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Home Eventi culturali in diretta La danza come stile di vita. Intervista alla coreografa Simona La Causa

La danza come stile di vita. Intervista alla coreografa Simona La Causa

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In questo breve incontro la coreografa catanese, oramai romana d'adozione, ci parla del suo percorso professionale, delle tecniche acquisite in tanti anni di studio, dei suoi "maestri ispiratori", del suo artista prediletto (J. Kyliàn), del profondo legame con la terra d'origine, della sua famiglia, "semplice e grande".

 

 

 

Vulcanica come L'Etna che ha fatto da sfondo alle origini siciliane ed alla sua prima giovinezza, non cita i premi conquistati,  non si sofferma sugli allori e sui consensi ricevuti per le sue rappresentazioni, sempre originali e coinvolgenti, ma sottolinea con orgoglio "i nuclei familiari" costruiti giorno dopo giorno con le amicizie e con gli affetti maturati nel corso della sua vita dedicata all' insegnamento. La sua ricca produzione artistica, caratterizzata anche da temi delicati, come l'autismo nella coreografia “In-Trasparenza“ o il ritorno alla famiglia d'origine in " Anitaca", lascia ora spazio a progetti futuri che Simona, anche qui originale, non vuole svelare per godersi l'effetto sorpresa!!!

1) Simona, i tanti anni dedicati intensamente alla danza hanno sicuramente contribuito a plasmare il tuo personale stile di vita. Sul piano della esperienza umana cosa ti hanno dato e cosa ti hanno tolto questi anni?

1) Questi anni, tanti anni, hanno contribuito eccome a plasmare il mio stile di vita. Sul piano umano indubbiamente è un lavoro che dà molto e allo stesso tempo ti fagocita tutte le energie. Ho sempre cercato di essere me stessa in tutte le situazioni, curando moltissimo non solo la dimensione professionale, ma anche i rapporti interpersonali. Oggi mi vanto di aver cresciuto molti allievi tenendo conto delle loro peculiarità e non sottovalutando mai la “persona“ oltre che il\la  ballerino\a. Molti studiano con me da tanti anni, cercando di conciliare, non senza sacrifici , attività parallele come lo studio o il lavoro, e questo mi riempie di orgoglio. Li chiamerei quasi “nuclei familiari“, perchè alcuni di loro sono diventati veri amici, valore “l’amicizia“ nel quale credo molto!

 

2) Il tuo nome si associa inevitabilmente alla danza contemporanea. Come definiresti il tuo genere, si ispira a qualche artista in particolare?

2) Dopo moltissimi anni di studio della danza classica con validi e quotati Maestri, la mia insegnante di allora S. Stivala organizzò uno stage di danza contemporanea con il coreografo F. Monteverde. Fu subito amore! Rimasi folgorata dallo stile e dalla tecnica della danza contemporanea. Avevo 19 anni ma, avendo studiato tanto la classica e fatto tanto repertorio, avevo basi solide. Da qui cominciai, grazie anche ai consigli della mia insegnante, la mia personale ricerca e approfondii lo studio delle tecniche prevalenti ( M. Graham, Horton, Cunningham). La danza contemporanea pur essendo rigida mi faceva sentire libera dagli schemi cattedratici e accademici di quella classica . Sento l’esigenza di seguire una mia strada fatta di mescolanze, intuizioni e ricerca. Mi sono ispirata certamente a grandi coreografi, senza perdere mai il mio punto focale di crescita, fra questi J. Kyliàn che io trovo geniale .

 

3) Ballerina prima, insegnante dopo. Quale ruolo, quali difficoltà, quali prospettive riesci a cogliere per l'insegnamento della danza nell'Italia dei nostri tempi?

3) Sono stata ballerina per poco, esclusivamente per scelta. Ero promettente, avevo pure superato una difficile selezione per la scuola di Teatro alla Scala, ma ho sempre amato l’insegnamento e la coreografia. Insegnare non è facile perchè devi stare costantemente al passo e soprattutto ti devi rapportare con generazioni presenti e future che sono diverse dalla tua, non solo per la differenza di età. La sfida più importante è insegnare l’amore per la danza, che diventa sacrificio, rinuncia e spesso rigida disciplina. Oggi più di ieri i ragazzi sono distratti da una molteplicità di stimoli e il mio più grande orgoglio è essere riuscita quasi sempre a far sì che la danza diventasse la loro priorità.

 

4) Le coreografie sono autentici parti artistici, figlie della creatività e della intuizione emozionale che portano in scena passi, movenze, intrecci di tecnica, di suoni e di luci. Esiste un filo conduttore nella tua corposa produzione coreografica? Ti senti particolarmente affezionata ad una coreografia, ad un evento vissuto da protagonista?

4) Le mie coreografie hanno quasi tutte un filo conduttore che mi porta sempre alla mia famiglia e al legame con la mia terra, la Sicilia ! Sono cresciuta in una famiglia semplice e grande. Il mio nonno paterno “ Corrado “ lavorava al Teatro Massimo Bellini di Catania, io quando era possibile mi intrufolavo a vedere opere e balletti, e ancora la sartoria, il foyer … Mi sentivo a mio agio, insomma ero a casa ! Mio nonno era una persona molto rispettata, lui faceva l’infermiere ed era un uomo dignitoso oltre che grande lavoratore. Andavo a vedere gli spettacoli se c’era la possibilità di poterlo fare, altrimenti niente ! Tuttavia definisco il mio stile “ Autentico “ perchè i miei lavori più belli e significativi sono nati dall’esigenza di voler raccontare qualcosa che nella mia vita è davvero accaduta. Sono tante le coreografie alle quali sono particolarmente legata , tra queste “Anitaca“ che racconta il forte desiderio di ritornare un giorno nella mia bella Catania , dalla mia famiglia. Ma anche “ In-Trasparenza “ che tocca un argomento estremamente delicato quale l’autismo e poi ancora “Transizioni di Fase“ , “Ciuscìa con l’accento sulla i“, “Nel Tempo di Mezzo“, "Accabadora", “ Stranizza d’Amuri “ , “ Frammenti di Pane “ ecc. ecc.

 

5) Le sale, gli specchi, il montaggio, le prove, il sudore, insieme all'entusiasmo ed alle delusioni che caratterizzano ogni attività artistica. Gran parte di queste emozioni le hai vissute a Roma, lontana dalla tua famiglia di origine e da Catania, la tua città di nascita. Il legame con la tua terra quanto e come è presente nella tua vita di donna e nella specifica dimensione di professionista nel mondo tersicoreo?

5) Profumi, colori, l’Etna e il mare. Il legame con la mia terra è qualcosa di profondo e speciale che sinceramente non so spiegare, a volte la definisco quasi una maledizione ... Questa attitudine ai rapporti umani, a vedere il bicchiere mezzo pieno, a celebrare la vita deriva dal sole della mia terra, dalla sua luce. Penso che il legame con la propria terra natale sia di fondamentale importanza per la vita di ognuno; i luoghi da dove veniamo e siamo cresciuti ci plasmano e influiscono su di noi e contribuiscono a renderci quelli che siamo!

 

6) L'arte, quale fenomeno creativo per eccellenza, non è mai solo passato ma anche presente e soprattutto futuro: quale progetto vorresti realizzare nel futuro prossimo?

6) Per me l’arte esprime un’emozione che arriva da dentro, dove sono nascosti i nostri sentimenti più belli. Mi piace esprimermi attraverso qualcosa a cui do forma . Ho delle idee per il futuro, sono sempre alla ricerca e costante lavoro , ma non vi svelo niente per il momento … effetto sorpresa !!!!