Spesso i vocaboli che utilizziamo sono legati ad un evento, un personaggio, un aneddoto. Ogni giorno usiamo una quantità enorme di parole ed una buona parte di esse produce in noi delle emozioni positive mentre altre possono in vario modo ferirci o crearci i sentimenti più disparati,
dal disappunto alla delusione ed è comunque grazie a questo "fiume di parole", come cantavano i Jalisse, che ci relazioniamo con le persone del presente, come pure del passato, attraverso la lettura di un libro o di una lettera. Insomma l’uomo non può prescindere dalle parole, neanche nel ruolo di comunicatore informatizzato del terzo millennio che fa del PC e del cellulare gli strumenti più potenti per gestire il proprio mondo di parole. Ed in questo mare di eufemismi, neologismi, sigle, parole sdrucciole, parossitone, bisillabi, acronimi, anglicismi, latinismi ed arcaismi di ogni genere, tutti con un peso ed una valenza particolare, si annidano anche quelle non conosciute che ci mettono in difficoltà, che hanno bisogno di una attenzione o uno studio particolare per essere comprese e metabolizzate nel nostro bagaglio conoscitivo-culturale. In molti casi a soccorrerci è l’etimologia, ossia lo studio della radice e della composizione della parola ed è così che, ad esempio, se non conoscessimo il significato di tedoforo, ma sapessimo che tedos vuol dire fiaccola e foro, sempre dal greco, è voce del verbo portare (foreo), arriveremmo alla giusta conclusione che il tedoforo è “colui che porta la fiaccola”, perlopiù in occasione dei giochi olimpici.
In questa ricerca delle componenti di una parola è di sicura utilità il possesso di una buona cultura generale, ancor meglio se fondata su studi classici e sull’apprendimento del greco e del latino, lingue dalle quali provengono, com’è noto, gran parte delle parole italiane; in questo contesto è fondamentale avere padronanza dei tanti suffissi che incontriamo in migliaia di termini, come quelli che indicano abbondanza (iper) o carenza (ipo) e che ci introducono agevolmente nei significati di ipertrofia (eccesso di nutrimento) o di ipotermia (abbassamento o carenza di calore), oppure suffissi che indicano la componente di insieme (dal greco sun) che ritroviamo in sinergia (insieme di forze: sun+ergon) e sinossi (vedere con un solo sguardo un oggetto complesso, da sun+orao). Importante è pure la scissione dei contenuti nei vocaboli caratterizzati dalla a (in origine alfa) privativa o dal suffisso dis, che negano e sovvertono il significato del termine abbinato; è il caso di abulico (privo di volontà, da a+boulomai) di apnea (a+pnea = senza respiro), di atonico (privo di tono) e di disforico (senza benessere), aggettivo contrario di euforico (pieno di ottimismo) che utilizza il suffisso eu (in greco “bene”), lo stesso presente in eutanasia “la morte a fin di bene”.
Questo non è che un cauto ma già emblematico approccio all'etimologia, al potere straordinario di entrare nella parola, di comprenderne la radice e quindi il significato più autentico. Accanto ai suffissi più noti sono da tenere in considerazione un certo numero di termini di provenienza greca o latina che si trovano in un numero davvero consistente di parole che utilizziamo di frequente nel lessico moderno; ci si riferisce a logìa (studio, dal greco logos), filìa (amore, attenzione per) iatrìa (cura), a verbi come miseo (odiare) che ci spiegano i significati di biologia (bios+logos = studio della vita), pedofilia (pais+filia = attenzione, anche se "deviata", per i giovani), geriatria (geros+iatria = cura dei vecchi), misantropia (miseo+antropos = odio verso il genere umano), misoginia (miseo+ginè= odio nei confronti delle donne), misogamia (avversione per il matrimonio). Questa che affiora è l’utilità spicciola dell’etimologia, ma lo studio delle parole può darci ben altri piaceri, come quelli correlati alla scoperta che un sostantivo o un aggettivo siano legati, diciamo geneticamente, ad un evento particolare, ad una spiegazione sconosciuta o ad un personaggio; a tale riguardo è il caso del termine stentoreo che ci riporta alla voce potente e non stentata del personaggio omerico, o di stacanovista, riconducibile all’indefesso minatore russo Stakanov o di daltonico, dal chimico inglese John Dalton che per primo scoprì i disturbi legati alla percezione dei colori. Gli aggettivi del greco antico sono in verità più vicini a noi di quanto si possa pensare: conoscere il significato di macròs (grande) micròs (piccolo) polùs (molto) tachìs (veloce) bradìs (lento) megas (enorme) kalòs (bello) kakòs (brutto) o dell’avverbio tele (lontano) rappresenta una utile chiave di comprensione di un gran numero di parole, all’apparenza ostiche. In rapida sequenza analizziamo termini come macrocefalo (dalla testa grande), microscopio (strumento che permette di vedere le cose piccole), tachigrafo (strumento che legge la velocità di una vettura), bradicardia (lentezza del battito cardiaco), megalitico (costituito da pietre enormi come i dolmen di Stonehenge), calligrafia (bella scrittura), cacofonia (cattivi suoni) e televisione (vedere da lontano), ma il novero dei termini che si avvalgono di tali componenti qualificative è davvero notevole e questi si possono rintracciare negli ambiti più impensabili, dalla medicina al diritto, dal mondo dell’arte fino alla informatica di ultima generazione che pesa i documenti in termini di megabyte.
In qualsiasi contesto l'etimologia può costituire un valore aggiunto nella conoscenza e nella storia dei vocaboli: avviciniamoci ad esempio al mondo della cucina (dal latino coquinare = cuocere), ben consapevoli che la dieta non è prerogativa solo del nostro modus vivendi attuale poichè esisteva già nell'antica Roma anche se nell'accezione di regola di vita, come risulta dalla traduzione del termine greco diaita. Nei luoghi ove la donna (dal latino domina) è appunto padrona, e l'anoressico (senza appetito) non è a suo agio, il pantagruelico (dal personaggio Pantagruel di Rabelais) è ben pronto ad usare le posate ("poste" per indicare ai commensali dove sedersi) per mangiare melanzane (malum insanum = secondo i latini "mela insana") o pomodori (pomme d'amour per i Francesi che lo ritenevano cibo afrodisiaco), magari con un po' di maionese, salsa celebrativa della presa di Mahon nelle Baleari nel 1736 ad opera del buongustaio duca di Richelieu. Se si va a cena con gli amici ricordarsi che pagare alla romana non significa ripartire il conto in parti uguali ma l'esatto contrario ossia pagare ognuno in base a quanto mangiato; infatti il termine "romana" non si riferisce agli abitanti della città eterna, bensì al contrappeso della bilancia stadera, detto “romano” per la tipica forma a melanzana, che in arabo è chiamato “rumann”. La quietanza si lega al termine latino quies perchè evita conflittualità e contestazioni.
Neanche le parole inglesi di uso comune sfuggono alla lettura etimologica: basti pensare al brunch , che nasce dall'incrocio di breakfast (prima colazione)e lunch(pranzo), o allo smog, che è l'insieme di smoke and fog (fumo e nebbia), oppure al diffusissimo termine bar, che deriva dall’inglese “barrier”, cioè sbarra, quella che divideva i primi gestori delle mescite di birra dagli avventori.
La toponomastica, ossia i nomi (onoma) dei luoghi (topos) rappresenta al meglio la valenza dell’etimologia; infatti dietro al nome di una località c’è sempre una spiegazione logistica o geomorfica, un evento, un personaggio: potremmo cominciare da Roma che sembra derivare più che dal fondatore Romolo, dal termine Rumon usato dagli Etruschi per indicare il fiume Tevere. Siracusa proviene dal siculo Syraka (abbondanza d'acqua) per la presenza in zona di molti corsi d'acqua e qualcuno sottolinea la frequente presenza in loco di scirocco ed umidità. Palermo si lega a Panormos (dal greco pan.ormos tutto-porto); Trapani richiama il termine drapanon = falce, per la particolare forma del suo porto; Catania è riconducibile all’antico katane (cioè grattugia), per l'associazione con le asperità del territorio lavico su cui sorge. Caltanissetta significa in arabo (Qalat-an-Nissa) castello delle donne; Rakkusa, sempre in arabo significa "luogo famoso per un sorprendente avvenimento" ma ragusa è anche il nome del murice, il mollusco che forniva il rosso porpora. Ancona deriva dal "ankon" che in greco significa gomito, come la forma del suo porto.; Aosta fu eretta su modello dell'accampamento militare romano ed era l'antica Augusta Praetoria Salassorum; Matera deve il suo nome a “mata” (cumulo di rocce), Cosenza si spiega con il "consenso" espresso dalle altre città del Bruzio affinché diventasse la loro capitale; Genova ci riporta al latino "ienua", che significa "porta di commercio delle spezie" e quest’ultime giustificano il nome della omonima città portuale ligure. Novara è l’insieme di "nova" (in latino "nuova") ed "ara" ("altare"); Rieti in tempi remoti era Reate, che la tradizione ritiene essere stata fondata da Rea Silvia; Lucca ha a che fare con la radice celto-ligure luk, ossia "luogo di paludi"; la "liburna", una imbarcazione usata dai Romani, dovrebbe essere la radice etimologica di Livorno; anche Forlì è di origine romana (Forum Livii); Parma è il nome di uno scudo, rotondo come la forma della città; Ferrara è la terra dove si coltivava il farro; Caserta, "casa irta", non a caso sorgeva in posizione elevata, Salerno è attraversata dal fiume irno che sfocia in mare, denominato in passato "salum"; Bari viene da "brunda" che lingua messapica significa testa di cervo, come la conformazione del porto; Taranto si lega a taranta-h, che in sanscrito significa mare; Napoli era una "città nuova", nea polis in greco, mentre Viterbo (vetus urbs) era una città vecchia, esattamente come Orvieto, che ha però le componenti del nome ribaltate (urbs vetus). Camogli è la casa delle mogli, perchè i mariti pescatori, per lo meno fino a qualche decennio fa, erano di frequente in mare. La confidenza con il mondo dell’etimo a questo punto può dirsi instaurata e può lasciare il passo al livello superiore dell'etimo, quello che ci consente di toccare la storia più intima delle parole; è il caso di “scapolo” che deriva significativamente dal latino “sine capulo” ossia senza cappio; il pontefice, ancora dal latino pontem facere, si presenta come la figura ecclesiastica in grado di fare da ponte tra il terreno ed il divino; le radici della cravatta vanno ricercate nel caratteristico pezzo di stoffa in uso presso le truppe "croate" dell'esercito asburgico; il termine libro ci riporta alla parte più interna del tronco dell’albero, quella che i Romani chiamavano liber; ossimoro, la figura retorica che affianca termini in contrapposizione (un silenzio assordante), non a caso deriva dai termini greci ozùs (acuto) e moròs (ottuso), concetti inconciliabili; la terribile burocrazia è costituita addirittura da un termine francese piuttosto moderno come bureau (uffici) e da un termine greco, antico di oltre duemila anni, come cratos (potere), lo stesso che forma la democrazia (potere del popolo). Egregio è colui che si distingue, che esce dalla massa....o meglio dal gregge, se si ha riguardo alla spiegazione etimologica ex grege. Il segno zero, che in latino è chiamato zephirus, è l’adattamento dell'arabo sifr, che significa vuoto. Il conclave che elegge il papa è chiuso in una stanza a chiave (cum+clavis).
Anche in questa affascinante branca dell'uso della lingua non mancano casi particolari, dal termine simpatia, composto da sun+pathos, che, a dispetto della positiva brillantezza di carattere che richiama, si traduce letteralmente con "sofferenza insieme", al più complesso dilemma del termine "ferie" che in latino è periodo di vacanza, mentre l'aggettivo feriale, in italiano, è sinonimo di lavorativo. La spiegazione è da ricercarsi nella liturgia cattolica, secondo la quale sono detti feriali tutti i giorni della settimana, eccezion fatta per la domenica, durante i quali si celebra certamente la festa di qualche santo.
Ecco quindi la quintessenza dell'etimologia, della straordinaria capacità di entrare nell'intimo delle parole in modo trasversale, percorrendo le strade della storia, della geografia, o attraverso la vita di personaggi importanti, ed ancor più piacevolmente ancorata alla tradizione popolare o ad un aneddoto sospeso tra mito e realtà.