Un inizio d'anno particolare? Due passi sul “monte del mare” che domina Roma, fino all'Osservatorio astronomico. Per gran parte delle persone, vedere e toccare una conchiglia fossile, costituisce un evento raro, fuori dall’ordinario; per i ragazzi di Piazzale Clodio degli anni sessanta,
invece, quelle pesanti pietre a forma di conchiglia erano una presenza familiare, spesso utilizzata come posacenere domestico, se si trattava di un guscio di ostrica particolarmente concavo.
Monte Mario, “il monte del mare” secondo l’etimologia più corretta, prende il nome indirettamente proprio dalla presenza di questi fossili marini, segno inequivocabile della presenza del mare qualcosa come due milioni di anni fa. E il piacere di raccogliere queste tracce di un passato remoto, è stato condiviso nel tempo da persone di ogni tipo, da gente comune come da scienziati, primo tra tutti quel Leonardo da Vinci che gradiva raccogliere “i nicchi” sulle pendici del Monte (140 metri) che domina la città eterna.
Quando noi, ragazzi di piazzale Clodio senza tribunale, con pochi soldi e tanta voglia di avventura, decidevamo di rastrellare le pendici del Mons Maris, partivamo dalle “ scalette di via Golametto”, passavamo vicino al casale degli Strozzi, e, coltellini alla mano, cominciavamo a cercare e raccogliere gli ambiti trofei di due milioni di anni fa. Si recuperavano prevalentemente ostreidi, alcuni dei quali raggiungevano un peso considerevole e la grandezza di una mano aperta, ma si potevano trovare anche muricidi , ceritidi e turritellidi oppure gli inconfondibili dentalidi, a forma di piccole zanne d’elefante. Con un po’ di fortuna era possibile incappare in cardidi e petricolidi, bivalvi quasi mai interi. Dopo una pioggia la ricerca risultava certamente facilitata, infatti le sabbie e le arenarie diventavano morbide e si scioglievano abbastanza rapidamente, facendo affiorare, in maniera nitida ed inconfondibile, le sagome degli abitatori del mar di Tetide.
Massimo Spano non potrà non ricordare quel pomeriggio di circa venti anni fa, quando, nel breve volgere di un paio di ore di camminata sul nostro monte, riuscimmo a riempire un paio di buste di plastica con i gusci dei molluschi della preistoria.
A distanza di anni, vuoi per mantenere inalterato il legame con la mia casa di Circonvallazione Clodia 21, vuoi per godermi l’ineguagliabile panorama di Roma dallo “zodiaco”, vuoi per disintossicarmi dalle scorie delle inevitabili libagioni della notte di San Silvestro, ho preso la bella abitudine, nella mattinata del 1° gennaio, di fare una bella passeggiata nella riserva di Monte Mario, partendo dalla entrata di via Gomenizza, rasentando villa Mazzanti nel percorso attrezzato, fino a raggiungere l’osservatorio astronomico; una abitudine piacevole che consiglio agli amanti della natura e della città eterna, magari muniti di un coltellino ed una piccola piccozza…perchè i fossili ci sono ancora………………
Una raccolta di invertebrati fossili, in prevalenza molluschi pliocenici provenienti da Monte Mario, fu donata all'Accademia dei Fisiocritici nel 1869 da Giovanni Rigacci, noto collezionista romano. Il fascino di questo monte ha catturato da sempre l’interesse di letterati di ogni parte del mondo, da Marziale a Stendhal, da D’Annunzio a Carducci e Chateaubriand. Lo spettacolo che si può ammirare dai tornanti che portano alla sommità del monte non ha paragoni: l’imponente cupola di San Pietro, la silhouette del centro storico cittadino, le anse del Tevere ben delineate, lo stadio di calcio dell’Olimpico e il Foro Italico, solo per citare qualche bellezza. Tra i reperti fossili conservati al Liceo Visconti, una delle principali raccolte di fossili è proprio quella relativa alla malacofauna pliocenica della Farnesina e di Monte Mario, raccolta in gran parte da A. Neviani.
Leonardo ipotizzò che la collina fosse emersa dal mare, mentre io da ragazzino ero solito raccontare che si trattasse di un vulcano…………………………….