Questi recinti architettonici a cielo aperto, annessi a chiese e conventi, da sempre emblemi della preghiera, della lettura e della meditazione, fioriscono in epoca medievale per poi scomparire negli anni successivi al Mille
Tra le tante bellezze di Roma non siamo abituati ad annoverare i chiostri, ossia quelle aree centrali scoperte circondate da corridoi coperti, da cui si accede ai principali locali conventuali, che traggono il nome dal concetto di clausura (dal latino claustrum = chiusura, serratura) per indicare il recinto che segnava il distacco dei monaci, in particolare dell’ordine dei Benedettini, dal secolo, dalla vita “aperta”. Eppure a Roma non mancano neppure i chiostri, tutti successivi all’anno Mille ed ovviamente ospitati da chiese, abbazie o conventi.
Per San Benedetto, nel VI secolo, i “claustra monasterii” rappresentavano semplicemente il recinto, cioè il limite al di fuori del quale i monaci non potevano andare senza il permesso dei superiori. L’idea di uno spazio porticato entro cui disimpegnare le varie parti del convento prese in realtà solidamente corpo solo nel VII secolo: esaminando solo le similitudini progettuali, esso parrebbe derivare dal peristylium delle case romane, o più probabilmente da modificazioni del paradisus, lo spazio antistante alle chiese protocristiane, nel quale si riunivano i religiosi. Di quel periodo è testimone il chiostro dei Santi Vincenzo e Anastasio, uno dei primi ad essere costruiti in Occidente.
Tutti gli altri chiostri di Roma, in realtà, indipendentemente dal fatto che siano ospitati da chiese, abbazie o conventi, sono successivi all’anno Mille. A realizzare chiostri nella città eterna anche artisti del calibro di michelangelo, Bramante, Borromini, della porta ed altri.
Di particolare bellezza è quello attiguo alla chiesa di San Paolo Fuori le Mura, con i suoi capitelli a stampella tipici delle finestre dei campanili duecenteschi e con un attraente loggiato superiore, che fu prima murato e poi, nel 1929, riaperto ad opera dell’architetto Cesanelli che gli ridiede più o meno l’aspetto che doveva avere otto secoli addietro. Non è possibile riconoscere un preciso stile dominante, poiché l'artista mostra influenze della tradizione medievale, classica, bizantina e persino etrusca - osservabile nella figura della chimera, il mitologico mostro con la testa di un leone, il corpo di capra e la coda di un serpente.
Questo gioiello architettonico cosmatesco fu realizzato Pietro Vassalletto e da suo figlio esattamente come quello della Basilica di San Giovanni in Laterano, che costituisce il più grande esistente nella città eterna (36 metri di lunghezza per ogni lato. Si tratta di una struttura ricca di intarsi musivi delle colonne che creano l’effetto di lumeggiatura tipico della scuola dei Cosmati, cioè della dinastia di artisti che caratterizzava le sue opere con particolari tecniche di intarsio a mosaico derivanti da elaborazioni di stili orientali. Le colonne binate che sorreggono i porticati sono inoltre sostenute dal “podium”, zoccolo continuo che trasforma gli stessi, lateralmente, in gallerie semichiuse. Ci si imbatte in un variegato repertorio di elementi provenienti dal mondo arabo, egizio, romano, con bestiari di stampo medioevale. L’ elemento più prezioso del chiostro è costituito dalla sontuosa trabeazione esterna, impostata su più livelli. Tanti i rimaneggiamenti subiti a causa di incendi e terremoti. L’accesso è a pagamento.
Entrambi sono ben conservati, differenza di quello della chiesa di Santa Francesca Romana, al Foro Romano, che presenta interessanti elementi romanici, così come quello, comunque suggestivo, del convento di Santa Cecilia in Trastevere, che, considerato il carattere di stretta clausura del luogo, è possibile visitare molto raramente.
Meritevole di una visita è il chiostro medievale della Basilica dei Santi Quattro Coronati al Celio, cui si accede tramite una porticina che si apre a metà della navata sinistra. Forti e leggere sono le colonne binate che sostengono il portico e sembrano custodire il giardinetto interno in cui è centrata una fontana leonina del XII secolo. Il complesso, preceduto dal campanile più antico di Roma (IX secolo), è dedicato a quattro scultori dalmati che presumibilmente si rifiutarono di scolpire le statue delle divinità pagane e furono così martirizzati dall'imperatore Diocleziano.
Questo chiostro atmosferico, il più piccolo di Roma, risale ai primi anni del 1200 ed è caratterizzato da una decorazione estremamente sobria e modesta di sicuro fascino. Osservando la muratura, si può vedere che il chiostro subì l'impatto delle vicissitudini costruttive della chiesa. Infatti, l'edificio originale del IX secolo era più grande ma quando, nel XII secolo, la chiesa fu ricostruita di dimensioni minori, parte della navata laterale divenne il lato del chiostro accanto alla chiesa. La deliziosa fontana al centro del giardino risale al IX secolo e un tempo adornava l'atrio d'ingresso della chiesa, che funge da bacino lustrale per le abluzioni.
Colonnine binate e carattere medievale si ritrovano anche nel chiostro di San Cosimato, sulle cui pareti laterali appaiono incastonati i frammenti che probabilmente appartenevano al vecchio edificio ecclesiastico, affiancato da un secondo chiostro rinascimentale in una tipica accoppiata destinata a finalità diverse. Infatti il più ampio era utilizzato dai frati per accedere alla sala capitolare, al refettorio, alla sagrestia e agli altri ambienti del convento, oltreché per dedicarsi al passeggio e alla lettura lontani dall’animato passaggio dei fedeli; l’altro, generalmente più piccolo, era invece destinato all’abate e agli alti dignitari, ed era posto di solito nei pressi della biblioteca. E’ molto frequentato, per una attesa o per due passi nel verde, da quanti devono recarsi alla Cassa o agli ambulatori dell’attiguo ospedale nuovo Regina Margherita in Trastevere.
La medesima impostazione la troviamo nella Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme: anche qui i chiostri erano infatti due, anche se attualmente non ne restano che dei monconi. Di quello più piccolo, che probabilmente fu semidistrutto nel XVI secolo per dare spazio alla costruzione di una nuova ala del monastero, restano solo tre colonne. Di quello più ampio, meglio conservato, oggi possiamo ammirare un’ala completa di colonnato.
Perfino il comprensorio del Viminale, sede del ministero dell’Interno, è dotato di un bel chiostro delimitato da grandi colonne ed arcate, con al centro un pozzo ove secondo qualche studioso, si trovano le prime scorie radioattive dell’umanità, proprio per la stretta vicinanza con la palazzina dove i famosi “ragazzi di via Panisperna” (Fermi, Segre, Majorana…) fecero i primi esperimenti di fissione dell’uranio. Questa chiostrina, per alcuni anni chiusa da pareti poi fortunatamente rimosse, chiamata dai funzionari ministeriali “della Ragioneria” per la presenza di uffici contabili dipendenti dal ministero del Tesoro, si trova i un’area attigua alla chiesa di san Lorenzo in Panisperna.
Spesso l’accesso ai chiostri prevede una autorizzazione, come per quello di Santa Sabina all’Aventino, che appare semplice, privo di ornamenti e delle lumeggiature tipiche dei Cosmati eppure non meno affascinante con il suo giardino alberato che ospita nel suo centro un pozzetto.
Di impronta più decisamente rinascimentale è il chiostro trasteverino di San Giovanni dei Genovesi, progettato probabilmente da Baccio Pontelli nella seconda metà del Quattrocento sistemando un loggiato sul portico attorniante il giardino con l’antico pozzo e un recinto che, secondo alcuni studiosi, ospitò un cimitero prima di essere rimosso , così da consentire un miglior assetto estetico del chiostro stesso. Altro chiostro rinascimentale si rinviene nella chiesa di San Salvatore in Lauro con quadriportico a due ordini, di epoca quattrocentesca. .
Spesso i chiostri , attraverso modifiche strutturali, cambiano fisionomia ed utilizzazione; non è raro il caso della utilizzazione come cimitero del monastero come nel caso di della chiesa San Giovanni Decollato, ove alloggiavano i frati fiorentini della Confraternita della Misericordia, che misericordiosamente confortavano gli ultimi momenti di vita dei condannati a morte.
Non si possono non menzionare due chiostri cinquecenteschi come quello di Trinità dei Monti, che nelle lunette dei tre bracci porta gli affreschi riguardanti la vita di San Francesco da Paola, fondatore del monastero, e quello di San Pietro in Vincoli, acquisito dallo Stato italiano nel 1870 ed oggi incorporato nell’edificio della facoltà di Ingegneria. Il portico è stato chiuso per ospitare alcune aule dell’istituto universitario, ma al centro troviamo l’immancabile pozzo, qui circondato da quattro alte colonne.
A Roma forse il chiostro più famoso è quello del Bramante attiguo alla chiesa di s. Maria della Pace, a due passi da piazza Navona, non solo per la bellezza del cortile a due ordini con le eleganti colonne superiori poggiate sulle arcate sottostanti ma anche perché sede di mostre d’arte ed incontri ed iniziative varie di cultura. Eretto su uno schema quadrato, il chiostro è costituito da due ordini sovrapposti: un ampio portico a quattro archi per ogni lato con pilastri in stile ionico dotati di capitello e base, coperture a volta, e un loggiato superiore in stile composito, con pilastri e colonne corinzie alternati che sostengono l’architrave a copertura piana. Risulta impreziosito da una linearità armonica e da una raffinata eleganza, che applica principi di armonia, rigore ed equilibrio. L’architettura come nello spirito rinascimentale attinge alla classicità.
L’impronta del Borromini, benché giovane, la troviamo nel chiostro di San Carlo alle Quattro Fontane, caratterizzato da linee flessuose e giochi chiaroscurali che segnalo i tempi del barocco. Originale la balaustra che guarda dal secondo ordine di colonne con l’interessante effetto offerto dai sostegni disposti alternativamente invertiti. Nel centro, il pozzo circondato da un sostegno in ferro battuto riprende la forma perimetrale della pianta.
Anche la chiesa di San Gregorio al Celio ha il suo chiostro , costruito nel 1630 dall’architetto Giovan Battista Soria per volontà del cardinale Scipione Borghese, realizzato completando il piccolo portico che già si trovava di fronte alla chiesa.
Un chiostro settecentesco vagamente classicheggiante di trova nella chiesa di Sant’Agostino, ubicato dietro l’abside della chiesa restaurata dal Vanvitelli, da tempo divenuto il cortile dell’Avvocatura Generale dello Stato.
Anche la chiesa di Santa Maria degli Angeli, la Basilica ricavata dalle Terme di Diocleziano, ha il suo chiostro, anzi due, raggiungibili dal Museo delle Terme (da non perdere, vero capolavoro nell’allestimento oltre che per la ricchezza e qualità delle opere esposte)
Accanto al chiostro grande, progettato da Michelangelo e ricco di staue dell'epoca romana, c’è un chiostro più piccolo e intimo, che come il fratello maggiore è decorato con centinaia di reperti del passato: a entrambi infatti si accede pagando il biglietto di accesso per le Terme, parte del circuito del Museo Nazionale Romano, uno dei più belli della Capitale.