Spesso i modi di dire semplici presentano risvolti inimmaginabili se esaminati sotto un profilo storico ed etimologico più analitico. Prendiamo ad esempio la classica proposta di “pagare alla romana”, frequente quando al ristorante arriva il momento di provvedere al saldo del conto
Generalmente il pagamento alla romana viene inteso come il metodo più sbrigativo per pagare il conto, in quanto si prescinde dall’effettivo consumo di ciascun commensale , procedendo invece ad una divisione della spesa in parti uguali fra tutti i partecipanti.
In realtà la “romana” di cui si parla nell’espressione deriva dal contrappeso della bilancia stadera, detto “romano” per la tipica forma a melanzana, che in arabo è chiamato “rumann”. Questo contrappeso viene fatto scorrere lungo un’asta graduata (stilo) al termine della quale è appeso un piatto sul quale viene poggiato ciò che si vuole pesare con precisione. Il sistema di pesatura “alla romana” consente quindi di pesare con esattezza ogni sostanza. In via traslata questo metodo dovrebbe valere anche nella cenetta con gli amici, permettendo di individuare quanto consumato da ognuno e quanto, di conseguenza, dovuto da ognuno al momento della ripartizione del conto. Ecco qui che il senso del “pagare alla romana” è completamente ribaltato ed il significato dell’espressione equivale a dire che “ognuno paghi per la propria parte, per il proprio consumato. Ovviamente il dopo cena, a quel punto diventa macchinoso, sicuramente fastidioso e magari fonte di attrito, esattamente il contrario dell’obiettivo del pagare, che, derivando dal latino “pacare, tranquillizzare, calmare” mira alla pace (pax), in genere del creditore, ma nel caso specifico dei commensali. D’altra parte anche la quietanza, ossia il documento o la formula che attesta l’avvenuto pagamento, mira alla quiete (quies), questa volta riferita però al debitore, che si vede liberato da ogni impegno a suo carico.