L’edificio dedicato a “tutti gli dei” ospita le salme di re, artisti famosi come Raffaello e grandi personalità laiche ed ecclesiastiche del passato
Il tempio costruito da Marco Vispanio Agrippa (non Menenio Agrippa, console famoso per l’apologo rivolto ai plebei ritiratisi a Monte Sacro) nel 27 a. C. per dare ospitalità a tutte le divinità (pan= tutto e Theòn= divinità) e poi divenuto all’inizio del VII secolo chiesa Santa Maria ad martyres per volontà del papa Bonifacio IV costituisce una struttura di particolare bellezza architettonica, tanto da essere preso a modello di strutture di epoca successiva in varie parti d’Italia (Napoli) e del mondo. La sua cupola a lacunari geometrici che si restringono verso l’oculo centrale (da cui può entrare la pioggia in determinate condizioni atmosferiche!) è un modello di perfezione con un diametro che è pari all’altezza.
La ” rotonda “ come da sempre è chiamata dai romani veraci, rappresenta ancora oggi una delle cupole più grandi di tutto il mondo, e nello specifico la più grande costruita in calcestruzzo romano.
All’interno il visitatore potrà ammirare le tombe di grandi personaggi del passato: quali:
Jacopo Barozzi da Vignola, Annibale Carracci (nella terza edicola, a destra della tomba di Raffaello Sanzio, il compositore e violinista Arcangelo Corelli (dirimpetto all'altare a destra), Giovanni da Udine, la regina Margherita di Savoia (seconda cappella, Perin del Vaga (in prossimità dell'altare), Baldassarre Peruzzi, Raffaello Sanzio (terza edicola), Maria Antonietta di Bibbiena (nella terza edicola, ricordata con una lapide a destra della tomba di Raffaello Sanzio), il re Umberto I di Savoia (seconda cappella), Flaminio Vacca (in prossimità dell'altare),il re Vittorio Emanuele II di Savoia (sesta cappella),Taddeo Zuccari (in prossimità dell'altare),Ercole Consalvi cardinale, il suo cuore è tumulato sotto il busto che lo ritrae.
Sembra che la famosa frase, molto in uso tra i Romani, del “fare il giro di Peppe”, quando ci si perde in lungo e in largo per trovare un luogo o una mèta, sia riconducibile a Giuseppe Garibaldi, che avrebbe avuto difficoltà a rintracciare il luogo ove si celebrava il rito funebre per la morte del re Vittorio Emanuele II, che il nizzardo il 26 ottobre 1860 aveva incontrato a Teano.