La rubrica si fonda interamente sul testo dell’opera “RELIGIONE - Storia ed esegesi dei tre monoteismi abramitici” di Bruno Amadori.
La capacità degli Ebrei in campo economico, abili maneggiatori di denaro, tra i secoli XII e XIII li portò allo scontro con i Cristiani, che non potevano sopportare la loro tenacia nell’attaccamento alle ricchezze, oltre alla fiera resistenza alla conversione e furono considerati una minaccia economica oltre che politica e religiosa dalla Chiesa operando il prestito di capitali ad usura in un mercato in forte crescita. I Cristiani condannarono questo ripetutamente: nel II (1139), nel III (1179) e infine nel IV concilio Lateranense del 1215.
Come i Cristiani, considerati eretici quelli che praticavano l’usura, anche gli Ebrei, secondo la loro religione, non potevano farne uso, ma forse trovando una escamotage, questi ultimi ne consideravano il divieto solo tra di loro, quindi fatta di necessità virtù, la praticavano a tutto spiano con i non ebrei.
Questa cattiva responsabilità gli Ebrei se la portarono addosso per tutta la vita, come il deicidio, rendendosi sempre malvisti dal potere religioso e politico dominante nei paesi dove erano presenti, come irriducibili ribelli, “arroganti” ed “insolenti”, come furono definiti dalla Chiesa che si sentiva minacciata in tutti e due i campi, nel suo periodo di maggior potere spirituale e temporale. Gli Ebrei cominciarono ad essere discriminati sempre più e particolari tipologie di abbigliamento furono imposte loro per essere riconoscibili, oltre a particolari luoghi dove abitare senza mescolarsi con i Cristiani. Identificati con un segno, catalogati come infedeli e usurai, gli Ebrei divenivano quindi, con le ordinanze del 1215, uno scandalo pubblico.
Oltre ai fatti violenti raccontati già poco sopra, e alle limitazioni definite dal concilio Laterano IV, tra il 1239 e il 1248 a seguito di accuse di blasfemia, ebbero luogo alcuni episodi relativi alla insofferenza cristiana, contro le argomentazioni del Talmud, opera ritenuta eretica perché in contrasto con l’antica legge data da Dio a Mosè e strumento di odio anticristiano. Il Talmud, messo sotto processo da un consesso presieduto da personalità della Chiesa fu incriminato, molte copie requisite e date alle fiamme a Parigi. L’accusa più pesante era quella che il Talmud metteva in secondo piano la Bibbia, accettata anche dai Cristiani e poi le numerose bestemmie contenute che chiamano in causa Cristo, la vergine e Dio stesso e i Cristiani tutti.
Altre requisizioni seguirono e altri roghi di migliaia di copie, fino al XVI secolo; da questo momento l’uso del Talmud fu limitato per la continua accusa di eresia, allontanandosi dalla legge antica comune a Ebrei e Cristiani, come sarà comune poi anche per i Musulmani. Mentre in alcuni stati come la Polonia si veniva a definire lo status degli Ebrei, la loro presenza religiosa e l’attività mercantile, con la fine del XIII secolo (1290), cominciarono le prime espulsioni a partire dall’Inghilterra di tutti quelli che non si convertivano al Cristianesimo (che poterono rientrare solo più di trecento anni dopo, nel XVII secolo.)
Per quanto riguarda l’usura ed avere una conoscenza più vera di come andarono le cose, diversamente dalla vulgata messa in circolazione dai Cristiani per demonizzare il “nemico”(anche i Cristiani la praticavano), va ricordato il processo che oppose un Ebreo, Isach Biona e un Cristiano in Catalogna nel 1298 che permette anche di comprendere il sistema creditizio medievale: durante una serrata inchiesta governativa contro le usure che venivano esercitate su vasta scala , l’Ebreo riuscì a coinvolgere o comprovare le usure generalizzate dai Cristiani e perfino dalla casa regnante, non soltanto dagli Ebrei che spesso venivano anche lodati dai loro debitori per la buona condotta e professionalità dimostrata. Era solo una questione di misura e di pretese.
Con il secolo XIV si intensificarono le insofferenze contro gli Ebrei, non solo per la presunta pesantezza dell’usura, ma soprattutto per l’ostinato rifiuto alla conversione, specie in Spagna, che come detto portarono ai massacri del 1391 in varie grandi città: Siviglia, Cordova, Barcellona a cui si imputava tra l’altro la difficoltà del momento e gli Ebrei ne divennero i capi espiatori in Castiglia, Andalusia, Aragona e Catalogna. Anche se i sovrani spagnoli per tutto il XV secolo cercarono di riconoscere agli Ebrei i loro privilegi tradizionali, le condizioni degli Ebrei peggiorarono con l’andamento economico del paese che li portò a discriminazioni via via più grandi fino a restare in luoghi solo ebraici, a portare segni sul vestiario e di nuovo a conversioni forzate.
Il problema dei convertiti, detti conversos o marrani, fu grande perché dissimulavano la loro conversione e restavano nell’intimo profondamente ebrei, quindi “nemici della società”. Con i Musulmani non convertiti, gli Ebrei furono cacciati dalla penisola iberica come sappiamo nel 1492, in agosto, poco prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America. In pratica il processo che portò alla cacciata durò circa un secolo a partire dai violenti tumulti e massacri del 1391, che portarono a tante vittime e tante conversioni di Ebrei, che pur accettati dalle autorità per le capacità manageriali delle famiglie più importanti, non erano sopportati dalla popolazione che li riteneva infami, non affidabili e in più pericolosi per la mescolanza nefasta di sangue degli Ebrei con la comunità locale. Le leggi razziali di Hitler e Mussolini erano ancora lontane.
Quelli non convertiti poi se lasciati liberi potevano essere sempre di stimolo contro la completa integrazione e fedeltà di quelli convertiti nel paese.
Con la cacciata dalla Spagna gli Ebrei si sparpagliarono un po’ dappertutto in Europa e nell’impero Bizantino e dovunque gli si consentisse di entrare, ma non in Inghilterra, Francia o Germania, da dove erano già stati cacciati, rispettivamente nel 1290, nel 1394 e nel 1470. Venezia li accolse, ma li costrinse in luoghi a loro destinati non in diretto contatto col resto della città. Il luogo scelto fu un campo nel sestiere di Cannaregio chiamato “geto” per l’esistenza di una fonderia di rame che così si chiamava, o anche perchè vi si gettavano gli scarti li intorno: era il primo “ghetto”, come pronunciato dagli Ebrei di origine tedesca per i quali “ge” diventava “ghe”e divenne il nome noto per tutti i luoghi dove da quel momento gli Ebrei erano costretti a vivere in segregazione.
A questo primo ghetto seguirono, almeno in Italia, quelli di Roma nel 1555, chiamato “serraglio degli ebrei”, di Firenze e Siena nel 1571, di Verona nel 1600, di Padova nel 1603, di Ferrara nel 1627 e di Modena nel 1633, dove gli Ebrei erano strettamente limitati e tenuti sotto controllo. In Toscana nel 1593 invece, il granduca Ferdinando I concesse un privilegio per favorire l’insediamento degli Ebrei e “nuovi Cristiani”, quelli discendenti da Ebrei obbligati a convertirsi al cattolicesimo nella penisola iberica alla fine del XV secolo, nelle città di Pisa e Livorno. Nel giro di alcuni anni, così come gli altri ghetti venivano ad organizzarsi in tutti i modi e attività per rendersi indipendenti, il porto toscano ospitò una fiorente comunità Sefardita senza obblighi di sorta come abitare in uno spazio chiuso o separato o portare segni distintivi o discriminazioni ulteriori, ma con ampia autonomia giurisdizionale, sgravi fiscali e il mantenimento dei loro usi e costumi, che mantennero buoni rapporti con i toscani (anche se non sempre ottimi) e favorirono lo sviluppo mercantile e portuale di Livorno.
In Germania, nello stesso periodo Martin Lutero aveva lanciato contro di loro una offensiva espressa in toni durissimi in vari scritti, descrivendoli “cani assetati del sangue di tutta la Cristianità, spesso giustamente bruciati vivi, perché accusati di avvelenare l’acqua e i pozzi e rapito i bambini che sono stati smembrati e tagliati a pezzi…profittatori avidi che maledicono il nostro Signore, figli del diavolo che è contento e si rallegra di aver mandato gli Ebrei fra i Cristiani per contaminarli…che vogliono governare il mondo nonostante siano grandi criminali e assassini di Cristo e di tutta la Cristianità”
Questa era l’opinione ormai consolidata sugli Ebrei e che non è cambiata molto ai giorni nostri.
Nella nuova collocazione mondiale del XVI secolo fuori della penisola iberica e da altri paesi europei, seppur in ghetti o condizioni più libere, gli Ebrei entrarono comunque prepotentemente alla ribalta in campo commerciale e specialmente in quello finanziario. Alla fine del secolo (1598), Shakespeare, riportando una novella fiorentina del 1378, narra la storia del Mercante di Venezia, che cade nelle spire dell’usuraio ebreo Shylock, dando conferma della cattiva considerazione che gli Ebrei si erano fatti in materia finanziaria e altre operazioni particolari.
In realtà la competizione in questo campo fu sempre accesa e certo i Cristiani non erano da meno, tra prestiti ad usura, assicurazioni navali e lettere di cambio per lo spostamento di capitali. Negli anni 1648-1649 gli Ebrei furono massacrati in Polonia a Nemirow a seguito di contrasti economici, religiosi, sociali da Cosacchi di religione greco ortodossa; si crearono le premesse di una attesa messianica, del ritrovamento delle dieci tribù perdute e una ripercussione sul Giudaismo, che rigettando lo studio della Bibbia e le scienze profane dopo circa mille anni, faceva prevalere con rigore l’insegnamento talmudico. Nel 1682 papa Innocenzo XI ritirò ai banchieri di Roma l’autorizzazione a prestare denaro e le famiglie coinvolte si riorganizzarono specialmente nel commercio dei tessuti di valore, oggetti in oro e argento, poi di antiquariato.
Con Mos Mendelsson nella seconda metà del settecento, il Giudaismo subisce una modernizzazione e in tempi di illuminismo entra nel mondo moderno. Oltre alla traduzione del Pentateuco/Torah (1783), propone l’emancipazione degli Ebrei e cioè che si può essere Ebrei praticanti e nello stesso tempo partecipare alla società intorno. Con Mendelsson comincia a prendere corpo il movimento ebraico mistico destinato a durare fino ai nostri giorni, fondamentale per comprendere il mondo degli Ebrei dell’Europa orientale: il Chassidismo. Con il secolo dei lumi, il 1791 segnala la fine della nazione ebraica, l’accesso per la prima volta nella modernità, allo spazio pubblico, alla cittadinanza, senza mettere in discussione la fedeltà alle credenze, ma non riesce a distogliere gli Ebrei più di tanto dal fondamentalismo o integralismo, per modernizzare i costumi: tagliarsi la barba, abbandonare ogni particolarismo nell’abbigliamento e renderli più utili alla società e più felici rigenerandoli; che rinuncino a rispettare le norme alimentari del Kasherut e ad utilizzare l’Yiddish, dialetto che “maschera la furfanteria” e le fantasie talmudiche.
Durante la rivoluzione francese non pochi dibattiti e scontri avranno luogo tra le diverse fazioni per operare un radicale cambiamento o restare al vecchio ordine. A questo tengono gli Ebrei: integrazione senza rigenerazione e quindi riescono ad essere accolti, almeno in Francia nella cittadinanza, senza venir meno ai loro valori e alle loro usanze originali, come un corpo, un’entità separata e presente come individui e non come nazione. Tanto per restare nel campo più congeniale e che ha creato non poche ostilità nei loro riguardi ricordiamo il caso della dinastia Rothshild, che a partire dall’inizio del XIX secolo ha dato luogo a un capitalismo ebraico internazionale, molti dicono sfruttatore delle classi lavoratrici e al genio finanziario con estrema ricchezza, per due secoli fino ai giorni nostri.
Dopo la Francia, comunque gli Ebrei vengono emancipati da molti altri paesi europei e considerati equiparati ai popoli di accoglienza, Austria, Inghilterra, Italia, non liberandosi però del tutto da sentimenti antisemiti: in Russia tra fine ottocento e inizio novecento tre pogrom, in Francia l’affare Dreyfus e come vedremo a metà novecento ebbero la loro deflagrazione con le leggi razziali e genocidi in Ungheria, Germania e Italia. Con la fine del XIX secolo comunque il problema più grande non fu quello antisemita, ma trovare un territorio dove raccogliere gli Ebrei sparsi nel mondo e possibilmente in quella che era (da loro) ritenuta la loro terra, abbandonata 1800 anni prima, la Palestina (Sionismo). Nel 1897 fu tenuto il primo congresso sionista a Basilea sotto la presidenza di Theodor Herzl, con lo scopo appunto di riconoscere uno stato ebraico e il diritto degli ebrei ad una terra. Nel 1917, la dichiarazione inglese di Balfour, con l’andamento della guerra che penalizzava la Turchia, cui apparteneva la Palestina, e portava allo smembramento dell’Impero Ottomano, aprì uno spiraglio che portò i primi Ebrei al rientro in quel territorio. La recrudescenza delle leggi razziali del 1938 in Germania e in Italia e la seconda guerra mondiale portò invece, come è ben noto al genocidio indiscriminato degli Ebrei che trovarono la morte nei campi di concentra- mento nazisti per più di cinque milioni: fu la Shoah.
L’obiettivo reale, con la conferenza di Wannsee, in una villa vicino Berlino del gennaio 1942, era diventato lo sterminio di tutti gli Ebrei d’Europa con la cosiddetta “soluzione finale della questione ebraica”. La crudeltà, l’orrore e l’ampiezza di questo misfatto contribuì a smuovere le coscienze e a portare il consesso delle Nazioni Unite, con la risoluzione 181 del novembre 1947, alla creazione di uno stato di Israele in terra di Palestina, che veniva divisa in due parti: una per gli Ebrei, l’altra per gli Arabi. La città di Gerusalemme, sacra per entrambi e Betlemme restavano un corpo separato e posto sotto una amministrazione internazionale.
Nel maggio 1948, con la fine del mandato britannico, sotto la guida di David Ben Gurion, prendeva corpo il primo grande rientro di Ebrei. L’Autorità Palestinese non accettò però mai la risoluzione ONU e da allora cominciarono i contrasti e conflitti tra le parti che ancora imperversano e insanguinano il territorio (di questi giorni l’attacco di Hamas a Israele). Una coalizione di paesi arabi: Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq scese subito in campo per rigettare in mare già i primi arrivati, che in poco tempo, con quelli già sul posto diventarono seicentomila, ma gli Israeliani, chiamati così d’ora in poi in quanto cittadini dello stato di Israele, ancorché ebrei, ebbero la meglio e si consolidarono sul territorio, allargandone pure l’estensione con la Galilea, Gerusalemme est e altro. La fisionomia e la distribuzione etnica e geografica veniva a ricrearsi non senza gettare le basi di nuovi contrasti e rinfocolare l’odio ancestrale. Di Arabi palestinesi restarono meno di un quarto, circa 150 mila, molti avevano lasciato case e terreni, che però i nuovi arrivati sembra comperarono più spesso di quanti ne avessero espropriati o rubati con la forza, come lamentano i Palestinesi, che tuttora li reclamano.
Qualche anno di pace armata, ma dal 1952, con l’arrivo al potere in Egitto di Gamal Abd el Nasser, i rapporti si scaldarono di nuovo e a causa del controllo del canale di Suez, interdetto al traffico israeliano scoppiò la seconda guerra arabo-israeliana. Israele, appoggiata da Inghilterra, Francia e USA, batté ancora l’Egitto e si prese altri territori, quali la striscia di Gaza e la penisola del Sinai nel 1956. Ma non bastò. Nel 1967 scoppiò un nuovo conflitto, il terzo tra Israele e i vicini paesi arabi, detta guerra dei sei giorni, perché tanto durò.
Fu un attacco preventivo contro Egitto, Siria e Giordania, che ammassavano truppe sui confini e gli Israeliani ebbero ancora la meglio annettendo altri territori: le alture del Golan a nord, ancora parte della striscia di Gaza a sud ovest, la Cisgiordania e Gerusalemme est. Nel 1973 invece furono i paesi arabi limitrofi Egitto e Siria, che attaccarono Israele nel giorno del Yom Kippur, che diede il nome alla guerra e anche stavolta, seppur preso alla sprovvista, Israele ebbe la meglio. Qualche anno più tardi, nel 1978 però con gli accordi di Camp David tra Israele ed Egitto con Jimmy Carter, Begin e Sadat, Israele restituiva la penisola del Sinai e l’Egitto riconosceva lo stato di Israele.
Questo stato di cose geopolitiche resta valido a tutt’oggi, anche se non sono internazionalmente riconosciute Gerusalemme come capitale e i territori della Cisgiordania, considerati occupati, come le alture del Golan, oggetto di conflitto continuo con il Libano. Dopo Camp David altri accordi sono stati stipulati, tali da rendere una parvenza di pace, senza guerre vere, cioè con la Giordania nel 1994 e prima ancora nel 1993 gli accordi di Oslo erano stati firmati con la mediazione di Clinton, alla Casa Bianca, tra Rabin per gli Israeliani e Arafat per i Palestinesi. Non più guerre vere come accennato, ma un continuo stato di conflittualità: una prima intifada o rivolta nel 1987-93 e una seconda nel 2000 hanno vanificato con continue guerriglie gli accordi di Oslo e anche se Israele si è ritirato dalla striscia di Gaza (2005), da qui le autorità palestinesi (con Hamas) continuano uno scambio di artiglieria e lancio di razzi contro Israele.
L’olocausto e la creazione dello stato di Israele, hanno sollevato comunque problemi teologici enormi per la comunità ebraica. Tradizionalmente il Dio di Israele è stato inteso come un governante onnipotente, attento agli individui, profondamente interessato al destino del popolo ebraico che premia il giusto e punisce il malvagio. Come poteva essere questo di fronte alle camere a gas di Auschwitz o all’orrore di Bergen-Belsen e di altri campi della morte? Uomini, donne e bambini condotti indiscriminatamente alla morte come animali. Anche la fondazione dello stato creò una difficoltà teologica perché i rabbini avevano insegnato che il ritorno del popolo ebraico nella Terra Promessa si sarebbe verificato solo nei giorni del Messia e quando tutte le dodici tribù “saranno riunite dagli angeli della terra e il tempio sarà ricostruito”.
Nonostante diversi teologi si siano espressi su tali problemi, non è emersa ancora nessuna chiarezza in merito; non sembra neanche possibile accettare come per la distruzione del primo tempio e la deportazione in Babilonia, la giustificazione con il castigo di Dio per la perdita della fedeltà ai patti dell’alleanza stipulata e la venerazione politeistica di più divinità, anzi. Qualcuno ha proposto di rinunciare alle tradizioni e tornare al paganesimo.
La natura dell’Ebraismo comunque è venuta a differenziarsi negli ultimi secoli, specialmente dopo la caduta dei muri dei ghetti. L’ebraicità era considerata solo o prevalentemente in senso religioso, non etnico, cioè di popolo, ma le due essenze erano fuse in una sola: gli Ebrei come popolo credevano tutti nel Dio di Abramo. L’apertura dei ghetti, con le conversioni e la mescolanza sempre più frequente con altre etnie e/o religioni, ha portato ad un netto distinguo.
I nazisti consideravano non ariano chiunque avesse un antenato ebreo, convertito o no al Cristianesimo, o di qualsiasi altra religione, anche se non accettati dalla comunità ebraica, e seguirono il destino dell’olocausto. Così come oggi in Russia, dove non sono considerati ebrei dalle autorità ortodosse, ma hanno scritto ebreo sul passaporto. Più complicata la situazione negli USA e nei paesi del Commonwealth Britannico, dove è comune il matrimonio tra ebrei e non ebrei e riguarda il 50% dei matrimoni; il caso è spesso risolto con la conversione, ma questo non viene sempre accettato dalle autorità religiose e dal resto della comunità. Secondo la “legge del rientro” invece tutti gli Ebrei hanno il diritto alla cittadinanza israeliana, anche i convertiti non ortodossi, visto anche la poca osservanza che hanno gli Israeliani oggi. La cosa resta confusa.
In Europa l’Ebraismo è stato quasi distrutto dall’olocausto nazista, scomparendo da molti paesi in cui era presente, per trovare nello stato di Israele, oltre al ritorno biblico nella Terra Promessa, l’unico vero elemento per la sopravvivenza del popolo ebraico in tutti i sensi, etnico e religioso. La tenacia con cui questo è difeso anche dagli Ebrei della diaspora, la dice lunga di quanto sarà ancora lungo e difficile se non impossibile, il cammino per una pace e concordia con tutti i vicini Arabi che non lo vogliono. La presenza israeliana, anche dopo le espansioni territoriali acquisite con le guerre del 1967 e del 1973 è ritenuta imperialismo sionista e alimenta e tiene in vita ancora l’antisemitismo.
Il futuro dell’Ebraismo non sembra avere lunga vita, per la natalità in continua diminuzione e le attrattive dell’assimilazione, troppo grandi. Non ci saranno più generazioni di pii Ebrei, oggi Israele è uno stato laico e la stragrande maggioranza degli israeliani intende la propria ebraicità come un identità nazionale più che religiosa. La fede ebraica sopravviverà solo per gli ortodossi più rigorosi, sempre più chiusa in se stessa e fuori da usi e costumi del XXI secolo. Saranno come i Caraiti o i Samaritani nell’Ebraismo, gli Amish o i Mennoniti nel Cristianesimo e come i marrani spagnoli avranno solo un ricordo del passato ebraico e come le dieci tribù perdute scompariranno dalla storia.
Teorie meno pessimiste però ricordano che l’Ebraismo si è sempre adattato nella storia al mutare dei tempi, superando anche le dispute sempre esistite tra le varie correnti e sette e aggiornando la teologia rispetto alle antiche tradizioni e precetti (Mitzvot) e leggi (Halakhah).
Sacre scritture, liturgia.
Il testo sacro fondamentale, tradizionale, primigenio dell’Ebraismo è assolutamente la Bibbia ebraica, o per i cristiani l’Antico Testamento o ancora Antica Alleanza, a cui i Cristiani poi aggiungeranno il Vangelo di Gesù Cristo e altri scritti, come Nuovo Testamento per la loro Bibbia. Il libro quindi, nato con l’Ebraismo, è sacro anche per il Cristianesimo, ma non solo, perché adottato anche dall’Islam e altre confessioni minori.
Questo libro, o meglio “libri”, perché Bibbia è plurale, dal greco “biblos”, (dalla città fenicia di Biblo, da dove veniva il papiro su cui scrivere), usato dagli Ebrei di lingua greca quando la tradussero in quella lingua (III sec. a.C.) per la biblioteca di Alessandria, è composto di tre parti:
1—Torah (insegnamento o legge), consegnata a Mosè da Dio 49 giorni dopo la Pasqua durante la fuga dall’Egitto sul monte Sinai (per alcuni Oreb), anche detta Pentateuco dai Cristiani perché consiste a sua volta in cinque libri: Genesi, Esodo, Numeri, Levitico, e Deuteronomio
2-- Neviim o Profeti
3—Ketuvim o Scritti agiografici
queste due ultime parti sono relative ad epoche successive.
L’insieme delle tre parti prende il nome ebraico di Tanakh, che vuol essere l’acronimo delle loro iniziali: T per Torakh, N per Neviim, K per Ketuvim, con l’aggiunta delle vocali a e h di appoggio per la pronuncia, come spesso succede nelle scritture ebraiche che non le hanno sempre.
Con i primi cinque libri del Pentateuco, i trentaquattro libri dei Profeti e Scritti agiografici portano ad un totale di trentanove i libri che compongono la Tanakh, o Bibbia completa, secondo l’elenco che segue:
.1.Torah (Pentateuco) (scritto VI-V sec. a.C.) Genesi . (prima tramandato oralmente) Esodo . Levitico . Numeri . Deuteronomio
.2. Profeti anteriori (o libri storici) Giosuè . (scritti VI-V sec. a.C.) Giudici . Samuele I e II . Re I e II
posteriori (o libri profetici) Isaia . (scritti V sec. a.C.) Geremia . Ezechiele 12 profeti minori Osea . (circa V sec a.C.) Gioele . Amos . Abdia . Giona . Michea . Naum . Abacuc . Sofonia . Aggeo . Zaccaria . Malachia
.3. Scritti agiografici Salmi . (tra V e II sec. a.C.) Proverbi . Giobbe . Cantico dei cantici . Rut . Lamentazioni . Ecclesiaste (Qohelet) . Ester . Daniele . Esdra e Neemia . Cronache I e II
Tutti scritti in ebraico, salvo alcune piccole parti scritte in aramaico e altre riprodotte perché andate perdute.
Gli Scritti Sacri contenuti nelle Bibbia Ebraica o Tanakh cominciarono ad essere scritti in forma ufficiale solo a partire dall’esodo babilonese nel VI sec. a.C., prima esisteva solo il messaggio che Dio consegnò a Mosè (Torah) verso la fine del XIII sec. a.C. sul monte Sinai, tramandato principalmente per via orale per settecento anni, magari con qualche scrittura di sostegno sparsa. Con l’esilio babilonese (587-539 a.C.), la storia degli Ebrei e la loro religione ebbero la prima grande cesura e rifondazione.
La scomparsa a nord del regno di Israele sotto i colpi degli Assiri, circa centocinquanta anni prima (722) e la perdita delle dieci tribù ormai politeiste, disperse, mescolate con altre etnie e con altre divinità diede luogo alla compattazione degli Ebrei del regno meridionale di Giuda (Gerusalemme) che ristabilirono i patti della prima alleanza, cominciarono a mettere tutto per iscritto e diedero vita al rinnovato Ebraismo, che da allora prese il nome di giudaico, con una chiara e definita nuova identità. Questo durò e restò immutato per più di seicento anni, fino alla fine del primo secolo d.C., ma dopo la distruzione del secondo tempio e la rivolta soffocata di Bar Kokhba, già dal secondo secolo della nostra era le accademie della comunità di Babilonia, già grande e fiorente di quella che restava in Gerusalemme, cominciarono a rivedere le Sacre Scritture, reinterpretarle, aggiornarle e completarle con tante altre argomentazioni, trattati e precetti non solo religiosi, ma anche di natura sociale, legale, scientifica ed economica; nacquero la Mishnah, la Ghemara e il Talmud tra il II e V secolo della nostra era, che divennero parti integranti delle scritture originali e che descriveremo in seguito con quanto avviene ancora ai nostri giorni.
Ma torniamo alla base, alla Tanakh e prendiamo una a una tutte le sue parti.
.1. Torah o Pentateuco, la prima legge fondamentale trasmessa da Dio direttamente a Mosè nel XIII secolo a.C., a conferma della alleanza già stipulata con Noè dopo il diluvio universale e poi con Abramo nel XIX secolo a.C., rivelando il suo nome col tetragramma impronunciabile YHWH “io sono colui che sono” e preten- dendo di essere considerato unico e solo Dio. Si ritiene che scritta interamente da Mosè sia stata tramandata oralmente fino alla stesura definitiva con vari appunti ed elaborazioni prevalentemente della tradizione Jahwista ed Eloista alla fine dell’esilio babilonese, detta anche Pentateuco dai Cristiani perché composta come detto da cinque libri che qui andiamo a raccontare.
I. Genesi Dal greco e latino “genesis”, che vuol dire creazione, origine, ma in ebraico detto “bereshit” cioè inizio dall’incipit, tratta in cinquanta capitoli la storia dell’umanità dalla creazione del mondo, da Adamo e i suoi discendenti, con speciale riguardo al popolo ebraico, fino alla migrazione in Egitto, prima della fuga verso la Terra Promessa.
Ed ecco l’intervento di Dio, che sceglie il popolo ebraico come suo popolo per salvare l’umanità da lui creata, prima con Noè, che la rigenerò con la sua discendenza, spargendola per tutto il mondo allora conosciuto attorno alla Mesopotamia, poi con Abramo a cui impose la circoncisione come segno carnale evidente di appartenenza, a seguire con Giacobbe che rinominò Israele e infine con Mosè a cui consegnò i dieci comandamenti ed altre condizioni e precetti da osservare, primo fondamento storico dello stato di Israele, con le sue leggi, costumi e leggende, come racconterò in Esodo. ??
II. Esodo Dal greco e latino ”exodus” che vuol dire uscita, in ebraico detto “shemot” ovvero nomi dall’incipit, narra in quaranta capitoli la fuga dall’Egitto e dalla schiavitù nella seconda metà del XIII secolo a.C. per riacquistare la libertà e raggiungere la terra promessa da Dio dopo quaranta anni di viaggio, e tanti scontri e sofferenze durante il percorso e nel deserto.
Pur contenendo racconti e fatti leggendari, miracolosi e incredibili, quali il salvamento di Mosè dalle acque da parte della figlia del faraone, le dieci piaghe per indurre il faraone a lasciarli andare, il bastone che si fa serpente, lo sgorgare di acqua dalle rocce, la discesa della manna dal cielo, le acque del mar Rosso per far scampare gli ebrei, restano tracce storiche di migrazioni dall’Egitto di popolazioni legate forse agli Hyksos di cui parlano tra gli altri Erodoto, Flavio Giuseppe e Diodoro Siculo.
I temi teologici affrontati nel libro dell’Esodo ne fanno uno dei fulcri della dottrina religiosa espressa nel Pentateuco: il valore salvifico della liberazione dall’oppressione egiziana, l’istituzione della Pasqua, la teofania sul Sinai, con la trasmissione delle leggi e la codificazione dell’alleanza tra Dio e il popolo eletto, temi centrali delle religioni ebraica e cristiana.
III. Levitico Sempre da greco e latino, ma che in ebraico è detto “vayikra” cioè e chiamò , come da incipit, è composto da 27 capitoli, scritti in ebraico, contenenti quasi esclusivamente leggi religiose e sociali ad uso dei sacerdoti e dei Leviti, che Mosè diede agli Ebrei durante il soggiorno nel deserto del Sinai (1250-1210 circa a.C.), sembra essere il libro più certo ad essere stato scritto da Mosè stesso, anche se tramandato con tanti scritti di epoche diverse fino alla reda- zione definitiva dopo l’esilio babilonese del VI secolo a.C..
Il nome deriva dai Leviti, membri della tribù di Levi, uno dei dodici figli di Giacobbe, ai quali era affidato il compito di sorvegliare il tabernacolo e il tempio e di occuparsi dei servizi sacri relativi ai sacrifici, al sacerdozio, alla consacrazione dell’altare e alle feste. Contiene tutti i rituali del culto e le norme per essere “santi”, perché Dio è “santo”, con precetti, obblighi e proibizioni, l’espiazione (yom kippur), la legge del taglione, ricompense e pene per la non osservanza e il peccato.
Nonostante il Levitico sia un’opera a prevalente carattere legislativo, i molti precetti contenuti fanno riferimento a concetti teologici di primaria importanza nel panorama religioso ebraico e cristiano, specialmente con riguardo ai riti liturgici quali il sacrificio, il peccato, la purità e la santità che ne fanno un’opera centrale per la comprensione delle dinamiche etico-sociali della cultura ebraica delle origini .
IV. Numeri Così detto in greco e latino perché comincia con la decisione di un censimento, anche se in ebraico è intitolato “bemidbar” cioè nel deserto, sempre secondo l’incipit. Scritto in ebraico nel VI-V secolo a.C. in Giudea sulla base sempre di precedenti tradizioni orali e scritte, è composto da trentasei capitoli che descrivono la storia degli Ebrei durante il loro soggiorno nel deserto del Sinai dopo l’uscita dall’Egitto e prima di entrare nella Terra Promessa . Sono descritti gli spostamenti, i problemi, gli scontri con le popolazioni ostili incontrate e i conflitti interni, come la rivolta del popolo e la venerazione del vitello d’oro e infine l’opposizione trovata ad entrare nelle terra di Canaan una volta raggiunta, anche se era quella promessa da Dio.
Il libro può essere diviso in tre parti: - censimento della popolazione nel deserto del Sinai, che dà il titolo e preparazione per la marcia - racconto de viaggio fino alle steppe del Moab (ad est del Giordano) - avvenimenti nella piana del Moab prima del passaggio del fiume Giordano per un totale di circa trentanove anni.
Notevole oltre alle ribellioni del popolo quella di Core, della tribù dei Leviti, ed altri della tribù di Ruben che insorsero contro Mosè e suo fratello Aronne per contestare le loro autorità sacerdotali, tutti castigati dal Signore perché allontanati dall’osservanza e dalla fede in Dio.
V. Deuteronomio In ebraico è detto “devarim”, cioè parole, sempre secondo l’incipit, in greco e latino invece significa seconda legge, per il compendio e la ripetizione di leggi già presenti in Esodo. Scritto in ebraico, sempre alla fine dell’esilio babilonese sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte e composto da trentaquattro capitoli , descrive ancora la storia degli Ebrei durante il loro soggiorno nel deserto del Sinai fino alla morte di Mosè e contiene varie leggi religiose e sociali.
Tutta la storia seguente del popolo ebraico in senso religioso e civile è continuamente rivista e completata con trattati di tutti i generi scientifici, agricoli, astrologici e altri usi e costumi da conoscere e rispettare. E qui giocano gli scritti dei profeti e agiografi e filosofi, fino ai nostri giorni, come diremo in seguito.
Seconda legge perchè è quella che Mosè consegna al popolo prima di morire e dopo la prima ricevuta sul monte Sinai e si orienta a regolare la vita degli Ebrei, che da nomade sarebbe divenuta sedentaria di lì a poco, con l’entrata finalmente nella Terra Promessa. Porta anche la nomina di Giosuè a suo successore per la guida del popolo dopo la sua morte, oltre a leggi aggiuntive relative al comportamento di fronte al crimine, specialmente dell’empietà, punita con la morte per lapidazione, una morte “pura”, data da tutto il popolo senza contatto fisico, attraverso il lancio di pietre e senza giudici o esecutori specifici. Diversamente, per eseguire altre condanne a morte, occorrono almeno due testimoni e l’intervento dei giudici o dei sacerdoti, senza vendetta privata o giudizio popolare.
.2.Neviim o profeti. Sono scritti che riguardano il seguito della storia de popolo di Israele, dalla morte di Mosè (circa 1220 a.C.), fino alla costruzione del secondo tempio (circa 515 a.C.) e sono di solito divisi in anteriori e posteriori a seconda del tempo delle storie raccontate e della loro redazione. Sono libri di genere storico e in essi appaiono numerosi profeti in veste di consiglieri di corte piuttosto che di scrittori che parlano in nome di Dio.
i-Profeti anteriori o libri storici
-Libro di Giosuè: descrive in ventiquattro capitoli la storia della conquista della terra di Canaan (Palestina), quella “promessa”, da parte delle dodici tribù guidate da Giosuè, successore di Mosè e poi dai Giudici. Scontri, vittorie e violenze con i popoli locali: Cananei, Amorrei e tanti altri lungo il fiume Giordano permettono una volta vinti con l’aiuto di Dio, di distribuire il territorio a est e a ovest del fiume alle dodici tribù di Israele, ma non senza discordie anche tra loro. Sembra che ritrovamenti archeologici facciano pensare ad una penetrazione più lenta e pacifica e a una inesistente conquista di Gerico come viene invece raccontato a seguito di uno strenuo assedio, perché allora disabitata.
Il racconto di Giosuè quindi è più che altro mitico e leggendario ad onore e grandezza delle gesta degli Ebrei per quasi cento anni nella conquista dei territori. I miracoli non mancano, come l’attraversamento del Giordano con le acque ritiratesi al passaggio dell’Arca dell’Alleanza, la vittoria sugli Amorrei, grazie all’arrivo della grandine e al fermo del giorno e della notte fino alla fine della battaglia, la fine della caduta della manna dal cielo, l’incontro con gli angeli di Dio, la ripresa della celebrazione della Pasqua e l’aiuto sempre del Signore per la distribuzione del territorio fra le tribù.
Fatti accettabili comunque sono quelli religiosi della circoncisione di tutti gli uomini e la conferma della venerazione e fedeltà al Dio dei Patriarchi, YHWH con la costruzione di altari in suo onore.
Poi vennero Giudici e Re e i due regni unificati
-Libro dei Giudici, sempre in ebraico come tutti gli altri, la sua redazione definitiva risale ufficialmente da fonti precedenti orali e scritte nei secoli VI e V a.C.
Composto da ventuno capitoli che descrivono la storia delle dodici tribù dal loro arrivo in terra di Canaan (1210 circa a.C.), sotto la guida appunto dei Giudici, così chiamati capi civili e militari occasionali, anche detti governatori e fino al tempo dei Re (1050), cioè nel periodo più turbolento contro tutte le popolazioni d’intorno: Edomiti, Madianiti e Filistei (o Palestinesi, vedi il sacrificio di Sansone per liberarsi di questi ultimi). E qui torna la discordanza delle date che vorrebbero retrodatare l’Esodo di circa duecento anni per concordare la durata dei Giudici di circa 480 anni biblici e non solo di circa 150, ma troppe volte 40 o multipli (gli anni di Mosè da Ietro, i giorni sul Sinai, gli anni dell’Esodo, quelli di una generazione ..) sono solo del tutto convenzionali o mitici ma non realistici.
Discrepanze emergono anche in campo storico e geografico, resta il fatto che questo libro è la sola fonte di storia del periodo dei Giudici, un po’ confuso che porta quindi alla creazione di un solo potere nelle mani di un solo re. Tanta era la confusione civile, politica, militare e religiosa (con l’avvicina- mento agli dei Baal), che Dio si adirò contro Israele: peccato, castigo, pentimento e liberazione che portò ad un liberatore: il profeta Samuele e la scelta si Saul, come primo re.
– Libri di Samuele Sono due testi, il primo di trentuno capitoli che descrivono il ministero profetico di Samuele, la scelta del primo re, Saul e la gioventù di Davide e il secondo di ventiquattro capitoli che descrivono il regno di Davide (1010-970) Da notare la figura di questo re, campione di Dio e da questi designato alla guida eterna sugli Ebrei con tutta la sua discendenza. Con Davide i due regni si uniscono e Gerusalemme diventa la capitale. Forte contro Golia e i Filistei, generoso, saggio e pio, pur coi suoi peccati (Betsabea), resta simbolo dell’Ebraismo anche per Michelangelo che lo celebra in marmo 2500 anni dopo. In questi due libri, fatti e luoghi, secondo scoperte archeologiche, sembrano più veritieri degli altri, vedi anche le tracce sulla stele di Tel Dan dell’anno 842 a.C. che fanno riferimento alla dinastia di Davide e la stele di Mesha, stesso periodo, per quanto riguarda il regno del nord col nome di Samaria.
Il resto della storia dei re continua sui successivi libri dei Re.
– Libri dei Re Sono due testi scritti in ebraico, il primo in ventidue capitoli descrive la morte del re Davide, la vita di Salomone con la costruzione del primo tempio di Gerusalemme e la scissione del regno di Israele a nord da quello di Giuda a sud, alla sua morte nel 931 a.C. anche a causa dell’inattitudine del suo successore Roboamo, ricordato anche da Dante nella sua Divina Commedia. Di rilievo la figura del profeta Elia, uno de più rilevanti dell’Antico Testamento (il mio Dio è Yahweh) e del ministero che contrastò la deriva verso il dio Baal dei suoi sacerdoti, riportando ancora una volta fedeltà al dio di Abramo con tanti miracoli. Come si narra, una volta morto Davide fu assunto in cielo e tornerà sulla terra nell’era messianica. Notevole anche la figura e i peccati del re Salomone che esercitava l’idolatria e aveva uno sterminato stuolo di mogli e concubine e non solo la sua saggezza per cui viene ricordato. Il secondo libro invece è composto da venticinque capitoli e descrive la vita e i re dei due regni divisi fino alla capitolazione di quello del nord sotto gli Assiri nel 722 e di quello del sud sotto i Babilonesi nel 587 a.C.
ii- Profeti posteriori o libri profetici Questi si dividono a loro volta in tre maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele, seguiti da dodici minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia. Coprono il periodo storico che va dal 740 al 520 a.C., tutti più che storici riportano profezie e parlano in nome del Signore del futuro popolo di Israele. Da Abacuc poi viene il nome di vecchio come il cucco, perché era sempre rappresentato come un vecchio con un lunga barba.
I profeti minori sono considerati un unico libro nella Torah degli Ebrei e contati invece separatamente nell’Antico Testamento dai Cristiani.
-Libro di Isaia (il Signore salva) contiene scritti in ebraico di autore ignoto del V secolo a.C. da tradizioni precedenti orali e scritte relative all’opera del profeta Isaia del VIII secolo a.C. per la fiducia in Dio durante la guerra contro l’Impero Assiro, quando le tribù di Israele furono sconfitte più volte e sottomesse e poi riporta le esortazioni durante e dopo l’esilio babilonese contro le idolatrie e la speranza di salvezza del popolo da parte di Dio.
In sessantasei capitoli, è la più lunga opera profetica; Isaia parla sempre in nome di Dio a mezzo di un oracolo, condanna i nemici di Israele, consola il popolo eletto, rimprovera le infedeltà di Israele all’Alleanza, ma infonde la speranza del futuro riscatto. Un intero manoscritto di Isaia è stato ritrovato tra i rotoli del mar Morto nel 1947, risalenti al I o II secolo a.C. Isaia è anche uno degli ispiratori della grande riforma religiosa, avviata poi dal re Ezechia della Giudea nel VII secolo a.C., che mette al bando le usanze idolatre e animiste, che gli Ebrei avevano adottato imitando popoli vicini, i sacrifici umani, prevalentemente bambini o ragazzi, i simboli sessuali, gli idoli di ogni forma o materiale. Condanna il digiuno, le elemosine, le ricche offerte se non seguite da una vita corretta e le forme esteriori ridotte quasi a pratiche magiche, al rispetto per il prossimo e onestà nelle cariche pubbliche.
E’ ancora oggetto di contestazione attribuire tutti i capitoli Isaia che avrebbe previsto profeticamente fatti con due secoli di anticipo, come fa Flavio Giuseppe, ma sarebbe più logico attribuirli a scrittori successivi. I Cristiani danno una enorme importanza alle profezie di Isaia e negli scritti a lui attribuiti, tanto da prefigurare gli eventi relativi alla vita di Gesù, narrati nei Vangeli; in particolare le profezie messianiche del libro dell’Emmanuele e il libro della consolazione .
– Libro di Geremia (esaltazione del Signore) Vissuto nel regno di Giuda tra il 626 e il 586 circa, composto da cinquantadue capitoli, oltre ai temi tipici dei profeti ebraici (fedeltà Dio e rinuncia agli idoli pagani) è un invito alla sottomissione degli Ebrei di Giuda all’impero neobabilonese, che non seguito dal re Ioiakin e poi da Sedecia, portò nel 597 e 587 alle deportazioni in massa e all’esilio di Babilonia, sventura come tutte le altre giustificata da Dio per i peccati del popolo e l’infedeltà ai patti e al politeismo. In verità la distruzione del tempio e la deportazione segnano la prima vera cesura col passato e il ritorno alla completa osservanza delle tradizioni antiche e ai patti stabiliti col Dio che li aveva portati fuori dalla schiavitù. L’escatologia e il messianesimo prendono il sopravvento sui superstiti.
Anche Geremia critica le continue infedeltà di Israele nei confronti di YHWH l’idolatria e altri comportamenti scorretti e le gravi ingiustizie sociali che lo portano al biasimo dei suoi stessi cittadini, come falso profeta e millantatore anche per la sua sottomissione agli aggressori babilonesi e le profezie di sventure. Il testo è caratterizzato da continui passaggi da un soggetto all’altro, da versi poetici alla prosa, oracoli e narrazioni, pur conservando una sostanziale coerenza dei temi trattati.
--Libro di Ezechiele. Redatto nel V secolo a.C., dopo il rientro dall’esilio, sulla base di oracoli precedenti attribuiti al profeta e datati all’inizio della deportazioni (597) e all’esilio in Babilonia (571), composto da quarantotto capitoli, il tema torna all’invito alla sottomissione a Dio, tanto doveva essere l’allontanamento e la trascuratezza in quel periodo a causa delle sventure. Ezechiele fu di stirpe sacerdotale, deportato dopo il primo assedio di Gerusalemme nel 597 e esercitò due ministeri, quello di sacerdote e quello di profeta, prima e durante l’esilio.
Testimone del fatto gravissimo per gli Ebrei, la distruzione del tempio, nel secondo e definitivo assedio di Gerusalemme nel 587, e come accennato già, il punto di non ritorno degli Ebrei, strettisi attorno al popolo della Giudea e al suo rigore ritrovato e nella fiducia del riscatto e di un nuovo tempio, Ezechiele è il profeta che comunica con Dio con continue teofanie senza rappresentazioni della divinità come comandato a Mosè nel primo comandamento e per Dio col popolo in esilio con oracoli, visioni e scene mimate; tante scene mimate restano lo specifico di questo profeta, forse un po’ ingenue, un po’ strane, esagerate a colpire la sensibilità dei suoi soggetti, accusati sempre di tante colpe non solo nei riguardi di Dio ma anche del prossimo, tra cui soprusi, incesti, violenze, usura, non rispetto del sabato e quindi causa di tutti i guai e per questo soggetti a punizioni esemplari e stragi da parte degli angeli.
E qui tornano i fatti e le punizioni che Dio ha distribuito nel tempo da Noè col diluvio universale, a Lot con la distruzione di Sodoma e Gomorra, con la durissima requisitoria contro Gerusalemme “donna di origini oscure, resa regina da Yhwh, ma caduta in superbia e datasi prostituta ai popoli vicini, (idoli), che solo con la redenzione dopo la punizione, tornerà a risplendere “ Terribile l’accusa di indulgere alle pratiche dei Cananei, una volta arrivati nella Terra Promessa, anche per l’offerta dei propri figli al fuoco sacrificale e l’annuncio della spada che farà strage di quanti si sono allontanati da Yehwh.
I profeti minori, detti anche i dodici profeti
Sono così definiti per la brevità dei loro libri, che sono raccolti in uno solo nell’Antico Testamento ebraico, ma tenuti singolarmente in quello cristiano. L’ordine segue approssimativamente la cronologia dei profeti, non l’ordine di redazione dei testi. Il titolo originale è “Tre assar” che vuol dire appunto dodici.
..Osea (il Signore salva) Redatto nel regno di Israele attorno al 750-725 a.C. in quattordici capitoli, descrive i vari oracoli del profeta sull’amore di Dio per Israele, come quello di un marito per la moglie, che però è infedele e annuncia il castigo con la conquista Assira e deportazione (722 a.C.), anche se è pronto a riaccoglierla a braccia aperte se manifesta pentimento.
..Gioele (eterno è Dio) Redatto in quattro capitoli nel regno di Giuda tra fine VII e inizio VI sec. a.C. Gioele è definito il profeta della Pentecoste, per la profezia sull’effusione dello Spirito Santo, avveratasi il giorno della Pentecoste, o meglio dello Shavuot, come festa ebraica, celebrata cinquanta giorni dopo la Pasqua, per il pellegrinaggio a Gerusalemme. Visse durante il regno di Ioas, re di Giuda, intorno all’ottocento a.C. Nei quattro capitoli si parla dell’invasione delle cavallette, di invito al digiuno, del giorno del Signore, della predizione del Giudizio Universale che è il tema centrale, con aspetti negativi e la collera divina contro i crudeli con avvenimenti naturali quali siccità e insetti, e aspetti positivi per i giusti col dono dello Spirito. In questo contesto Gioele parla della valle di Giosafat (Yhwh giudica), per indicare il luogo dove converranno tutte le genti.
..Amos (Yhwh solleva o porta) Composto da nove capitoli, è stato redatto da lui stesso nel regno di Giuda attorno al 775-750 a.C.al tempo di Geroboamo II e descrive i vari oracoli del profeta, con inviti alla preghiera, con minacce di castighi contro la corruzione dilagante, l’ingiustizia sociale e la degenerazione del culto ed con esortazioni alla speranza. Amos era un semplice contadino e mandriano, chiamato dal Signore mentre seguiva il gregge, per predicare e ammonire il popolo che si era corrotto col benessere, colpendo anche i sacerdoti, non solo i ricchi.
Anche queste profezie si compiranno con l’arrivo degli Assiri.
..Abdia (servo di Jahvè) Composto da soli ventuno versetti redatti in Giudea dallo stesso profeta, poco dopo la caduta di Gerusalemme nel 587, contiene gli oracoli contro gli Edomiti, discendenti di Esaù, che ne avevano approfittato e la rivincita finale prevista da parte degli Israeliti.
..Giona Il profeta visse tra il IX e VIII secolo a.C. al tempo di Geroboamo II, ma gli scritti furono redatti in Giudea dopo il ritorno dall’esilio babilonese (530 ca) Composto di soli quattro capitoli, descrive la predicazione del profeta a Ninive nell’VIII sec. a.C., sottolineando l’invito alla conversione per tutti i popoli, non solo gli ebrei. Si tratta piuttosto di un “racconto esemplare”, come quelli di Tobia e Giuditta dei Cristiani; la storia racconta che comandato dal Signore ad andare a predicare a Ninive, dagli Assiri che avevano distrutto il regno del nord (Israele), il profeta invece fugge da un’altra parte, a Tarsis, ma la nave in cui viaggia rischia di affondare per la tempesta, e lui confessando di aver trasgredito a Yhwh viene gettato in mare per salvare la nave. Qui viene inghiottito da una balena che lo trattiene nel suo ventre, da dove Giona invoca pregando il Signore che dopo tre giorni e tre notti lo rigetta sulla spiaggia; pensa bene allora di raggiungere Ninive dove riesce anche a convertirne gli abitanti e Dio decide di risparmiare quella città.
Il significato della storia e dei fatti raccontati induce a pensare che se Tarsis è posta alla foce del Guadalquivir, all’estremo ovest e Ninive ad oriente, la fuga di Giona per paura è esattamente agli opposti per contraddire Dio, mentre il grande pesce è il simbolo del caos, come dal libro di Giobbe. L’argomento ha avuto immensa fortuna: con Ludovico Ariosto, nell’Orlando furioso è Astolfo a finire nel ventre di una balena, così come il conte di Munchausen e infine Pinocchio che finisce nel ventre di un pescecane. Chiaro è anche il messaggio di apertura missionaria verso i gentili, in questo caso Assiri, anziché chiudere l’Ebraismo in se stesso come ricci.
Notevole anche la parabola della pianticella di ricino sulla testa che preoccu- pava Giona; perché Dio non dovrebbe preoccuparsi dell’intera umanità?
..Michea (chi è come Yhwh?) Composto da sette capitoli, redatto tra fine 700 e inizio 600 a.C., contiene vari oracoli del profeta, con esortazioni contro l’ingiustizia sociale e l’idolatria, annunci di castigo, ma con speranza messianica (vedi quanto erano diffuse queste due colpe) se tanti profeti ne parlano. Notevole il passo 5.1 circa la nascita del Messia a Betlemme.
..Naum (consolato da Yhwh) Composto da tre capitoli, fu redatto nella prima metà del VII sec. a.C. nel regno di Giuda, contiene vari oracoli del profeta relativi alla conquista e distruzione della città di Ninive, capitale degli Assiri, che avevano già distrutto il regno settentrionale di Israele e minacciavano gli Ebrei un secolo prima, avvenuta poi veramente nel 612 ad opera dei Caldei (Babilonesi). E’ un insieme di composizioni poetiche.
..Abacuc (o Abacucco, una pianta in assiro o colui che lotta in ebraico) Composto da tre capitoli e cinquantasei versetti, fu redatto tra fine VII e inizio VI sec. a.C. in Giudea, contiene vari oracoli del profeta con ripetute esortazioni alla fedeltà a Dio, nonostante le avversità: certamente le aggressioni degli Assiri che avevano già distrutto il regno del nord e dei Babilonesi che lo stavano per fare con quello del sud, oltre alle solite cattiverie interne. Abacuc in fondo riconosce la giustizia di Dio e ne tesse le lodi. Si ha notizia di commenti alle profezie di Abacuc anche dal ritrovamento dei rotoli del mar Morto del 1947. Secondo una tradizione medievale le spoglie di Abacuc sarebbero nella cattedrale di Nocera inferiore in Italia. Secondo alcuni etimologi le espressioni italiane “vecchio come il cucco” o “vecchio bacucco” derivano proprio da Abacuc, perché egli viene spesso rappresentato come un vecchio con una lunga barba.
..Sofonia (colui che Dio protegge o nasconde) Scritto dal profeta che operò al tempo di Giosia, re di Giuda, tra il 640 e 609 a.C., il libro, composto da tre capitoli contiene vari oracoli del profeta, relativi a esortazioni agli Ebrei, al giudizio delle nazioni e promessa di restaurazione. Si annuncia la venuta di Yhwh e del suo giudizio sul popolo ebraico, che ha seguito i pagani e commesso cattive azioni, come al solito idolatria, e violenza dei potenti: principi, sacerdoti, giudici e profeti che sono divenuti oppressori.
Sofonia si rivolge anche ad altre popolazioni come i Filistei, i Moabiti, gli Etiopi e gli Assiri. Solamente gli umili resteranno vivi e sicuri sotto la protezione di Dio. Allora si minaccia il castigo, (non solo la previsione del destino di salvezza col Messia) con l’arrivo di un cataclisma cosmico e toccherà tutto ciò che vive sulla terra, un po’ come sarà rappresentato nell’Apocalisse di Giovanni. La descrizione del giorno di Yhwh ha ispirato il “dies irae”
..Aggeo Composto da due soli capitoli, redatto in Giudea attorno al 520 a.C., contiene vari oracoli del profeta con esortazioni agli Ebrei di ritorno dall’esilio, come richiesto da Dio, a ricostruire il tempio di Gerusalemme, distrutto 67 anni prima dai babilonesi, e testimonianti la speranza messianica. Solo dopo il Signore darà di nuovo fertilità alla terra.
..Zaccaria (Yhwh si ricorda, cioè delle preghiere per avere un figlio). Nel 500 a.C. sembra fosse capo della famiglia sacerdotale di Iddo. Il libro di quattordici capitoli si compone di due parti ben distinte: i primi otto (o protozaccaria) contengono un serie di visioni relative al ritorno del popolo di Dio in Gerusalemme e accompagnano la ricostruzione del tempio dopo l’esilio babilonese. I seguenti sei capitoli, invece (o deuterozaccaria) contengono visioni diverse e riguardano la venuta del Messia, gli ultimi giorni, la riunificazione di Israele e l’ultima guerra, ma vengono considerati una aggiunta fatta quasi due secoli dopo (IV sec. a.C.).
..Malachia E’ l’ultimo dei profeti minori, vissuto nel V sec. a.C. e considerato pertanto il sigillo dei profeti. Il libro è costituito di quattro capitoli : Yhwh o il suo profeta lancia una affermazione che viene discussa dal popolo o dai sacerdoti sviluppata con minacce e promessa di salvezza. I due temi principali, oltre alla lotta contro l’idolatria sono le colpe culturali dei sacerdoti e dei fedeli e lo scandalo dei matrimoni misti e dei divorzi.
Anche Malachia profetizza una visione escatologica e la venuta di un messaggero del Signore a discernere gli empi e i fedeli.
.3. Ketuvim o Scritti Agiografici Sono un terzo gruppo di tredici libri che compongono l’Antico Testamento. Scritti per ultimi tra il III sec. a.C. e il II sec. d.C., non sono di natura profetica come i Neviim, ma sono Salmi, cioè inni di vario genere, lodi o suppliche o meditazione sapienziale, didattici o etici, libri di saggezza, annali storici.
..Libro dei Salmi (anche detto Salterio) Redatto nella forma finale in Giudea, forse alla fine del III sec. a.C., raccoglie testi di varia origine scritti da autori nei secoli precedenti a partire dal salmo più vecchio risalente con l’inno al sole egiziano al XIV sec. a.C., ed è composto da centocinquanta capitoli. I Salmi erano in origine inni accompagnati da strumenti musicali nei luoghi sacri, poi diventarono suppliche, preghiere e ringraziamenti da recitare anche senza canti e musiche come espressione tradizionale di sentimento religioso. Gran parte dei Salmi vengono attribuiti al re Davide, quindi prima di essere redatti dovevano essere stati tramandati per circa 5 o 7 secoli; si narra la vita di Davide con una raccolta di istruzioni e norme come nella Torah.
In età moderna i Salmi sono resi popolari dal movimento Restafarianesimo in Etiopia, dove sopravvive la chiesa Copta che era in Egitto la comunità cristiana più antica e più numerosa del mondo arabo. I Salmi sono per il Giudaesimo il testo della fede pura per eccellenza e il fondamento del concetto del pietismo ebraico perchè non nega l’umanità e la sua imperfezione, non nega le colpe, ma implica la redenzione e la funzione messianica e posseggono un grande valore spirituale e poetico. I Salmi sono tenuti in grande considerazione anche nel Nuovo Testamento dai Cristiani che ne hanno fatto la loro preghiera ufficiale.
..Proverbi In realtà il termine ebraico vuol dire piuttosto tradizione, perché sono scritti che comprendono poemi di contenuto religioso e morale e satire, oracoli, sentenze popolari, massime, indicazioni di carattere sessuale e consigli matrimoniali per ogni età e tanto altro sulla vita umana.
Il libro costituito da trentuno capitoli, è diviso in nove parti, di cui due attribuite al re Salomone, ha avuto la redazione finale in Giudea nel V sec. a.C., raccogliendo testi composti da vari autori, a partire dai secoli XI e X del periodo monarchico.
Voltaire ebbe a criticare aspramente le parti relative a Salomone, come una raccolta di massime triviali, tanto da mettere in dubbio l’attribuzione ad un re così illuminato come lui.
..Giobbe (il perseguitato). Secondo il profeta del VI secolo Ezechiele, Giobbe fu un uomo dell’antichità rinomato per essere un giusto, perciò l’autore del libro potrebbe averlo scelto per una parabola che lo vede esempio di rettitudine, fedeltà e tanta pazienza, virtù per cui ancora oggi è noto. Fu attribuito a Mosè, ma la data più accreditata della sua redazione risale a dopo l’esilio babilonese, quindi molti secoli più tardi, tra VI e II secolo a.C. Composto da quarantadue capitoli che descrivono la storia del saggio Giobbe la cui vita è provata da tribolazioni inspiegabili, con ampie meditazioni sul perché Dio permetta il male all’uomo giusto, ma come al solito il tema è sempre ripetuto nella storia degli Ebrei, come un prova che Dio pretende dal suo popolo per garantire la sua alleanza, che Dio è troppo lontano dall’uomo perché questi possa capirlo e giudicare il suo operato e lasciando però sempre la speranza di un redentore che riscatterà il male e renderà grazia all’uomo giusto per il male subito e sopportato. Questo si legge in Deuteronomio, Levitico, Giudici e Re, oltre ai profeti (Ezechiele); questo ritorna nel Nuovo Testamento e nelle lettere di Paolo, Tommaso d’Aquino come prova di fede e merito della ricompensa futura.
.. Meghillot sono cinque trattati di carattere dotrinale e liturgico che vengono letti durante le festività, dal Cantico dei Cantici a Ester compresi.
..Cantico dei Cantici E’ attribuito a Salomone, celebre per la sua saggezza, per i suoi canti e per i suoi amori, il testo non fu composto prima del IV secolo a.C. ed è uno degli ultimi accolti nel canone della Bibbia cristiana, un secolo dopo la nascita di Gesù Cristo; è composto da otto capitoli contenenti poemi d’amore in forma di dialogo tra Salomone e una donna, è il più sublime dei cantici anche detto di Salomone re d’Israele, del X secolo a.C. concepito con la costruzione del primo tempio di Gerusalemme. Il tema è un’esaltazione poetica dell’attrazione amorosa, del desiderio e della soddisfazione carnale tra due amanti. La descrizione dei sentimenti, le immagini, il trasporto amoroso raggiungono una lirica poetica e coinvolgente e di straordinaria bellezza non priva di sfumature sensuali ardite ed erotiche che però non pregiudicano il carattere sacro del cantico in quanto l’amore carnale tra i due amanti per l’autore ha origine divina. Per la santità del contesto e del suo valore simbolico, un significato più ampio viene dato da questo rapporto umano alla metafora di tutta la Torah e del legame tra Dio e il popolo d’Israele. Molte comunità ebraiche usano recitarlo prima della preghiera del sabato (shabat).
..Rut Redatto tra il V e II sec. a.C. ad opera di autori ignoti, probabilmente in Giudea, il libro descrive in quattro capitoli la storia al tempo dei Giudici (XII secolo a.C., cioè quasi mille anni prima) della non ebrea (perché gentile e moabita) Rut, modello di pietà e bisnonna del re Davide. Rimasta vedova di marito ebreo segue sua suocera e sposa un suo parente, dando origine alla stirpe di Davide. L’importanza del libro è quella della universalità della salvezza che arriverà per Israele attraverso la discendenza da una donna straniera (moabita), proprio in un momento in cui il rapporto con gli stranieri è considerato pericoloso per la contaminazione religiosa.
All’epoca della redazione, dopo l’esilio babilonese, cominciava a consolidarsi per di più la fede in un messia discendente da Davide, che sarebbe venuto per la salvezza di Israele; la salvezza viene dall’esempio, dall’amore di Rut per la suocera e la famiglia acquisita, dalla sua vita che diventa un modello per il popolo di Israele in un momento di diaspora. Il libro si chiude proprio con la genealogia che consacra quanto già stabilito da Dio con la discendenza della casa di Davide alla guida eterna del popolo ebraico in modo da contrastare le radicali riforme volute da Esdra e Neemia dopo l’esilio babilonese, contrarie ai matrimoni misti. Per gli Ebrei il testo viene letto e commentato alla festa di Shavuot, cinquanta giorni dopo Pesach (Pasqua ebraica), mentre nella tradizione cristiana è letta spesso nel contesto dell’avvento perché Rut è considerata antenata di Gesù Cristo e i fatti narrati si svolgono a Betlemme, citata dall’evangelista Matteo come luogo di nascita di Gesù e predestinato come Messia.
..Lamentazioni Attribuito al profeta Geremia, scritto al tempo della conquista di Gerusalemme e la distruzione del tempio da parte dei Babilonesi nel 587 a.C., è composto di cinque capitoli contenenti vari inni poetici che descrivono la desolazione di Gerusalemme distrutta e in preda alla miseria, alla confusione, alla fame, vista come castigo divino per i peccati degli Ebrei. Le lamentazioni riguardano quindi tutte queste situazioni procurate da Dio al suo popolo per le sue infedeltà e descrivono le atrocità, la carestia e la morte, piangono per la distruzione del tempio, ma terminano sempre e ancora con la supplica e la speranza di Sion, nella misericordia divina.
..Ecclesiaste (in greco), o Qohelet, radunante (in ebraico). E’ un testo redatto tra il V e III sec. a.C. ad opera di un autore ignoto che afferma essere il re Salomone, composto da dodici capitoli contenenti meditazioni sulla vita, molte delle quali sono fatte con un tenore pessimistico e di rassegnazione. Qohelet vuol dire anche animatrice, colei che chiama il discorso.
Nel libro viene esposto in forma dialettica un contraddittorio tra il bene e il male e se la morte è l’unica conclusione della vita, allora tutto sembra vano e Qohelet suggerisce di avere fiducia nel padre e seguire le sue indicazioni. Tutto è cosa vana, fatua “vanitas vanitatum”. Anche qui Voltaire, come già fece altrove per Salomone, critica pesantemente l’opera come di un materialista sensuale e stanco dei piaceri, disgustato dalla scienza, meravigliandosi. Qohelet tra l’altro però tratta fatti scientifici come il ciclo idraulico dell’acqua che prima cade dal cielo, scorre nei fiumi e infine torna al cielo come nuvola, ciclo che fu scoperto e descritto solo molto tempo dopo, nel XVII secolo d.C.
Delle vanità parleranno in seguito Petrarca, Schuman, Brahms, nonché Angelo Branduardi il cantautore ed altri scrittori e musicisti.
..Ester (in ebraico io mi nasconderò) Ragazza ebrea di nome Adassa (mirto), che prese il nome di Ester quando entrò nell’harem del re, o Ishtar, la dea babilonese dell’amore, della fertilità, ma anche della guerra, e pure associata al pianeta Venere. La storia di Ester che diventa la favorita del re persiano Assuero o Serse che la fa regina, racconta gli intrighi di corte che volevano portare alla distruzione di tutti gli Ebrei, fino allora tollerati e l’intervento di Ester che riesce a sventare un complotto contro di lei, convince il re suo sposo a revocare l’ordine dato e lasciare che gli ebrei combattessero contro chi insidiava loro e tramava anche contro il regno. La vittoria degli ebrei e la loro salvezza è celebrata nella festa di Purim.
Ester risultò donna eroica che salvò il popolo ebraico e fu strumento della volontà divina e come tale sacra per gli ebrei
..Daniele (Dio giudica) Questo libro è posto dagli Ebrei tra gli scritti storici, anziché tra quelli profetici, pur essendo profeta Daniele; fu redatto da lui stesso nel VI secolo a.C. durante l’esilio babilonese. Daniele dai Cristiani viene considerato come l’ultimo dei quattro grandi profeti e ritenuto santo perché il suo libro è ritenuto contenere profezie su Gesù Cristo; la maggioranza degli studiosi oggi però ritiene sia opera pseudoepigrafa scritta nel 165 a.C.. La saggezza di Daniele in esilio conquista la fiducia del re Nabucodonosor che lo fa funzionario di corte e interprete dei suoi sogni. La sua reputazione continuò sotto il re persiano Ciro, che sconfisse i Babi- lonesi, ma per congiure religiose istigarono suo figlio Dario a condannare Daniele ai leoni che miracolosamente come si sa non lo sbranarono, cosa che fecero invece contro i suoi aguzzini, gettati poi nella fossa al suo posto. Daniele quindi prosperò anche sotto i Persiani con tutta la parte di popolo ebraico rimasta in Babilonia. Daniele ebbe visioni e fece profezie he furono interpretate come l’arrivo di Gesù Cristo, “il figlio dell’uomo” e nel vangelo di Matteo Gesù cita Daniele definendolo profeta. Secondo Flavio Giuseppe Daniele fa parte della stirpe regale di Davide. La storicità di Daniele comunque è dubbia e discussa.
..Esdra e Neemia (conforto di Yhwh). Sono due libri, considerati uno solo dagli Ebrei, scritti tra il IV e III sec. a.C., il primo di dieci capitoli e il secondo di tredici, trattano anche loro la tragedia della conquista di Gerusalemme, la distruzione del tempio e la deportazione in esilio in Babilonia. Sono i due principali personaggi della restaurazione della comunità giudaica a Gerusalemme dopo l’esilio: Esdra era un sacerdote e scriba che ebbe il permesso di tornare nel regno di Giuda nel 458 a.C., Neemia era il coppiere del re Artaserse I e a lui si deve la restaurazione edilizia delle mura nel 445 a.C. e anche quella sociale e religiosa della nazione. La narrazione ha inizio con l’editto di Ciro del 539, che metteva fine all’esilio, il ritorno dei primi esiliati, la ricostruzione del tempio, nonostante l’opposi- zione dei Samaritani che ne volevano fare un altro e altrove.
La caratteristica dei due libri sta nella citazione di documenti ufficiali provenienti dalla corte persiana, a cui si aggiungono altri documenti di origine ebraica. Ha dunque origine quella riforma di vita che conduce il popolo d’Israele alla compattazione e alla resistenza ai pericoli esterni e con la guida dei profeti Aggeo e Zaccaria ad un avvenire messianico. A Esdra si attribuisce la legge per il divieto a matrimoni con gentili (pagani) per difendere le tradizioni religiose e la lettura trisettimanale della Torah; fu considerato un secondo Mosè. Neemia avrebbe continuato l’opera di Esdra.
..Cronache I e II (cose dei giorni) Sono due libri, considerati anche questi uno solo nella Bibbia ebraica, redatti tra il IV e III sec. a.C. e rappresentano una rielaborazione della storia degli Ebrei già raccontata negli altri testi storici e a cui spesso fanno riferimento, (libri di Samuele e libri dei Re), ma con una maggiore attenzione agli aspetti religiosi: tutto ruota infatti attorno al tempio di Salomone, al culto, al trasporto dell’Arca dell’Alleanza in Gerusalemme diventata il centro della sacralità con l’unione dei due regni e delle 12 tribù di Israele.
Il primo libro è composto da ventinove capitoli con varie genealogie da Adamo a Davide e il suo regno, il secondo è composto da trentasei capitoli, descriventi il regno di Salomone figlio e successore di Davide e la storia del regno di Giuda, la sua distruzione, l’esilio babilonese e il rientro in patria alla fine del VI secolo a.C.
Come si vede, dopo la fuga dalla schiavitù egiziana e l’arrivo alla Terra Promessa con l’aiuto del Signore, il continuo richiamo a questi tragici fatti del VI secolo a.C. sono la prima chiave di volta della stori del popolo ebraico, della sua religione che da questo momento sarà resa scritta e consolidata e diventerà giudaica piuttosto che ebraica, prima e oltre la definitiva distru- zione romana dovuta all’imperatore Tito (70 d.C.), poi Adriano (135 d.C.). Da notare che le genealogie trattate sono riprese nei vangeli di Matteo e Luca per riportare Gesù indietro fino ad Adamo e ricollegarlo a tutta la storia della salvezza a lui precedente. Nel nostro caso la rappresentazione genealogica fatta dopo l’esperienza babilonese era finalizzata alla conferma di una storia di una identità andata perduta col caos delle ingerenze assiro babilonesi, delle deportazioni e della mescolanza con diverse popolazioni, usanze, religioni.
E qui finiscono le Sacre Scritture fondamentali relative alla Bibbia Ebraica, o Antico Testamento, ma accettate anche dai due monoteismi che a questo seguirono: il Cristianesimo e l’Islam.
Con l’era cristiana, a partire dal primo secolo in poi tanta opera sarà sviluppata da rabbini, da filosofi e studiosi per un rilettura, una nuova interpretazione e una revisione con un adattamento continuo e preservare però la propria identità anche a fronte del nascente Cristianesimo.
A cominciare dalla seconda metà del primo secolo d.C. e dopo la distruzione del secondo tempio di Gerusalemme (70), dunque al cospetto di tante ostilità e minacce politiche e religiose contro gli Ebrei e l’Ebraismo e tanta confusione e dispersione di popolo, vengono alla ribalta nuovi testi che più si confanno ai nuovi tempi e danno più chiari precetti e leggi e informazioni scientifiche e norme di comportamento civile e religioso adatte al ricompattamento.
Dagli studiosi, maestri o rabbini delle comunità ebraiche fiorenti già in Alessandria, ma specialmente a Gerusalemme e Babilonia (su tutte) vengono riletti, studiati, reinterpretati e rielaborati come esegesi i Testi Sacri originari, dando luogo ad altri testi sacri, primo fra tutti il Talmud, (insegnamento, discussione, studio), nelle sue due versioni: di Gerusalemme, redatto in Galilea a Tiberiade tra III e IV secolo, poi quello di Babilonia (più importante del primo), redatto tra III e V secolo d.C..
Dei tanti rabbini nel corso dei secoli e della storia dell’Ebraismo, quelli operanti nel periodo IV-V secolo per la stesura del Talmud furono detti Amoraim, cioè coloro che parlano al popolo o ne sono portavoce e interpreti mentre quelli che li precedettero nel III secolo furono detti Tannaim o insegnanti, mentre quelli che infine redassero il testo definitivo furono detti Savoraim, o opinanti, nelle due forme: Halakhah o via da seguire secondo le vie legali e Haggadah, racconti di episodi come esempi e parabole.
Il Talmud babilonese, secondo solo alla Bibbia (se la Sacra Scrittura è il sole, il Talmud è la sua luna che ne riflette la luce), è composto di due parti:
i..Mishnah (studio a ripetizione), redatta dal rabbino Yehuda HaNasi (Giuda il principe) nel 217 d.C., in un momento in cui la persecuzione degli Ebrei e il passare del tempo mettevano a rischio la tradizione orale della Torah dei Farisei, iniziata nel periodo del secondo tempio, cioè tra il 536 a.C. e il 70 d.C., consiste in sei ordini, ciascuno dei quali contiene 7-12 trattati (63 in tutto) di varia natura: religiosa e civile. Il Talmud stabilisce che la Torah contiene 613 “mitzvot” o precetti, di cui 248 sono comandamenti positivi o obblighi, come per esempio la circoncisione e 365 sono comandamenti negativi o divieti. Questi due numeri hanno inoltre significato simbolico, in quanto si dice che 248 rappresenti il numero delle ossa del corpo umano e 365 sono notoriamente i giorni dell’anno e anche i legamenti che collegano tra loro le ossa o anche che con le nostre ossa dobbiamo compiere le 348 azioni prescritte e che ogni giorno dell’anno dobbiamo impegnarci a non violare i 365 precetti negativi. Dei mitzvot daremo più tardi lista e descrizione fatte da Maimonide alla fine del XII secolo d.C..
ii..Ghemara (studiare, completamento) Nasce dopo la Mishnah in quanto aggiunge commentari rabbinici e discus- sioni sull’ interpretazione della Mishnah e completa il Talmud nelle due versioni gerosolimitana e babilonese. Il Talmud, redatto dagli studiosi rabbinici come revisione e reinterpretazio- ne della Torah, nei secoli IV e V d.C. è continuamente posto sotto aggiorna- mento per adattarsi ai tempi e ai luoghi e rappresenta come detto il secondo libro sacro per importanza dopo solo la Bibbia.
Fu concepito dagli studiosi di Giudea (versione erroneamente detta di Gerusalemme perchè fu redatta in Galilea) e di Babilonia tra il III e V secolo, dopo Mishnah e Ghemara, per far fronte allo sbandamento ebraico dopo la distruzione del secondo tempio da parte dei romani nel 70 e alla soffocazione della rivolta di Bar Kohkba nel 135, sotto l’imperatore Adriano che frantumò definitivamente la nazione ebraica causandone la grande diaspora, disper- dendo gli ebrei in tutto il mondo.
Dalla fine del I secolo d.C. si era già cominciato a dare una ricostituzione dei testi sacri e una ufficializzazione attraverso un “canone” di classificazione per far fronte oltre alla confusione tra la popolazione e creare un consolidata identità etnica e religiosa da esercitare e difendere anche avverso i Cristiani, allora una ramificazione che si veniva vieppiù affermando con profondi distinguo e ufficialmente in tutto il territorio dell’impero con Costantino e Teodosio e infine con dispute tra Ebrei e Cristiani e tante censure.
Il messaggio del Talmud come accennato già si presenta in due forme: quella dell’ Halakhah, via da seguire, che riguarda le prescrizioni legali e quella della Haggadah, (racconto) consistente in episodi e/o parabole di esempio, come sarà ripreso poi nei Vangeli cristiani e nella Sunna islamica. L’insieme, oltre all’aspetto legale, costituisce una vera enciclopedia delle conoscenze dell’epoca: matematica, medicina, astronomia, agricoltura, economia etc.. Nel tempo il Talmud babilonese edito un secolo dopo, più corposo ed esaustivo ha eclissato quello definitivo di Gerusalemme ed è considerato come il solo canonico e normativo, base e riferimento da allora per tutte le generazioni . La sua struttura è composta come la Mishnah di sei parti per un totale di 63 trattati che coprono ogni piano dell’esistenza di Dio, dalla creazione delle creature e dell’uomo. Le due versioni, di Giudea e di Babilonia, sono distinte per la lingua (aramaico), contenuti e completezza delle argomentazioni affrontate. Quello babilonese è più ponderoso in tutte le parti e quindi ha preso il sopravvento, ma quello di Gerusalemme è in corso di attualizzazione e completamento per dare una origine più sacra territorialmente (Israele).
La prima edizione completa del Talmud Babilonese fu stampata a Venezia da Daniel Bomberg nel 1520/23 senza censura cristiana, molte altre ebbero luogo con rettifiche e censure nei secoli che seguirono in varie lingue in Europa per avere una maggior diffusione. Molti commentari furono comunque necessari nel tempo per far capire meglio il Talmud, spesso criptico e difficile da capire. Si ricorda il primo del X secolo di Gershom ben Yeuda, poi il migliore, quello di Rashi Salomon dell’XI secolo e poi ancora quelli Askenaziti del medio evo, noti come Toseft o addizioni, supplementi, seguiti dallo studio Pulpil (analisi accurata) e dai commentari Sefarditi ed altri fino ai nostri giorni.
Il Talmud comunque è stato condannato come conseguenza diretta dell’antisemitismo operato dalla Chiesa Cattolica fin dal VI secolo d.C. con l’imperatore d’oriente Giustiniano e quella protestante fino al 1800 con tanti falò nelle piazze d’Europa, perché considerato erroneo e contenente arbitrarietà, favole, bestemmie e messaggi anticristiani, diversamente dal tradizionale Antico Testamento, incorporato dai cristiani nella loro bibbia. Questo stato di cose fu superato infine col concilio Vaticano II nel 1965.
Il canone ebraico delle Sacre Sritture venne definito nel I secolo d.C.. Il fulco della fede israelita è la Shema’ preghiera contenuta nel Deuteronomio (6,4): “ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”. La fede monoteista si incentra nell’affermazione che offre di sé in Esodo: “io sono l’essenza dell’essere, io sono colui che sarò” Questo sembra intraducibile perché si dovrebbe disporre di un tempo capace di rendere contemporaneamente presente, passato e futuro. Solo Dio può rappresentare questa incredibile realtà. (Pagina 81 del testo di Bruno Amadori)