Nel ricordo di un progetto di arte, moda ed umanità senza precedenti. Ho conosciuto Pino Lancetti alcuni anni fa, ai tempi in cui ero vicepresidente della Cassa Mutua del Ministero dell'Interno, con i suoi 10.500 soci in tutta Italia. Ci incontrammo nella sua maison di Piazza di Spagna,
a Roma, grazie ad alcuni amici comuni. Di lui mi colpì subito la dominante artistica combinata ad una sensibilità profonda e pacata. Insieme cominciammo a lavorare ad un progetto affascinante quanto geniale, nel quale io ero mero organizzatore e tessitore di contatti: l’intendimento comune era quello di riportare su tessuto, per farne poi dei foulard, i disegni, davvero belli e particolari in verità, realizzati dai ragazzi disabili seguiti dalla associazione Tangram. L’attività di disegno e di pittura sembrava infatti produrre un reale benessere psico-fisico sui ragazzi del centro di assistenza e rieducazione e gran parte di queste opere risultavano particolarmente apprezzabili sotto il profilo delle linee, dei colori, degli accostamenti, del risultato finale. Lancetti era entusiasta di questi piccoli capolavori dei ragazzi disabili, peraltro “particolarmente abili” in questa forma d’arte, e avviò una serie di contatti che avrebbero portato ad intraprendere un progetto artistico umanitario di grande levatura che solo una personalità sensibile e geniale come Lancetti poteva prendere in considerazione.
Dopo qualche mese di incontri, lavori, ipotesi progettuali, studi, decidemmo di rinviare l’attuazione dell’iniziativa in attesa che alcuni partner sciogliessero le riserve su questo progetto che avrebbe lanciato sul mercato una linea di foulard che nasceva, in modo magico ed incredibile, dalle mani, dall’estro, dalla creatività di questi ragazzi entusiasti, troppo spesso indicati con l’attributo di disabili, esattamente il contrario di quanto mostravano di essere in questo loro impegno. Incontrai il “maestro”, come ero solito chiamarlo, in più di un’occasione e lo confortai in occasione del furto di alcune sue creazioni del passato, storiche ed irripetibili per bellezza ed originalità delle linee e dei materiali impiegati. Umbro di Gualdo Tadino e romano di adozione, Pino Lancetti in 75 anni di vita ha segnato una pagina indelebile nella storia dell'alta moda del pianeta con le sue straordinarie creazioni ispirate allo stile ed alle opere di grandissimi pittori rinascimentali come anche alle linee di artisti straordinari come Modigliani o Kandinskij, Chagall, Matisse e Klimt. Indimenticabile e degna di essere annoverata negli annali della moda la sua collezione dedicata a Picasso e ai cubisti nel 1986, anno in cui a luglio l'Accademia di Francia a Roma celebrava i suoi 25 anni di attività.
Lancetti, che aveva mosso i primi passi negli anni '50 nei grandi atelier romani, primo tra tutti quello di Schuberth a Circonvallazione Clodia, fu infatti uno fra i primi creatori italiani a intuire che la moda di stava trasformando quasi in parallelo al ruolo della donna nella società. E così ottenne il consenso di celebrità come Ginger Rogers, Silvana Mangano, Annie Girardot, Soraya, Audrey Hepburn, la regina Paola di Liegi, tutte ammaliate dal suo stile raffinato e scenografico. "Le donne di oggi non sanno più essere eleganti – ebbe modo di osservare Lancetti intorno ai primi anni del nuovo millennio, nel corso di una delle ultime interviste - non c'è più attenzione, non c'è ricerca.”
Lo stilista si era ritirato nel 2002, dopo la nomina a cavaliere del Lavoro. La sua scomparsa, datata 7 marzo 2007, forse doveva essere ricordata con il giusto tributo che meritava il “sarto pittore” ma i veri geni possono fare anche a meno del clamore, della stampa, della gente.