenti, anche nel corso del ventesimo secolo. Attualmente è decorata con una serie di affreschi risalenti al 1873 che con tutta probabilità ricalcano almeno in gran parte quelli originari. Tra di essi vi sono molti motti in Latino relativi al popolo dei Germani estratti da opere di Giulio Cesare e Tacito, oltre a tondi rappresentanti le immagini di Dante e Virgilio.
Si legge anche una frase dipinta su tavola ansata, posta sopra le finestre del secondo piano e commissionata nel 1904 dall'Ospizio Teutonico di S. Maria dell'Anima: QUOS DE TEUTONICA SOCIOS HIC GENTE TUERIS CONSORTES SUPERI FAC PIA VIRGO SOLI "gli appartenenti alla stirpe teutonica che qui proteggi, pia vergine, rendili partecipi del suolo superiore".
Piazza in Campo Marzio, nell'omonimo rione dell'Urbe. Al civico 7 sono visibili ben otto iscrizioni attribuibili a Francesco Mora, proprietario e architetto dell'edificio. Una variegata sequenza di impulsi filosofici. Tra questi citiamo FESTINA LENTE, "affrettati lentamente", ossimoro caro ad Augusto secondo la biografia di Svetonio, poi ripreso da Erasmo. C'è anche un CARPE DIEM (cogli l'attimo) di stampo epicureo ed un NON MULTA SED MULTUM "non molte cose ma molto", a suggellare la supremazia della qualità sulla quantità. Inoltre AGE QUOD AGIS, "fai ciò che fai", ossia agisci senza indugi, un credo comportamentale che spesso Plauto ha messo in bocca ai suoi personaggi.
In piazza del Collegio Romano 4, al rione Pigna, in vari ambiti, interni ed esterni, del liceo Ennio Quirino Visconti sono riportate tante iscrizioni latine. Richiamiamo l'attenzione su TECTA LEGE, LECTA TEGE, "leggi ciò che è conservato, conserva ciò che è letto", un gioco di assonanze con modi verbali invertiti (imperativo e participio passato), impreziosito dall'anagramma delle due parole.
Via Alessandro Farnese 3. SALUS IN EA. UNDIQUE MELITAE FULGENT. GENS HOSPITA REGUM. In rapida sequenza "salvezza in essa. Ovunque rifulgono i Maltesi. Famiglia ospite dei re". Costruzione commissionata nel 1904 dal barone De Pirro, di origini maltesi e queste spiegano il tenore del messaggio epigrafico.
In via Monte della Farina 19-23, rione Sant'Eustachio, vicino alla più conosciuta via dei Giubbonari, c’è un’epigrafe che ci riporta indietro nella grande storia di Roma. L’intero testo inciso sulla palazzina riporta: HEIC UBI IGNOBILES NUPER TABERNAE RUDERA PREMEBANT PORTICUS CN POMPEII CUI CONTINENS ERAT CURIA C IUL CAESARIS NECE INSIGNIS SODALITAS TEUTONUM DE ANIMA NOBILIORES HAS AEDES EXSTRUENDAS CURAVIT ANNO AB URBE CONDITA MMDCXLVI ANNO DOMINI MDCCCXCIII".
Si allude alle taverne che ricoprivano i ruderi del portico di Gneo Pompeo e della Curia nella quale fu ucciso Gaio Giulio Cesare, demolite le quali, l'insigne Compagnia dei Teutoni di S.Maria dell'Anima fece erigere questa casa nell'anno 2646 dalla fondazione di Roma o nell'anno del Signore 1893 (il conto è presto fatto: 1893+753=2646). Attiguo a questo è posizionato un altro edificio in via Monte Farina 30 (c’è il ristorante Emma gestito dalla famiglia Roscioli), appartenuto alla “scuola di calzolai germanici”, come confermato dall'iscrizione, che richiama anche un intervento su tale struttura nell’anno 1898 "SCHOLA SUTORUM VERE GERMANICORUM AD TURRIM D H COSSEBADE DE COSSLIN RESTAURATA AUCTA A D MDCCCIIC".
Via dei Due Macelli 66, rione Colonna, ANIMUS OPORTET TUUS TE IUDICET DIVITEM NONHOMINUM SERMONEQUE POSSESSIONES TUAE, "bisogna che ti giudichi ricco il tuo animo, non l'opinione degli uomini nè i tuoi beni". La frase, tratta dai Paradoxa stoicorum di Cicerone, rappresenta un monito agli abitanti ed agli stessi costruttori della palazzina.
Via di Gesù e Maria 5, al rione Campo Marzio, PARVA DOMUS MAGNA QUIES, "piccola casa grande quiete" concetto inversamente proporzionale tra casa e quiete domestica, molto diffuso e ripreso anche da D'Annunzio nel Trionfo della Morte del 1894.
Via di Ripetta 246. A palazzo Capponi, detto della Palma, si legge VINCENTI DABITUR, ossia "sarà data al vincente", sottintesa la palma della vittoria. Edificio appartenuto alla famiglia Serafini della Palma, che qui volle imprimere per sempre il suo motto nobiliare.
Corso Vittorio Emanuele II 209. SALVE AMICE SUCCEDE HOSPITIO QUOD TIBI PARAVIT HERUS. Nella lunetta dell'atrio sovrastante l'accesso al cortile questo è il saluto "Salve amico, entra nell'alloggio ospitale che ti ha preparato il padrone di casa". Questo è indicato con herus, mentre altrove è indicato con erus, un'acca di differenza come tra Ave e Have prima di Roma.
Corso Vittorio Emanuele II. Nella strada che attraversa ben quattro rioni (Pigna, Ponte, Parione e sant'Eustachio) al civico 252 si legge EX CONJUCTIONE PERFECTIO, "dalla congiunzione è derivata la perfezione". Si allude alla unificazione di due corpi di fabbrica che ha consentito la conclusione al meglio dell'opera edilizia. Frase presente anche altrove.
In corso Vittorio Emanuele II n.253 si legge LATIORE VIA AD PONTEM STRATA NOVITER CONSTRUCTA DOMUS EXQUILIIS NON INVIDEO SALUBRIS, "essendo stata aperta una via più larga fino al ponte, costruita di recente, io non invidio l'Esquilino salubre". A parlare è questo palazzo del 1887, attiguo al vicolo Sforza Cesarini, che sembra dialogare polemicamente con il palazzo Costanzi che esaltava la salubrità dell'Esquilino. Da notare l'ablativo assoluto con il participio strata, riferito a via, che anticipa il moderno termine di strada.
Via Arenula 21. Siamo nel Rione Regola, il VII: INGENIO NATAM LABORE PERFECTAM A. D. MDCCCXCII, "nata dall'ingegno, compiuta col lavoro, anno 1892". Insomma una carta d'identità sui generis di questo edificio.
Piazza San Salvatore in Campo 57. PATER FILIIS PARAMENTER DEDIT, "il padre ai figli con grande amore diede"; si tratta di un ringraziamento a Dio rivolto dai missionari dello Spirito Santo per aver avuto la disponibilità di questa sede per la casa generalizia.
In piazza Augusto Imperatore, rione Campo Marzio,in prossimità dell’Ara Pacis, su una grande parete in marmo, non può sfuggire alla nostra attenzione la presenza di una imponente epigrafe, datata 1940, opera di Vittorio Morpurgo, con la quale si celebra, a caratteri cubitali, la realizzazione della piazza: HUNC LOCUM, UBI AUGUSTI MANES VOLITANT PER AURAS, POSTQUAM IMPERATORIS MAUSOLEUM EX SAECULORUM TENEBRIS EST EXTRACTUM ARAEQUE PACIS DESIECTA MEMBRA REFECTA, MUSSOLINI DUX VETERIBUS AUGUSTIIS DELETIS SPLENDORIBUS VIIS AEDIFICIIS AEDIBUS AD HUMANITATIS MORES APTIS ORNANDUM CENSUIT ANNO MCCCCCXL, A F(ASCIBUS) R (ESTITUTIS) XVIII. Il senso della traduzione è il seguente: "questo luogo, dove i Mani (Divinità romane rappresentanti i morti di una famiglia) di Augusto aleggiano nell’aria, dopo che il mausoleo dell’imperatore dalle tenebre dei secoli è stato riportato in luce e che le parti smembrate dell’ara pacis sono state ricomposte, il duce Mussolini, distrutti gli antichi luoghi angusti, con più splendide vie, edifici, case adatte ai costumi della natura umana, ordinò di abbellire nell’anno 1940, il diciottesimo dell’era fascista”. Celebrazione del duce prolissa e smielata........