Oltre al turrito mausoleo di Cecilia Metella ed alla affascinante chiesa senza tetto di S. Nicola a Capo Bove, si possono ammirare i resti del complesso della villa di Massenzio
Il bus 660 porta da Arco di Travertino , dove c'è una fermata Metro, e la tomba di Cecilia Metella, a due passi dal bar ristoro sistematicamente preso d’assalto dai turisti ed accanto al quale si possono noleggiare biciclette, anche se la pavimentazione antica non rende agevole la pedalata.
Con la macchina si può arrivare fino alla zona di tale bar, parcheggiando in zona o su via dei Metelli, laddove possibile.
A due passi dal Mausoleo ci sono il Ristorante Cecilia Metella e l'Hostaria Antica Roma, entrambi molto apprezzati.
La via Appia. Considerata dai Romani la regina viarum (regina delle strade), è universalmente ritenuta, in considerazione dell'epoca in cui fu realizzata (fine IV secolo a.C. - III sec. a.C.), una delle più grandi opere di ingegneria civile del mondo antico per l'enorme impatto economico, militare e culturale che essa ha avuto sulla società romana.
Larghi tratti della strada, particolarmente nel suburbio della città di Roma, sono ancora oggi conservati e percorribili nonché meta del turismo archeologico.
I lavori per la costruzione iniziarono nel 312 a.C. per volere del censore Appio Claudio Cieco che fece ristrutturare ed ampliare una strada preesistente che collegava Roma ai Colli Albani, prolungandola fino a Capua, da alcuni anni posta sotto il controllo romano. Alla metà del III sec. a.C. il tragitto fu esteso fino a Maleventum, in cui erano stati da poco dedotti coloni romani, che nello stesso periodo mutò il nome in Beneventum (Benevento). I lavori di costruzione si protrassero durante la seconda metà del III sec. a.C., quando fu raggiunta Tarentum (Taranto), e poi fino a verso il 190 a.C., epoca in cui fu completato il percorso fino al porto di Brundisium (Brindisi).
La funzione primaria del tracciato era di garantire un rapido movimento delle truppe verso l'Italia meridionale, al fine di consolidare il dominio di Roma su quella parte della penisola. Essa tuttavia divenne fin dal principio una fondamentale via di commercio, facilitando l'afflusso nell'Urbe di prodotti di alto artigianato realizzati nelle fiorenti città della Magna Graecia. Inoltre l'accorciamento dei tempi di viaggio tra Roma e i grandi centri del Meridione nonché la maggiore comodità e sicurezza del percorso determinarono in breve una grande apertura dei ceti abbienti della società romana verso la cultura greca. Nel 71 a.C. i circa 6 000 schiavi ribelli guidati dal celebre Spartaco, catturati in battaglia, furono crocifissi lungo la strada nel tratto da Roma a Capua, come monito per gli schiavi presenti sul territorio italiano.
La strada fu restaurata ed ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano e Adriano. L'imperatore Traiano fece anche realizzare, tra il 108 ed il 110, una diramazione denominata via Appia Traiana, che da Benevento raggiungeva Brindisi attraversando l'Apulia con un nuovo percorso in gran parte vicino alla costa e pianeggiante.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476) la mancanza di opere di manutenzione provocò l'abbandono graduale di segmenti del percorso, sostituito ormai dalla via Traiana. Nel 535 lo storico bizantino Procopio la descrive tuttavia ancora in buono stato di conservazione.
Negli anni 1950 e 1960 lungo il tratto iniziale della via si realizzarono ville esclusive che divennero residenza dell'alta società della Capitale. Le necessità di tutela del patrimonio storico-archeologico e paesaggistico legati alla strada antica portarono nel 1988 all'istituzione del parco regionale dell'Appia antica, anche allo scopo di preservare dalle speculazioni edilizie il territorio attraversato dalla strada da Porta San Sebastiano alle falde dei Colli Albani.
La villa di Massenzio è un antico complesso edilizio di Roma, fatto costruire da Massenzio, l’imperatore passato alla storia per la sconfitta subita ad opera di Costantino presso Saxa Rubra nel 313 d.C..
Situata all'inizio del terzo miglio della Via Appia antica, la villa è costituita da tre edifici principali: il palazzo, il circo ed il mausoleo dinastico, progettati in una inscindibile unità architettonica celebrativa. I resti delle costruzioni massenziane si configurano come l'ultimo atto della trasformazione di una originaria villa rustica repubblicana (II secolo a.C.) costruita in posizione scenografica sul declivio di una collina rivolta verso i Colli Albani.
All'età giulio-claudia sono riconducibili i due ninfei orientati verso la via Appia, ad uno dei quali - ancora visibile e recentemente riscavato - si addossò molto più tardi un casale. Nel II secolo poi la villa subì una radicale trasformazione ad opera di Erode Attico che la inglobò nel suo Pago Triopio. All' inizio del IV secolo, Massenzio vi fece costruire la villa, il circo e il mausoleo di famiglia, nel quale fu deposto il figlio Valerio Romolo morto adolescente.
La sconfitta di Massenzio ad opera di Costantino determinò probabilmente il precoce abbandono dell'impianto (si pensa che l'ippodromo non sia stato neppure mai usato da Massenzio), e il fondo passò nel Patrimonium Appiae. Il circo – detto «Girulum» - è citato in un documento di permuta di terreni tra soggetti ecclesiastici dell'850
Il Mausoleo di Cecilia Metella è un grandioso monumento funerario romano, situato nei pressi della via Appia. Costituisce con il Castrum Caetani un continuum archeologico ubicato poco prima del III miglio della Via Appia Antica, subito dopo il complesso costituito dal circo, dalla villa, e dal sepolcro del figlio dell'imperatore Massenzio, Valerio Romolo.
Il mausoleo di Cecilia Metella veniva così descritto, nel 1855:«Fuori dell'attuale porta di san Sebastiano, distante quasi un miglio dall'antica Capena, ai lati della via Appia sono orti e vigne. Quindi percorse quasi due miglia incominciano deserti latifondi dell'agro romano, e sono i seguenti: Capo di Bove,Statuario, volgarmente Roma Vecchia;Statuario, o sia Santa Maria Nuova;Casal Rotondo;Barbuta,Selcia,Fiorano,Palombara.
La prima tenuta esistente sulla via Appia ai confini delle vigne è Capo di Bove. Così fu denominata dai bucrani (decorazioni marmoree) detti volgarmente Capi di Bove, che servono di ornamento al sepolcro di Cecilia Metella ivi esistente.
All’interno della struttura a torre circolare è installato un suggestivo audiovisivo in cui la stessa Cecilia Metella racconta della sua vita ai turisti in visita. Di Cecilia Metella non si hanno notizie personali, salvo che era figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico, e moglie di un Crasso che si presume essere il figlio di una Venulei e di quel Marco Licinio Crasso (forse il questore di Cesare Marco) che nel 71 a.C. aveva soffocato la rivolta degli schiavi capeggiata da Spartaco e nel 60 a.C. aveva costituito il primo triumvirato con Cesare e Pompeo.
La costruzione del mausoleo, come mostrano le scene di guerra che accompagnano l'epigrafe, era finalizzata a celebrare l'importanza della famiglia assai più che della dedicataria, e viene datata alla seconda metà del I secolo a.C.
Il monumento originario era costituito dall'edificio circolare che ancora si erge, installato su un fondamento quadrangolare di opera cementizia. Il tamburo che conteneva la camera funeraria, del diametro di circa 30 metri e alto 39 metri con la merlatura, era interamente rivestito di blocchi di travertino, terminava presumibilmente in una piccola cupola - non più esistente ma ancora testimoniata da un anello di blocchi di travertino, e dall'indicazione monumentum peczutum - cioè monumento "appuntito" - con cui veniva descritto nell'XI secolo. In alto, al di sopra della tabula col titulus, correva un fregio di festoni floreali alternati a bucrani, dai quali nacque il toponimo di Capo di bove, che identificò la località a partire dal Medioevo. La stessa merlatura, poi rifatta più alta nel medioevo, era già presente nella struttura in travertino e ricordava gli antichi tumuli col perimetro segnato dai cippi. Alla camera sepolcrale - oggi di nuovo visitabile - si accede da un dromos nel basamento stesso; essa occupa l'intera altezza dell'edificio.
La chiesa di San Nicola a Capo di Bove è una chiesa sconsacrata di Roma, nel quartiere Ardeatino, sulla via Appia antica, di fronte al mausoleo di Cecilia Metella. Di essa oggi restano dei ruderi, ossia la struttura esterna con l'abside, ma senza la copertura e ricorda la chiesa di San Galgano in Toscana..
Nel 1299 il mausoleo di Cecilia Metella fu dato da Bonifacio VIII alla famiglia dei Caetani, che vi fece costruire il castello circondato da mura e torri merlate, i cui resti sono ancora visibili addossati al mausoleo. Sul lato opposto della via Appia vi sono i resti di un'antica chiesa di architettura ogivale, spoglia però del tutto dei suoi ornamenti e priva di tetto. Il nome a capo di bove sembra derivare dal nome con cui nel medioevo venivano chiamati i fregi a forma di testa di bue che ornavano parte del mausoleo. La chiesa è importante perché si tratta di uno dei rari esempi di gotico sacro in Roma. La struttura si presenta ad un'unica aula rettangolare, con una facciata liscia e senza decorazioni, sormontata, sul lato sinistro, da un campanile a vela. I fianchi della chiesa sono scanditi da finestre monofore archiacute. L'interno si presenta completamente spoglio, con un'abside sporgente e, come detto, senza copertura.