L’ordine di suicidarsi impartito all’autore del “De brevitate vitae” dall’imperatore Nerone, quindi il taglio delle vene, l’assunzione del veleno ed il bagno caldo finale.
Lucio Anneo Seneca, spagnolo di Cordova (4 a.C. – 65 d.C.) più noto a tutti come Seneca, è stato un filosofo stoico ed eclettico, anzi il filosofo consigliere che, con la sua saggezza, ha permesso a Nerone di gestire l’impero in modo avveduto, fino a che l’imperatore è stato sorretto da un equilibrio cerebrale, poi degenerato irreparabilmente in crudeltà seriali.
La singolarità nella morte di Seneca è che fu spinto al suicidio da Nerone, che lo accusava di aver partecipato alla congiura dei Pisoni, una trama ordita per abbattere l’imperatore e portare sul trono un giovane senatore, Gaio Calpurnio Pisone.
E pensare che Seneca si era già ritirato a vita privata, ma l’imperatore nativo di Anzio aveva ripetutamente dato prova della sua insana crudeltà e si sentiva circondato da nemici e congiurati in ogni dove.
La morte di Seneca fu particolarmente dolorosa nonostante la sua forte spiritualità: stando agli scritti di Tacito, quando ricevette l’ordine di suicidarsi da parte di Nerone, si tagliò le vene in più parti del corpo, ma poiché il flusso del sangue rea piuttosto lento, assunse del veleno, ma anche questo tardò a fare effetto. Dettate allora le sue ultime parole ad uno scriba, si immerse in un bagno caldo, e così abbracciò la morte. Sua moglie Pompea Paolina, che aveva voluto condividere l’ingrato destino del marito, fu in ultimo graziata da Nerone.
Lo scrittore esistenzialista francese Henry de Montherlant cita Seneca come esempio di come si può cessare di vivere con dignità estrema.
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