Posizionata al centro dell'isola Tiberina, ove un tempo sorgeva l'antico tempio di Esculapio, dio delle arti mediche, la chiesa di S. Bartolomeo all'Isola fu voluta dall'imperatore Ottone III di Sassonia dopo il 998 in onore del santo martire Adalberto, vescovo di Praga martirizzato quell'anno.
Qui furono traslate anche le reliquie dell'apostolo Bartolomeo che poi darà il nome definitivo alla chiesa, oggi monastero francescano. L'attuale pavimento cosmatesco fu realizzato in occasione dei restauri del XII secolo. Dopo la catastrofica inondazione del Tevere del 1557, che causò il crollo della facciata e della navata destra, la chiesa fu restaurata prima nel 1583 forse da Martino Longhi il Vecchio e poi nel 1623, a cui seguirono i successivi restauri del 1739, 1852 e 1976. La facciata, elaborata da Orazio Torriani, è in stile barocco a due ordini, con la parte centrale rientrante. Sull' architrave della porta maggiore i è scolpita la seguente epigrafe: TERTIVS ISTORVM REX TRANSTVLIT OTTO . PIORVM CORPORA QVIS DOMVS HEC SIC REDIMITA . VIGET ANNO DNC . INC . MILL . C . XIII . IND . VII . M . .º APL . DIE . IIII TPRE PSCL . II . PP . QVE DOMVS ISTA GERIT SI PIGNORA NOSCERE QVERIS CORPORA PAVLINI SINT CREDAS BARTHOLOMEI.
Nella basilica c’è un pozzo di epoca romana, la cui acqua è ritenuta taumaturgica. L’ antica vera di marmo che lo sovrasta è caratterizzata da un’immagine di Gesù che suggerisce a chi la guarda le parole riportate dal Vangelo di Giovanni: “Chi ha sete venga a me e beva; fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Il campanile romanico, a trifore con colonnine in marmo, fu aggiunto nel 1113. L'interno è distribuito su tre navate divise da quattordici colonne antiche con tre cappelle per lato. Nella cappella Orsini, a destra dell'abside, è inserita nella parete sinistra una palla di cannone qui caduta durante l'assedio della Repubblica Romana nel 1849. L'altare maggiore poggia su di un'antica vasca di porfido, nella quale sono deposte le reliquie di S. Bartolomeo. Dalla sacrestia si accede alla cripta, sorretta da piccole colonne tortili che recano sul capitello l'aquila imperiale di Ottone III. Adiacente alla chiesa si nota un edificio eretto in epoca medievale da cui si accede alla sede della confraternita dei Sacconi Rossi, che aveva un tempo il compito di dare cristiana sepoltura agli annegati nel Tevere e pregare per le loro anime. Tale cimitero sotterraneo decorato con gli scheletri delle persone sepolte, di norma apre nella sola giornata del 2 novembre. Nell’area antistante la chiesa sorge un piccolo monumento a guglia in marmo, del 1869, in corrispondenza del luogo dove nell'antichità era collocato un obelisco a mo’ di albero maestro di una nave, quale era concepita l'isola tiberina e quale era in parte anche effettivamente modellata. Scendendo al livello della banchina fluviale, sul fianco sinistro dell'edificio annesso alla chiesa, si conservano ancora tracce della prua marmorea della nave.
La basilica fu affidata nel 1993 alla Comunità di Sant'Egidio. A partire dal 1999 si riunì per due anni nei locali della basilica la commissione "Nuovi Martiri", che aveva il compito dovuto indagare sui martiri cristiani del XX secolo. Nell'ottobre del 2002, con una solenne celebrazione ecumenica, è stata posta sull'altare maggiore una grande icona dedicata ai martiri del Novecento. All'interno la basilica ospita le memorie e le reliquie di molti testimoni del nostro tempo, dal vescovo martire Óscar Arnulfo Romero al cardinale Juan Jesús Posadas Ocampo, ucciso dai narcotrafficanti all'aeroporto di Guadalajara, dal pastore evangelico Paul Schneider al contadino Franz Jägerstätter, oppositori del nazismo per obiezione di coscienza e testimonianza di fede, dal monaco e guida spirituale Sofian Boghiu, oppositore del totalitarismo comunista in Romania a don Andrea Santoro, prete romano ucciso a Trebisonda come il prete francese André Jarlan in Cile, testimoni del dialogo e dell'amicizia con i più poveri.