A circa 400 metri di altezza, 9000 abitanti, ad un'ora di macchina dalla capitale, "la città della stampa" offre opportunità per un pellegrinaggio che ti conduce sulle orme di san Benedetto da Norcia che qui ha vissuto in eremitaggio per tre anni in una grotta
La nostra bella casa ogni tanto ci sta stretta ed allora serve un cambio d'aria, repentino, senza tanta programmazione e senza andare troppo lontano, specialmente dopo un lungo periodo di isolamento forzato. Uno sguardo alla cartina del Lazio e la scelta cade convinta su Subiaco, circa un'ora di macchina dalla capitale. Una località che offre una natura bellissima, che, con i suoi immensi boschi di faggio, si specchia nelle acque dell'Aniene, che offrono la peculiare possibilità di fare un "rafting morbido" grazie alla organizzazione collaudata di Vivere l'Aniene che opera tra le invitanti rapide del fiume a poche centinaia di metri di distanza dalle piazze cittadine più frequentate. Lungo il "Teverone", l'antico Anio, è possibile inoltre fare una bella passeggiata in mezzo alla natura per poi raggiungere comodamente le vie cittadine. Vicino alla cattedrale di S. Andrea Apostolo merita una visita il borgo medievale additato come strada degli opifici ossia delle attività commerciali che in passato utilizzavano le acque del fiume, come pastifici, frantoi, forni a legno, fabbri etc Subiaco è definita anche "la città della stampa" perchè qui due monaci tedeschi, emuli del Gutenberg, sono stati i primi a stampare in Italia, in particolare brani di Elio Donato, il grammatico latino del IV secolo d.C. autore dell'Ars minor e dell'Ars maior. Ma Subiaco è luogo di intensa spiritualità grazie alla presenza di due santuari incastonati tra le rocce dalla forza delle preghiere ed impreziositi da una architettura ardita capace di farci toccare il cielo...
Cerchiamo un alloggio ove restare una notte e prenotiamo un albergo ubicato in zona centrale e dotato di parcheggio privato, che si rivelerà unico e particolarissimo sotto vari profili, non tutti positivi. Si tratta del palazzo Moraschi, un albergo derivato da un antico palazzo nobiliare, ora di proprietà del comune e gestito dalla comunità gli Angeli, dotato addirittura di un singolare giardino terrazzato, ispirato, con varianti kitsch, al Jurassic Park dell'omonimo film, con tanto di buffi animali preistorici affioranti qua e là in mezzo ad una vegetazione molto curata. Di fauna vivente c'è solo una coppia di grossi conigli in grande salute. Il palazzo è tutta una scoperta: appartenuto ad una nobile famiglia che ancora oggi dispone di possedimenti, terreni e vigneti nel Parmigiano, mostra i segni di un passato prestigioso, che ha visto qui la presenza di un cardinale, di Garibaldi e, più recentemente, anche di una stazione di Carabinieri. Arredamento, pianoforti, quadri, collezioni di orologi e soprammobili sono degni d'un museo, polvere compresa, mentre le stanze deluxe risultano ammodernate con diversi stili ed uso, alle pareti, di carta da parati riproducente sfondi panoramici di isole mediterranee, di montagne dolomitiche, di scorci di città d'arte e tanto altro ancora, di dubbio gusto. La pulizia lascia un po' a desiderare, ma il bagno (con scaldabagno elettrico) risulta funzionante. In dotazione c'è un mini frigo ed una televisione a parete ancora più mini. La colazione è al limite della sufficienza, tanto che non sono pochi gli ospiti a saltarla a pie' pari, ma è servita in una stanza di grande fascino, grazie alle appariscenti opere pittoriche di Franesco Gai. (Nato a Roma nel 1835 ed a Roma deceduto nel 1917, a metà degli anni sessanta affrescò il palazzo del cardinale Antonucci a Subiaco (le pitture sono andate perdute a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale) ed in questo palazzo dipinse scene di Diana e Atteone, ispirate all'opera di Domenichino. Nonostante parte dell'opera (Diana ed Endimione) sia andata perduta a seguito del crollo del soffitto, le tre grandi rappresentazioni alle pareti (Il bagno di Diana, La gara di tiro con l'arco e Il trionfo di Diana) risultano in perfetto stato di conservazione, Subiaco, che deve il suo nome alla villa voluta in zona da Nerone, "sotto il lago", di cui si conservano i resti visibili nella strada che conduce ai monasteri, vanta una imponente rocca dei Borgia (aperta nei giorni festivi e prefestivi), ove campeggia la scritta di costantiniana memoria "IN HOC SIGNO VINCES". La cittadina è tutta una scala, con saliscendi ovunque, che conducono alle varie piazze, tra le quali risulta particolarmente vivace e trafficata quella del teatro, con un grande parcheggio prossimo ad un fontana sulla quale è inciso l'epigrafe DELETA RESURGO, il motto della Fenice, mitico uccello sacro agli antichi egizi, che sintetizza la fiducia di risollevarsi dalle disavventure e di vincere le avversità del destino. La popolazione è molto accogliente e prodiga di consigli e di confidenze all'impronta.
Tappa obbligata è la visita a Santa Scolastica, sorella gemella di san Benedetto, sepolta con lui nell'abbazia di monte Cassino. Sospesi quasi nelle profonde vallate dei monti Simbruini, siamo nel monastero più antico, tra i dodici realizzati da san Benedetto; una struttura imponente, nata intorno al campanile, abbellita da tre chiostri di diversi stile e forma (gotico, rinascimentale e cosmatesco), ove vivono diciotto monaci tutti di veneranda età. A fianco c'è una organizzata foresteria che offre accoglienza a quanti vogliano fare un bagno di spiritualità di tipo conventuale. Il monastero è opera, intorno al 1770, di Giacomo Quarenghi, un architetto poco conosciuto in Italia, ma famosissimo a san Pietroburgo in Russia, ove introdusse con successo l'arte palladiana.
Proseguendo nella strada dei monasteri, sempre immersi in una maestosa cornice di natura austera e silenziosa, si arriva al santuario del Sacro Speco, che custodisce la grotta ove san Benedetto visse per tre anni in solitudine; una struttura che mette insieme roccia, natura ed architettura, unite dal collante della fede e della preghiera. Una dimensione di alta spiritualità che fa bene agli occhi e all'anima. Il Monastero di San Benedetto è uno dei più significativi luoghi spirituali per la Chiesa. Edificato quasi mille anni fa, ha il compito di custodire la grotta in cui il giovane Benedetto da Norcia trascorse un periodo di vita eremitica, prima di dedicarsi alla vita cenobitica. Di particolare pregio, al suo interno, sono gli affreschi di Scuola Popolare Romana (XIII secolo) e di Scuola Senese (XIV secolo). Nell’incredibile ricchezza decorativa delle chiese, spicca il più antico ritratto esistente di San Francesco d’Assisi, giunto qui nel 1223. Tornando indietro, in direzione Subiaco centro, è consigliabile scendere al laghetto di S. Benedetto, uno scorcio naturale gradevole ove l'Aniene realizza cascatelle alternate a piccoli bacini lacustri di acqua cristallina.
Dove mangiare nella città che ha visto nascere Gina Lollobrigida e forse Lucrezia Borgia? Noi abbiamo fatto un pranzo veloce ai Tre Bruschettieri, una piccola terrazzina affacciata su una strada di scorrimento ed ambienti interni molto accoglienti, resi intimi anche dalla presenza di libri. Un locale onesto ma senza alcunchè che possa lasciare una traccia positiva nel viaggiatore di passaggio.
In largo Camporesi, a due passi dalla cattedrale, c'è invece l'Aniene, locale storico con bar, pizzeria, ristorante ed albergo. Tavoli esterni allestiti in prossimità di una bella fontana, tempo permettendo, mentre gli interni possono contare su sale grandi e spaziose che guardano la vallata, in grado di accogliere banchetti e festeggiamenti di ogni tipo. All'insegna di una accoglienza semplice, il locale è una assoluta garanzia per chi voglia gustare i piatti della tradizione laziale. Molto apprezzato è La Panarda in piazza E. Blenio 4, cucina mediterranea con specialità di carni alla brace. Ambiente rustico e gradevole, prezzi contenuti, porzioni abbondanti. Locale consigliato è La Parata, un agriturismo di pesce di fiume sulla via dei monasteri ( n. 40) dove servono anche delle ottime pizze. Luogo delizioso, immerso nel verde e prossimo all'Aniene. Polpette di Nonna Rosa e strozzapreti al ragù bianco i piatti più apprezzati, ma qui tutto è gradevole. Decisamente notevole è il Cristallo di Neve, ma sta sulla sulla Strada Provinciale Monte Livata Campo dell'Osso, ove si può gustare un'ottima cucina montanara!
Al ritorno da questa breve gita, decidiamo di fermarci a Tivoli, alla ricerca di un locale non convenzionale ma preferibilmente immerso in un contesto naturale di tranquillità. Rasentiamo villa Gregoriana e dopo una breve ricerca internettiana arriviamo, percorrendo la statale Tiburtina Valeria, in via Caroli, una strada di campagna che rasenta la ferrovia e qui raggiungiamo il Ristorante dei laghi dei reali.
Si tratta di una struttura ben organizzata, affacciata su due piacevoli laghetti da pesca ove si riversano, anche a cascata, le acque dell'Aniene. La location è ovviamente suggestiva e la cucina si rivela di buon livello, anche grazie a prodotti a km. Zero, come il locale olio del Criptoportico di Ercole vincitore, assolutamente da assaggiare (è anche in vendita). I tonnarelli alla trota sono deliziosi come pure una salsa a base dello stesso pesce che qui domina le tavole. Verdure miste squisite come pure la tagliata al lardo, il tutto esaltato da una cornice naturale che produce una sensazione di libertà e di rilassamento, che era quanto si voleva cercare con una breve gita nella nostra regione.