L’eterno conflitto tra neologismi e termini desueti si ripropone anche oggi in tutte le sue varianti ma per fortuna ci sono le olimpiadi di italiano con circa 15000 studenti che si sfidano “all’ultima parola”
Una vecchia usanza, legata ai riti del Capodanno, è quella di buttare le vecchie cose.
Ciò può essere considerato come un atto di liberazione dal male che si è vissuto nella speranza che il nuovo che arriva possa essere migliore, o come la chiusura con qualcosa di finito e l’apertura verso il nuovo, il cambiamento.
Ogni anno anche la nostra lingua subisce questo processo: vengono eliminate parole obsolete, desuete per lasciare il posto a neologismi, inglesismi, termini derivati dalla finanza, dal mondo tecnologico, scientifico o politico.
Anche quest’anno il vocabolario della lingua italiana si è “arricchito” di circa 1500 nuovi termini, segno di evoluzione e modernizzazione di una lingua che segue il passo con i tempi e che ufficializza modi di dire legati al costume, all’attualità o ricorrentemente usati nei media o nel lessico comune.
E’ intrinseco nella natura evolverci e guardare avanti.
E’ stato così per molti movimenti poetici e letterari che hanno rotto con il passato per dare vita a forme nuove di espressione (si pensi ad esempio all’impatto e all’influenza successiva che ha avuto il dolce stil novo).
Non dobbiamo quindi strabuzzare gli occhi e rimanere interdetti se il nostro interlocutore nel suo eloquio ci parla di rottamatori, ludopatia, hastag, lifecasting, cocopro, inzitelliti, zoccolaggine, euroregione, sovraindebitamento, spaesante, nostalgismo, eticista…
Ma che fine fanno le parole perdute?
Per noi amanti della nostra lingua per fortuna c’è che si occupa di loro!
Così fa lo Zingarelli che dedica uno spazio alle parole comunque da salvare.
Così fa chi ama la nostra lingua, come Alberto Alfieri Bordi che ha da poco pubblicato la sua ultima fatica andando alla ricerca delle origini delle parole raccolte ne “Il piacere dell’etimo”.
Così ha fatto Sabrina D’Alessandro, creativa pubblicitaria e fondatrice dell’Ufficio Resurrezione Parole Smarrite, che ha ridato vita nel testo “Il libro delle parole altrimenti smarrite” ad una serie di termini arcaici che consentono, pur nella semplicità delle poche sillabe che li compongono, di rendere perfettamente l’idea di situazioni più complesse o di fornire il ritratto di persone e personalità per le quali bisognerebbe spendere più termini per descriverne la vera essenza.
Nel testo infatti troviamo termini quali “ponzamento: sost. Ragionamento eterno, faticoso e per lo più inconcludente” (quanti nel dobbiamo subire ogni giorno?); “noievole: agg. Sgradevole, noiosa: brutta”; “crisaiolo: sost: Che traffica per provocare una crisi politica”; “guasta pagnotte: sost. Che vive alle spalle di chi lavora, mangiapane a tradimento”; “salapuzio: sost. Uomo di piccola statura e alta considerazione di sé, malevolo e libidinoso (… viene in mente nessuno?).
Pur essendo termini arcaici posseggono ancora una vena di modernità!
Ci fa comunque immenso piacere vedere che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca organizza da 4 anni le Olimpiadi di Italiano che, al contrario di quanto si possa pensare, vedono una consistente partecipazione dei ragazzi non solo in Italia, ma anche di ragazzi che frequentano le scuole italiane all’estero. I dati sono veramente sorprendenti: si pensi che hanno partecipato all’edizione 2014 605 scuole, quasi un terzo del totale delle scuole superiori, e 14.769 studenti. Ben 568 sono stati i candidati delle 32 scuole italiane all’estero, più del doppio rispetto alla precedente edizione. Inoltre, sono state centomila le visite negli ultimi due mesi sul sito www.olimpiadi-italiano.it e sono stati più di centottantamila coloro che, in due settimane, hanno scaricato l’App “Conosci l’italiano?”.
Concludo prendendo in prestito le parole di Sabrina D’Alessandro: “..Aspre o scioglievoli, enigmatiche o lampanti, le parole hanno la capacità di dare voce a cose che altrimenti non vedremmo, creando un’idea dove prima non c’era, e ci consentono di far risuonare la realtà in modo nuovo, diverso.
Le parole non solo sono interessanti, ma soprattutto sono piene di bellezza. Dimenticarle, sostituirle, semplificarle è un pò come appiattire la nostra stessa percezione della realtà, rinunciando a sfumature e colori che raccontano e trasformano l’identità delle relazioni umane.
Queste parole esistono anche per aiutarci a vedere e a vivere meglio; tornare ad usarle, tornare ad apprezzarle e ad amarle non significa solo salvaguardare un patrimonio linguistico, ma alimentare la ricchezza, e l’allegria, del nostro immaginario profondo.”
…ma non facciamo gli adultescenti affetti da nostalgismo, scialliamo e beviamoci sopra uno shortino!!!!