Il nostro pellegrinare di turisti in cerca di attrattive naturali ed artistiche spesso ci conduce in località ed aree segnalate come appartenenti al “patrimonio universale dell'Umanità”, World Heritage List nella accezione inglese,
una connotazione in grado di esaltare il valore di un bene che diventa in tal modo meritevole di particolare tutela ed attenzione perché “patrimonio di tutti”, indipendentemente dalla sua ubicazione. La Convenzione sul Patrimonio dell'Umanità, che costituisce la fonte di questo passaggio epocale nella valutazione dei beni naturali e culturali del nostro pianeta, è stata adottata dalla Conferenza generale dell'Unesco il 16 novembre 1972, ma l’idea di creare un movimento internazionale per la protezione di siti di importanza mondiale in realtà si può ricondurre al 1959, anno in cui i governi egiziano e sudanese chiesero al mondo intero un intervento per impedire l’inondazione dei templi di Abu Simbel e di Philae, evento inevitabile dopo la costruzione della diga di Assuan. La mobilitazione internazionale condusse alla realizzazione di un progetto di portata planetaria: i due templi furono letteralmente segati in pezzi, smontati, trasportati fuori dall'area di inondazione, e rimontati in un nuovo sito dove ancora oggi è possibile ammirarli. Questo straordinario progetto, finanziato da oltre 50 Paesi diversi, guidati da una impresa italiana, fece capire l'importanza della cooperazione internazionale per la conservazione del patrimonio culturale universale, sperimentata positivamente negli anni seguenti con interventi di assoluto rilievo realizzati a Venezia, a Moenjodaro, in Pakistan e a Borobodur in Indonesia.
Grazie ad una proposta americana, l’attività dell’Unesco, acronimo inglese di United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, fu estesa dal 1965 anche alle aree di “eccezionale valore scenico, naturale e storico”. Spetta al Comitato per il patrimonio dell'Umanità (World Heritage Committee), formato dai rappresentanti dei 21 Paesi eletti dall'Assemblea Generale, portare avanti i lavori della Convenzione, determinando l’utilizzo dei fondi disponibili, decidendo l'iscrizione o meno dei siti candidati nella World Heritage List, assumendo le determinazioni su iscrizione e cancellazione dei siti nella Danger List, ossia di quelli a rischio di degrado, come erano le moschee di Timbuctu, in Mali, messe in pericolo dall'avanzare del deserto, o gli edifici gotici e barocchi della città di Ragusa in Dalmazia, restaurati dai danni della guerra. Con interventi mirati e concordati si riuscì ad evitare anche la costruzione di un’autostrada in prossimità delle Piramidi di Giza in Egitto, ed a salvare il sito archeologico di Delfi, in Grecia da un impianto industriale. E’ da annotare come nel 2009, per la prima volta nella storia della Convenzione, il Comitato abbia deliberato la cancellazione di un sito dalla lista: nello specifico si trattava di quello della città di Dresda, in Germania. Attualmente sono membri dell'Unesco, che ha il quartiere generale a Parigi, 194 Paesi, inclusa la Palestina, ammessa nell’anno 2011 nonostante la forte opposizione di Stati Uniti ed Israele.
In base all’ultimo aggiornamento effettuato nel giugno 2011, la lista dei siti dichiarati patrimonio dell’umanità consta di 936 beni di cui 725 culturali, 183 naturali e 28 misti, presenti in 153 Nazioni differenti. A conferma del primato del nostro Paese in termini di ricchezze culturali, l'Italia è attualmente la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell'umanità, ben 47, seguita dalla Spagna con 44 siti e dalla Cina con 43.
Nel novero dei siti italiani appartenenti al patrimonio dell’umanità figurano anche le Città Barocche del Val di Noto, inserite nel prestigioso elenco nel 2002, in quanto rappresentative dell'arte e della architettura tardo barocca. Si tratta di otto centri storici (Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Modica, Scicli, Catania, Caltagirone, Militello in Val di Catania) accomunati dalla ricostruzione avvenuta dopo i due sismi che hanno distrutto alcuni gioielli dell’architettura barocca siciliana. Del patrimonio dell’umanità fanno parte, a far data dal 2005, anche Siracusa e la Necropoli rocciosa di Pantalica; se le bellezze naturali ed artistiche di quella che Cicerone definiva “la più grande città greca, e la più bella di tutte” sono da sempre note a tutti, con particolare riguardo all’area di Ortigia, meno conosciuta è la Necropoli di Pantalica, situata vicino ad alcune cave a cielo aperto, che contiene oltre 5.000 tombe a grotticella, molte delle quali databili tra i secoli XIII e VII a.C.. In questo ambiente impervio e surreale sono presenti reperti dell'epoca romana, greca e bizantina, così come resti dei piccoli oratori rupestri della Grotta del crocifisso, di San Nicolicchio e di San Micidiario. L'area considerata, che ricade nella Riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande, in realtà non fu mai del tutto abitata in epoca greca ma divenne zona di rifugio per le popolazioni indigene solo dai primi secoli del Medioevo, in conseguenza delle incursioni dei barbari, dei pirati e degli arabi. Una parte importante della storia della Sicilia è rinvenibile in un altro bene considerato come appartenente all’ intera umanità, non attribuibile né a un geniale architetto né ad un altro artista. Per rintracciarlo è necessario ripercorrere i lavori della quinta sessione del Comitato Intergovernativo dell’Unesco, che, nella riunione del novembre 2010 a Nairobi in Kenia, hanno portato alla iscrizione, nella prestigiosa lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, che annovera tra i suoi “gioielli” l’Opera dei Pupi siciliana, anche la dieta mediterranea, quale meraviglioso ed equilibrato esempio di contaminazione naturale e culturale, riconosciuta come eccellenza mondiale. Il termine “dieta” si riferisce all’etimo greco diaita, da tradurre come “stile di vita”, ossia all’insieme delle pratiche, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, delle abilità, dei saperi e dei sapori, e degli spazi culturali con i quali le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e modulato nel corso dei secoli una sintesi straordinaria tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, il rituale quasi religioso intorno al mangiare. Questa mirabile componente culturale, che ha nella tradizione gastronomica siciliana un punto di forza ed un solido fondamento, si caratterizza per un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre nel rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Tuttavia, sarebbe riduttivo ridurre la dieta mediterranea alla mera componente alimentare; infatti essa rappresenta una efficace elemento di promozione per l'integrazione e la comunicazione sociale, legandosi indissolubilmente al tradizionale pasto in comune che è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e che ha dato luogo ad un mirabile corpus di conoscenze, di canzoni, di racconti e di leggende che affascinano anche l’uomo del terzo millennio.
(L'articolo è pubblicato sulla rivista "Gli Avolesi nel mondo" luglio 2013)
I beni italiani appartenenti al patrimonio universale dell’umanità
Incisioni rupestri della Val Camonica (1979); Chiesa e convento domenicano di Santa Maria delle Grazie con L'ultima cena di Leonardo da Vinci, Milano (1980); Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e la Basilica di San Paolo fuori le mura (1980-1990) Estensione del patrimonio di Roma ai beni compresi entro le mura di Papa Urbano VIII (1990); Centro storico di Firenze (1982); Venezia e la sua Laguna (1987); Piazza del Duomo di Pisa (1987); Centro storico di San Gimignano (1990); Sassi di Matera (1993); Città di Vicenza e le Ville palladiane del Veneto (1994-1996); Centro storico di Siena (1995); Centro storico di Napoli (1995); Crespi d'Adda (1995); Ferrara città del Rinascimento e delta del Po con le delizie estensi (1995-1999); Castel del Monte (1996); Trulli di Alberobello (1996); Monumenti paleocristiani di Ravenna (1996); Centro storico della città di Pienza (1996); Palazzo Reale del XVIII secolo di Caserta, con il Parco, l'Acquedotto Carolino e il complesso di San Leucio (1997); Residenze sabaude di Torino e dintorni (1997); Orto botanico di Padova (1997); Duomo, Torre Civica e Piazza Grande di Modena (1997); Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (1997); Villa romana del Casale, presso Piazza Armerina (1997); Su Nuraxi di Barumini (1997); Portovenere, le Cinque Terre e le isole di Palmaria, Tino e Tinetto (1997); Costiera amalfitana (1997); Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento (1997); Area archeologica e Basilica patriarcale di Aquileia (1997); Centro storico di Urbino (1998); Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano con il sito archeologico di Paestum, Velia e la Certosa di Padula (1998); Villa Adriana a Tivoli (1998); Città di Verona (2000); Isole Eolie (2000); Assisi, la Basilica di San Francesco e altri siti francescani (2000); Villa d'Este a Tivoli (2001); Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud-orientale) (2002); Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia (2003); Monte San Giorgio (2003); Necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia (2004); Val d'Orcia (Siena) (2004); Città di Siracusa e la necropoli di Pantalica (2005); Le Strade Nuove e i Palazzi dei Rolli di Genova (2006); Mantova e Sabbioneta (2008); Ferrovia retica nel paesaggio dell'Albula e del Bernina (2008); Dolomiti (2009); Longobardi in Italia: i luoghi del potere (2011); Antichi insediamenti sulle Alpi (2011).