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Home Arte cultura e tempo libero Pagine di diario. Io ed il mio amico Sultano

Pagine di diario. Io ed il mio amico Sultano

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Breve ma intensa storia di rispetto e di amicizia con un cavallo di straordinaria bellezza che mi ha permesso di conoscere ed apprezzare le splendide sensazioni di galoppare ed addirittura di saltare gli ostacoli, come avevo solo visto fare a piazza di Siena… (Alberto Alfieri Bordi)

 

 

Quel tardo pomeriggio di primavera di tanto tempo  fa,  primi anni ottanta, mia moglie tornò a casa imbronciata  e senza nemmeno salutarmi, mi disse con voce alterata “io lì non ci torno più lì, quello è pazzo ed è pericoloso.”

Non si parlava di ambito di lavoro, né di un essere umano, ma di un esemplare equino, di nome Sultano, un bestione che le era stato affidato dall’istruttore nel programma di insegnamento per andare a cavallo.

“Ha proprio gli occhi da matto, è scorbutico e poi è alto, troppo alto, enorme, è sempre furente, non sopporta nessuno”. Già nel corso della prima lezione  c’erano state avvisaglie di disagio, di vera paura, con quel cavallo, ma la seconda lezione non aveva lasciato più margini di dubbio. Da qui il passaggio di consegne o meglio di briglie tra mia moglie ed il sottoscritto. Secondo  il regolamento del Centro Ippico sulla via Aurelia il corso era stato pagato anticipatamente e mancavano ancora otto lezioni, che potevano essere attribuite anche ad altra persona intenzionata a prendere confidenza con le basi dell’ippica.

In realtà l’animale cavallo mi ha sempre attratto e qualche pacifica passeggiata su esemplari mansueti l’avevo pure fatta  senza alcun disagio, tranne un pantalone di velluto stracciato una domenica mattina in quel di Tagliacozzo insieme all’amicone Claudio Gismondi, ma frequentare un maneggio significava modificare di gran lunga l’impegno e salire decisamente di categoria. Fu così che mi presentai al centro ippico dove l’istruttore mi salutò con cordialità e con tono secco mi disse “vai a prendere Sultano nella stalla , ti aspetto qui”. Nel sentire quel nome a me familiare provai ad eccepire qualcosa, una specie di ricusazione bofonchiata, farfugliai che forse era meglio un altro cavallo ma l’istruttore non ne volle sapere aggiungendo che quello  era il cavallo ideale per me.  Preoccupato non poco, presi la strada polverosa  che conduceva alle stalle, passai in rassegna  i primi ricoveri, alcuni vuoti, e d’improvviso me lo trovai di fronte: una testa enorme che sporgeva fuori dal cancello di legno, desideroso di uscire, mostrando  già una chiara insofferenza con i suoi occhi spiritati. Mi ero preparato ad addolcirlo e gli avvicinai alla bocca  due zollette di zucchero.  Rifiutò con sdegno colpendomi pure con una testata al braccio ed alla spalla destra. Bene o male riuscii a condurlo nell'area maneggio, assecondando le sue fermate e le sue imprevedibili ripartenze,  ma la lezione  si presentava carica di tensione e di pericoli.

Quell’ora in effetti sembrò interminabile ma per fortuna tornai a casa indenne, concordando con mia moglie che quel gigante equino aveva gi occhi da matto ed aveva un carattere iracondo.

Seconda lezione. Ero  oramai nella parte del fantino, mi presentai  in tenuta quasi  militare, residua della pregressa esperienza di assaltatore ed istruttore con "i Lupi di Toscana" a Siena e Pistoia.  Era una giornata di pioggia per cui la lezione si sarebbe svolta al maneggio coperto. Sultano era visibilmente nervoso, molto nervoso, non so se fosse per natura meteoropatico ma tra strappi improvvisi, sterzate  e inchiodate riuscì a riempirmi di bava l’intera pettorina della camicia militare. Grazie a Dio anche quel giorno tornai a casa vivo e vegeto ma con forti dolori alla schiena ed all’interno delle cosce.

Terza lezione, o meglio terzo capitolo dell’incubo ippico a pagamento. Inopinatamente l’istruttore mi fece i complimenti, del tutto inaspettati a dire il vero, anticipandomi che l’intera lezione sarebbe stata dedicata al galoppo. L’insegnamento fu preciso ed attento, con una cura particolarmente meticolosa per la posizione e l’assetto sul garrese; la sensazione di velocità e forza di quel quadrupede era affascinante ma anche fonte di tensione anche perché  Sultano non sopportava che nessun altro cavallo lo sopravanzasse nella sua corsa, per cui accelerò e strappò almeno sei  volte, fermandosi poi di colpo, allungando il collo fino a terra per risalire con uno scatto violento, che mise a dura prova la mia muscolatura e soprattutto la mia schiena. Comandava lui, non c'erano dubbi. Per me si trattò di un supplizio micidiale, che, oltre alla tensione, mi procurava grande dolore alla schiena ed ai muscoli delle cosce, ripetutamente sollecitati ed impegnati oltre  la sopportabilità umana. A fine lezione ero ridotto ad una chiavica:  sporco, dolorante ed avvilito della  mia scadente ed inadeguata prestazione tanto che si stava facendo strada in me la convinzione di chiudere anticipatamente l’esperienza equitazione. Il grande piacere e la forte emozione di cavalcare un cavallo vero, non un ronzino annoiato, obiettivamente era di gran lunga inferiore al timore ed alle preoccupazioni che mi creava quel bestione poderoso, un sultano di nome e di fatto.

La mia quarta lezione coincise con una giornata di straordinaria bellezza: era un pomeriggio tiepido, l’aria era particolarmente tersa  e l’intera zona del maneggio sembrava addirittura finta con quei colori caldi e saturi; un'atmosfera deliziosa, eccitante, uno scenario entusiasmante, avevo la sensazione di vivere dentro ad uno spot pubblicitario. L’istruttore Bordi, forte della confidenza che aveva maturato con me per via della omonimia, che ci rendeva forse parenti, mi salutò sorridente e carico di energia come al solito. Senza tanti preamboli e con tono perentorio mi disse “oggi facciamo gli ostacoli”.

La mia replica fu istantanea, quasi implorante: “non ti sembra troppo presto? E poi Sultano è sempre nervoso,  forse non gli sono simpatico, quello mi butta per aria, mi fa volare con uno scossone  dei suoi, che dici,  meglio rimandare?"

La risposta fu secca e demolitrice: “sbrigati, vai a prendere Sultano, ti aspetto qui”.  Perplesso e preoccupato mi avvicinai al gigante a quattro zampe, che, inaspettatamente, quel giorno non aveva gli occhi da matto e sembrava quasi contento di vedermi. Leggermente  confortato dal cambiamento percepito, condussi  quel marcantonio di  quadrupede fino al campo ostacoli, che mi sembravano davvero alti, enormi, praticamente insormontabili. L’istruttore con la solita precisione professionale che avevo apprezzato fin dal primo incontro mi ricordò l’assetto da tenere e aggiunse che avrei dovuto seguirlo in sella a Sultano nel percorso con vari ostacoli che aveva appositamente studiato e preparato per noi. Io e Sultano eravamo diventati noi, un tutt’uno!

Prima di lanciarmi in quella avventura, accarezzai ripetutamente, anzi freneticamente Sultano che sembrava stranamente pacato, voglioso di andare, probabilmente  convinto delle sue doti;  c’era poco da dire, io ero nelle sue mani, o meglio, nelle sue gambe. Non c’era più tempo per frignare o per pensare, il primo stacco di Sultano sugli ostacoli fu potente, imperioso, rassicurante; al secondo ostacolo mostrò ancora più forza e padronanza tanto che ebbi modo di godermi quella sensazione di  dominio sull’ostacolo che non avrei mai pensato di provare. Al terzo ostacolo mi sentivo davvero  felice, forte e soddisfatto di quello che stavo facendo e provando insieme ad un cavallo con il quale mi sentivo finalmente in piena sintonia. La lezione mi sembrò fin troppo breve e si concluse con una apoteosi sull’ultimo ostacolo dove Sultano esibì tutta la sua poderosa muscolatura staccando di gran lunga sopra ai legni del castelletto bianco. L’istruttore mi disse bravo, si congratulò con me, anche se io sapevo bene che non avevo fatto niente di buono se non assecondare un cavallo meraviglioso che molto probabilmente si annoiava con le passeggiate al trotto e con le galoppate di media consistenza, amando invece l’ebbrezza degli ostacoli in cui dava il meglio di se, fornendo  a chi aveva in sella una assoluta affidabilità e sensazioni indimenticabili.

Sbocciato l’amore con Sultano, le altre lezioni furono rose e fiori ed il mio amico a quattro zampe decise perfino di mangiare le zollette di zucchero che le prime volte aveva sdegnosamente rifiutato...

 

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