Il libro è stato trasposto cinematograficamente da Josef von Sternberg nel 1930, protagonista l’indimenticabile Marlene Dietrich, musa demoniaca del “professor Unrat”. Heinrich Mann (1871- 1950) è stato romanziere drammaturgo e saggista tedesco.
Molti dei suoi scritti sono caratterizzati da una forte vena polemica contro la politica e la società guglielmine, e successivamente contro il regime nazista, motivo per il quale fu costretto a lasciare la Germania. Per i più curiosi dirò che era il fratello di Thomas Mann. Nel 1905 scrive il romanzo “Il professor Unrat”: l’avventura di un intransigente professore di liceo, che in tarda età si innamora di una ballerina dalla dubbia onestà morale, e che da quella passione viene sopraffatto e vinto. Nel romanzo, accanto ad una per nulla velata critica nei confronti dei valori tradizionali e borghesi d’inizio secolo, trova posto “l’uomo” e i suoi sentimenti più violenti: passione, vendetta, odio, tradimento e gelosia. Il diabolico alternarsi e intrecciarsi di questi, determina e domina da un certo punto in poi la vita dell’integerrimo professore, vituperato e deriso da alunni e colleghi, ma sfrontato e irrefrenabile nella passione per una donna senza troppi scrupoli che porterà il vecchio amante a scelte umilianti.
La sua passione si mescola, però, in maniera torbida al desiderio di punizione nei confronti dei denigratori, e la vendetta si attua attraverso il possesso di ciò che essi più desiderano: Rose Frohlich, ballerina dell’”Angelo azzurro”. La donna (unica alla quale l’autore non nega una parvenza di buone intenzioni ) diventa quindi oggetto della bramosia del vecchio educatore , ma anche strumento della sua rivincita morale. Fino a quando la gelosia si insinuerà troppo prepotentemente e sferrerà il colpo finale. L’attenzione rivolta al lato oscuro della personalità dell’uomo è il tratto più moderno di tutta l’opera in cui Mann non propone un eroe positivo nè un lieto fine, e mantiene la cupezza di toni e temi dall’inizio alla fine per raccontare con sarcasmo e disincanto quanto possa essere complesso e spaventoso, ma anche fragile, il mondo più intimo dell’ uomo. Nel 1930 Josef von Sternberg diresse magistralmente l’indimenticabile “Angelo azzurro”, libera trasposizione cinematografica del libro, con interpreti eccezionali quali Marlene Dietrich e Emil Jannings, contribuendo al successo e alla notorietà del romanzo
“…Ora quando Unrat compariva nel cortile della scuola, tutti gridavano, mentre l’insegnante addetto alla sorveglianza guardava altrove disgustato: “Ehi! Qui c’è puzza di spazzatura morale!”.
Il vecchio professore s’avvicinava, e il chiasso diminuiva a poco a poco, sotto le occhiate velenose di Unrat.Poi gli si piantava davanti Kieselack che, squadrandolo d capo a piedi, diceva scandendo lentamente le parole:” Anzi, di sozzura!”
E Unrat, con un sussulto, si trascinava via: non poteva “provare” niente contro Kieselack.
Non aveva prove, e sentiva che non sarebbe riuscito a beccarlo: e tantomeno Ertzum e Lohmann. Lui e i suoi tre alunni vivevano sopportandosi a vicenda. Unrat non aveva più alcun potere per impedire che lohmann non partecipasse alla lezione e, a una sua chiamata, rispondesse con quel suo tono teatrale che era occupato. Unrat poteva poco contro von Ertzum che, stanco di starsene lì seduto senza risultati, strappava di mano il compito a suo compagno di banco per copiarlo. Unrat doveva sopportare Kieselack che confondeva i compagni buttando là risposte insensate a tutte le domande, parlava ad alta voce, passeggiava per l’aula senza permesso, e scatenava persino una rissa nel bel mezzo della lezione.
Se poi Unrat si faceva prendere dal panico del tiranno minacciato e cacciava nello sgabuzzino i capi della rivolta, andava ancora peggio. La classe sentiva uscire dallo spogliatoio un rumore di bottiglie stappate e di vino versato, brindisi ad alta voce, risatine ambigue, baci che schioccavano…Unrat si precipitava alla porta e faceva rientrare Kieselack. Gli altri due lo seguivano non autorizza, con facce minacciose e sprezzanti…
Sul momento Unrat provava un gran fastidio, era indubbio. Ma che potevano mai fare quei tre? Alla fine erano loro i vinti, che non erano riusciti ad avere la Frohlich. Non era Lohmann a stare nello sgabuzzino con la Frohlich… Appena oltrepassato il portone della scuola, Unrat si scuoteva di dosso il malumore e indirizzava i suoi pensieri alla gonna grigia dell’artista, che doveva ritirare dalla lavanderia, e ai bonbons con cui voleva farle una sorpresa.
Il preside, invece, non poté esimersi dall’intervenire nella situazione del quinto ginnasio. Convocò Unrat in presidenza e gli rimproverò lo stato di corruzione morale cui la sua classe stava visibilmente andando incontro. Non voleva indagare, disse, quale fosse l’origine del contagio. L’avrebbe fatto certamente con un insegnante più giovane; ma il signor collega aveva alle spalle una carriera onorata, e spettava perciò a lui, da un lato, pensare a se stesso, e dell’altro non dimenticare l’esempio che doveva fornire ai suoi alunni,
Unrat replicò:
“Signor preside, in fede mia, l’ateniese Pericle aveva per amante Aspasia”
Questo non c’entrava niente, osservò il preside. E Unrat:
“La mia vita non avrebbe per me alcun valore se di fronte ai miei alunni considerassi gli ideali classici delle favole oziose. Chi si è formato nella cultura umanistica può ben fare a meno dei pregiudizi morali della massa ”.
Il preside, che non sapeva più che dire , congedò Unrat e rifletté a lungo su quell’incontro. Infine decise di tenere per sé quanto aveva udito, temendo che i profani potessero interpretarlo in senso svantaggioso per la scuola e la categoria degli insegnanti ”.