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Home Arte cultura e tempo libero Il giardino romano dell’Adinaton al Nuovo Salario

Il giardino romano dell’Adinaton al Nuovo Salario

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L’ area prende il nome da una epigrafe in loco che giustifica il nome della figura retorica  attribuita a questo angolo di verde all’interno del comprensorio di via Pienza

All’interno di un comprensorio residenziale privato, un tempo chiamato “villini Alpi” per la posizione collinare che consente di dominare dall’alto il sottostante tratto stradale di via dei Prati Fiscali, ci sono due piccole aree verdi; la prima è stata intitolata dal curatore della stessa al dottor Iaschi, un dirigente medico appassionato di verde e definito “amico dei fiori” (come recita un piccolo cartello in legno) per la cura quotidiana che dedicava a sue spese a questo angolo di terra, dominato da una attraente bouganville che interseca i suoi rami spinosi ed i suoi fiori violacei con quelli di un imponente plumbago, pianta sempreverde dai fiori azzurri. Tutt’intorno gerani,tanti arbusti di ibiscus, un bellissimo alloro, una rigogliosa felce in vaso, un generoso  Nespolo, carico di frutta fino a metà giugno,varie piante grasse ed ora anche due papiri che fanno bella mostra vicino ad una scacchiera realizzata con cubetti di porfido chiari e scuri cementati a terra, ricavati da una radicale ripulitura di questa area, realizzata da un ex prefettizio, già avvocato ed ora scrittore e giornalista.

Sul ciglio esterno del giardino Iaschi è posizionato un bell’Oleandro, pianta notoriamente velenosa  (per l’uomo e per gli animali, inclusi i volatili) a causa dell'oleandrina, un glucoside tossico che può causare disturbi del sistema nervoso, problemi respiratori, disturbi a carico dell'apparato digerente e cardiocircolatorio se ingerita.

In posizione più elevata rispetto al Giardino Iaschi è ubicato il Giardino dell’Adinaton, che prende il nome da una figura retorica, che ben pochi conoscono, anche per la terminologia greca mantenuta (adynaton=privo di possibilità), latinizzata in “impossibilia”, un metalogismo che consiste nel  condizionare un evento ad una situazione assolutamente irrealizzabile, spesso iperbolica e paradossale. Ed infatti in detta area c’è una grossa pietra sulla quale è scritto, con intento epigrafico, MANEAT HAEC DOMUS DONEC  LENTA TESTUDO TOTUM PERAMBULET ORBEM, ossia “Rimanga in piedi questa casa fin quando la lenta tartaruga non abbia completato il giro del mondo”, ossia mai. Siamo evidentemente in presenza di una condizione paradossale ed irrealizzabile che la riporta nell’alveo della figura dell’adinato.

 

 

In questa area dominata da una magnolia che arriva a sfiorare l’altezza dell’intera palazzina e da un gigantesco Ficus elastica (i nomi delle piante nella nomenclatura binomia di Linneo sono sempre al femminile), spesso presente all’interno delle abitazioni ma che dà il meglio di sé quando cresce in terreno aperto. Nel terreno è posta una meridiana funzionante (indica il solo mezzogiorno) che recita “QUOTIDIE AUGEO” ossia “ogni giorno cresco”, spiegando etimologicamente il concetto di augurio (dal latino augeo “crescere”) di norma inteso non in senso materialistico ma in senso di valore intrinseco, ossia morale, qualitativo, culturale, gnoseologico ed altro ancora. A poca distanza si nota un piccolo spazio ottagonale riempito di ghiaia, accanto ad un muro tufaceo di appoggio ove è fissata una conchiglia cementificata di “Pecten jacobaeus” o capasanta, il famoso bivalve dei pellegrini diretti a san Giacomo di Compostela nella Galizia spagnola, che presenta la preziosa peculiarità di non essere attaccato mai da virus e batteri, simbolo quindi di purezza e per questo presente negli stemmi di molti pontefici.

Nei paraggi è cresciuto un giovane albero di Ficus carica, simbolo dell’indumento e dell’abbondanza, che nel giro di tre anni dovrebbe dare gli attesi frutti. Tra i tanti vasi che i condomini portano in questa zona quando le loro piante in essi contenute si ammalano, quasi fosse una “clinica plantarum”, molti risultano riempiti con gradevoli piante grasse.

 

Un continuum  estetico  di questo giardinetto è sicuramente rappresentato da una pianta leggera e corposa che gli fa da cornice naturale ed ingentilisce l’intero versante del cortile ove transitano persone e veicoli destinati al parcheggio nei box. In un grosso vaso è posizionato anche un esemplare piuttosto grande di Crassula ovata dalle foglie carnose,  meglio conosciuta come albero di giada. Su uno dei muri  di separazione, in una zona ombrosa, è posto un vaso contenente uno splendido bonsai, giunto qui in palese difficoltà ma ora ritornato in piena salute. Su un altro angolo è possibile notare una Phoenix canariensis, o Palma delle Canarie, spesso ridotta con potature drastiche in quanto dotata di rami particolarmente puntuti e pericolosi per gli occhi. Non manca la sezione officinale, che oggi presenta rosmarini, una pianta di salvia ed una di timo, non concentrate ma lontane l’una dall’altra per recepire al meglio le giuste dosi di sole e di ombra. In vasi ed in terra sono presenti alcune prosperose piante di yucca, che vede stuoli di denigratori, i quali le ritengono  fonte delle crepe nelle strutture cementizie che delimitano le aree verdi. I due giardini dispongono fortunatamente di un impianto idrico alimentato da un pozzo.

 

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