Muovendosi tra le strade di Roma è sempre consigliabile alzare la testa, soffermare lo sguardo su uno dei tanti “ruderi” che abbelliscono la città eterna, perché potremmo imbatterci in piacevoli incontri con il passato prestigioso della romanità.
E’ così che, pur nel mezzo di una piazza trafficatissima come Piazza Fiume, la nostra attenzione venga attratta dalla deliziosa architettura di un piccolo monumento alla poesia. Infatti, quasi sospeso sui tavoli del frequentatissimo “oriental wine e cocktail bar Friends”, addossato alle mura Aureliane e visibile un monumento funerario databile alla fine del I secolo d.C. e dedicato al poeta adolescente Quinto Sulpicio Massimo. Si tratta di un cippo, realizzato con l’inconfondibile marmo bianco a grana fine del monte Pentelico, alto circa 160 centimetri, coronato da un timpano con acroteri angolari, al centro del quale, entro una nicchia semicircolare, e posizionata in altorilievo, la figura di un giovinetto in toga con una sorta di manoscritto nella mano sinistra. L’ intera opera poggia su uno zoccolo di travertino. Intorno alla sagoma del giovinetto è presente una fitta scrittura greca.
Ma chi era Quinto Sulpicio Massimo? La sua incredibile storia riemerge dall’oblio eterno intorno al 1871 quando all’interno della porta Salaria, in via di demolizione per motivi di viabilità, viene alla luce questo monumento così raffinato ed in grado di raccontarci le vicende di quel bambino-poeta e dei suoi genitori.
Il fanciullo morì a soli 11 anni "essendosi indebolito e ammalato per il troppo studio e l'esagerato amore per le Muse", dopo aver gareggiato con altri 52 poeti alla terza edizione del Certamen capitolino, nel 94 d.C., suscitando meraviglia ed ammirazione nei giudici, pur non risultando vincitore. Le forze lo abbandonarono, il fanciullo si ammalò e lasciò immaturamente questo mondo. Così sta scritto nell’iscrizione sepolcrale Il poema scritto dal fanciullo è riportato, in greco, ai lati della statua e ipotizza i rimproveri di Giove ad Apollo, colpevole di aver lasciato condurre il carro del sole al giovane ed inesperto Fetonte.
La scritta Deis manibus sacrum separa la parte superiore da quella inferiore, interamente occupata da una iscrizione dedicatoria in latino e in greco, dedicata al giovane poeta dai genitori "infelicissimi" Quinto Sulpicio Euganeo e Licinia Ianuaria
Forse il giovinetto era uno schiavo, particolarmente amato dai padroni che ne ebbero modo di apprezzarne la straordinaria sensibilità ed il talento poetico eccelso. A scuola è talmente bravo che persino il padrone ne andava fiero, tanto da decidere di liberarlo, con un atto di magnanimità in sede di testamento. La gente Sulpicia era una nobilissima stirpe romana, ma soprattutto avevano un figlio libero, che poteva vestire la toga, poteva sposarsi e poteva votare. Come figlio di schiavi, Quinto Sulpicio Massimo non poteva essere invece eletto a cariche pubbliche, ma sicuramente potevano esserlo i suoi figli, in quanto nati da un uomo libero.
Il monumento originale si trova ai Musei Capitolini, Centrale Montemartini in via Ostiense 106, ma quella che vediamo tra via Piave e Piazza Fiume ne è una copia perfetta, anche se le iscrizioni sono poco leggibili a causa della posizione elevata e dalla distanza dell’osservatore.
Musei capitolini, Centrale Montemartini di via Ostiense 106
Tariffe Ingresso ordinario Intero € 4,50 - Ridotto € 2,50
In occasione di eventi culturali il prezzo del biglietto può subire variazioni