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Home Arte cultura e tempo libero Viaggio nelle religioni monoteiste. La rubrica si fonda interamente sul testo dell’opera “RELIGIONE - Storia ed esegesi dei tre monoteismi abramitici” di Bruno Amadori. Capitolo I: il concetto di religione

Viaggio nelle religioni monoteiste. La rubrica si fonda interamente sul testo dell’opera “RELIGIONE - Storia ed esegesi dei tre monoteismi abramitici” di Bruno Amadori. Capitolo I: il concetto di religione

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La pubblicazione è divisa in tre parti, corrispondenti all’ Ebraismo, al Cristianesimo ed all’Islam, i cui segni distintivi sono riportati puntualmente nella copertina

 

 

 

 

Prendiamo avvio da una necessaria  valutazione preliminare del concetto di religione, che l’Autore (Bruno Amadori) ha riportato nella Premessa alla sua pubblicazione, frutto di un impegno di studio piuttosto intenso, iniziato nel gennaio 2022 e terminato nel dicembre 2023.

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“Chi di noi non si è mai chiesto: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo? E ancora: chi ha fatto tutto quello che ci circonda, il mondo e la natura con tutte le sue espressioni e le sue leggi?

Ecco, queste domande credo che abbiano portato l’uomo a Dio, ma non solo.

L’uomo ha avuto bisogno della divinità da sempre per dare un senso alla sua vita e tutto il resto, certo, ma anche per avere prevalenza sulle coscienze e quindi il dominio sugli altri uomini, nel nome di Dio. Religione quindi anche come “oppio dei popoli”, come diceva Karl Marx, non senza ragione, perché il timore di Dio rende l’uomo più ragionevole che alcun altro consiglio o castigo umano.

Mi sembra poter dire dunque che l’uomo abbia creato Dio e non viceversa.

E’ vero quindi anche che la paura del divino, come interpretato e usato dall’uomo in tutte le sue forme abbia condotto l’uomo alla sottomissione e alla obbedienza al fine di scongiurare il fallimento delle sue opere o azioni, per evitare un castigo e guadagnare invece un premio in questa o piuttosto in un’altra vita futura.

I Romani avevano Dio, oltre a Patria e Famiglia alla base della loro esistenza ed usavano rendere tributo agli Dei, facendo loro sacrifici per ogni azione o aspettativa di vita.

Il mio obiettivo, scrivendo questo libro, è quello di capire come e quando, oltre a perché, gli uomini lo abbiano fatto, di fare confronti e permettermi anche una possibile, serena esegesi anche critica, perché non posso mandare giù le cose semplicemente così come appaiono o le vogliono far apparire.

Religione, dunque. Cos’è, perché, cosa vuol dire questa parola. Quando e come nacque la religione, come è stata usata e manipolata dagli uomini e come si è sviluppata nel tempo. Per noi, eredi dei nostri lontani avi latini, possiamo cominciare col richiamare i nostri antenati:

- Cicerone, primo secolo avanti Cristo, nel suo “De inventione” dice: “Religio est quae superioris naturae, quam divinam vocant, curam caerimoniamque effert”

 

cioè “la religione è tutto quanto riguarda la cura e la venerazione rivolte ad un essere superiore la cui natura definiamo divina”,

e ancora, nel “De natura deorum” dice: la parola “religione” trae origine da verbo “relegere”, ovvero rileggere o riconsiderare diligentemente quanto riguarda il culto degli dei da parte di quelli detti appunto “religiosi”. Nel secondo libro di questa opera si espone la dottrina stoica della Provvidenza che ha generato il mondo celebrando la Natura e la posizione predominante dell’uomo nel creato, data dagli Dei. Nel terzo libro Cicerone secondo una dottrina di estremo razionalismo arriva alla conclusione che la religione è uno strumento della politica e di chi governa dichiarandosi dubbioso sull’esistenza degli Dei e del soprannaturale

- Lucrezio, epicureo, coevo di Cicerone invece nel suo “De rerum natura” afferma la derivazione della parola religione dal verbo “religare”, cioè re-legare, nel senso di unire l’uomo agli Dei.

- tale origine viene confermata poi anche da Lattanzio (III-IV secolo d.C.), che contraddice apertamente Cicerone, nella sua opera “Divinae istitutiones”: “hoc vinculo pietatis obscricti Deo et religati sumus, unde ipsa religio nomen accepit, non ut Cicero interpretatus est, a relegendo”, cioè: con questo vincolo di pietà siamo stretti e legati a Dio, da ciò prese il nome “religio” e non come ha interpretato Cicerone, “da rileggendo”, seguito da - Sant’Agostino di Ippona (IV-V secolo d.C.) nel suo “De Civitate Dei”.

Lucrezio arrivò a dire anche “religione refrenatus” ad intendere che il pensiero filosofico del religioso è frenato dalla religione, coi suoi nodi stretti dai quali Epicuro già nel III secolo a.C. avrebbe liberato l’umanità. - In Epicuro infatti, se gli Dei esistono, questi non si interessano all’uomo, sono indifferenti alle vicende umane e si chiudono nella loro perfezione. L’uomo è artefice di se stesso e libero di perseguire la felicità. Gli Dei restano solo a testimonianza di un mondo e della natura che l’uomo non può condizionare. E ancora, con Lucrezio aggiungiamo che la religione è intesa come un elemento che sottomette l’uomo per mezzo della paura, da cui il filosofo deve liberarsi: “umana ante oculos foede cum vita iacere in terris oppressa gravi sub religione, quae caput a coeli regionibus ostendebat, horribili super aspectu mortalibus istans”(De rerum natura 1,62-7), cioè:

“la vita umana giaceva sulla terra alla vista di tutti turpemente schiacciata dall’opprimente religione, che mostrava il capo dalle regioni celesti, con orribile faccia incombendo dall’alto sui mortali”. E ancora: “primum quod magnis doceo, de rebus et artis, de religionum animum nodis exolvere pergo”, cioè:”prima di tutto, in quanto grandi cose insegno, tento di slegare l’animo dai nodi stretti dalla religione” (1,932)

Ma non basta, tanto per anticipare ancora quanto diremo più avanti, ricordiamo il significato dato alla religione dallo storico greco Polibio, romanizzato nel II sec. a.C. e riferendosi alla romanità: “instrumentum regni”, cioè strumento del regno o meglio del potere, ma quello civile degli uomini, esercitato attraverso la religione.

D’altronde i legacci che tengono l’uomo legato a Dio sono evidenti sia nel Cristianesimo, come i tralci di vite con cui i sacerdoti i cingevano il capo, sia nell’Ebraismo, con le cinghie di cuoio che vengono avvolte nel braccio durante le preghiere per legarsi e connettersi al Dio.

Affrontando questo argomento, come al solito, mi sono subito reso conto della sua immensità, delle problematiche storiche e sociali che ha provocato e che ancora provoca, ma non ho potuto fare a meno di dire la mia, pur sempre con umiltà e tutto il rispetto per chi può pensarla diversamente. Non pretendo di dire nulla di nuovo, ma di dare uno sguardo a 360 gradi alla materia, tenendo presente le due facce che l’hanno sempre accompagnata, quella della fede e quella della ragione. Mi sono posto però un obiettivo: quello di raccogliere dovunque e comunque potevo le informazioni più disparate sulla origine della divinità, sul suo significato e sulle modalità che ha avuto il suo uso e abuso, dandone un quadro quanto più documentato e completo per la conoscenza e le riflessioni di chi legge, nel corso della storia dell’umanità, fin dagli inizi, possibilmente.

Per far questo in modo il più possibile corretto ed esauriente mi sono dovuto documentare, in tante notti passate insonni, spesso fino all’alba, per leggere e imparare tante cose che anche io non conoscevo. Mi sono dedicato, come accennato nel titolo, alle tre religioni monoteistiche che ci riguardano più da vicino e sono tuttora alla base della nostra identità come Ebraismo e Cristianesimo e poi anche all’Islam, nate tutte da Abramo, se vogliamo lui e non altri (Noè, Mosè..), come il patriarca capostipite.

Delle religioni politeiste preesistenti diremo solo quanto necessario per un completamento e un confronto, specialmente col “nostro” Cristianesimo e prima ovviamente del suo affermarsi. Religione, oppio dei popoli, mi è parso bene porlo in evidenza per dare subito il tono, un po' pur provocatorio di quel che vado scrivendo, frase attribuita a Karl Marx, la religione che usata dall’uomo verso se stessa e altri uomini può dare evasione dalla realtà, dall’inquietudine, alleviare le pene, vedere o illudersi di speranze, ma anche portare inconsciamente alla prostrazione e all’obbedienza se non alla pura sottomissione, le prime non altrimenti assicurate, cosa che credo anche io in fondo, se non dalla paura del divino. Mi viene da aggiungere qui che non era d’uopo che Mosè andasse sul monte Sinai ad incontrare Dio per 40 giorni e 40 notti, se non per riportare, in nome del Signore il suo popolo alla ragione, perché stanco di continue sofferenze e privazioni non ubbidiva più, non credeva più e cercava altre guide e altre divinità e forse idoli migliori, come il vitello d’oro.

Io non darò preferenze alla fede o alla ragione, le lascio convivere e ne esalto il valore di entrambe, ognuna nella sua logica e nella sua giustificazione, ma mi propongo di coinvolgere il lettore in una conoscenza più ampia e quindi al confronto, con tutto quello che scrivo raccogliendo qua e la’. Mi impongo comunque alla esegesi come dico nel titolo, o meglio non solo alla interpretazione canonica di fatti e di scritti resa da sempre e da molti ma anche alla critica personale mia e di chi affronta la rilettura di questi ora e con me, che non riesco sempre ad accettare le cose sic et simpliciter.

Critica per le improbabili esagerazioni e/o abusi in nome di Dio comuni ai tre monoteismi, chiedermi “cui prodest” a chi giovano imposizioni, avvenimenti estremi, ancorchè considerati e approfonditi nel contesto storico e ambientale e dopo consultazione di non pochi autorevoli testi pro e contro e incontri con amici teologi che sanno molto più di me su questo argomento.

La mia non vuol essere solo una raccolta di nomi, luoghi e fatti, ma una rilettura con gli occhi di oggi, per questo ho dovuto consultare uomini e testi e confrontarmi, spesso rivedendo le mie convinzioni e credo che come me molti troveranno qui qualcosa di nuovo, di utile, di interessante, che non sapevano. Lascio al lettore le mie perplessità. Buona lettura.”

 

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