26, 27 e 28 marzo 2009. Nel castello di Monterone, affascinante struttura merlata immersa nel verde collinare che abbraccia la città di Perugia, il 27 e 28 marzo si potevano quasi avvertire i profumi di buona cucina che venivano
non solo dalla sala ristorante del maniero ma metaforicamente anche e soprattutto dalla sala congressi, dove si celebrava il Convegno nazionale 2009 dell’Associazione Insegnanti di Cucina Italiana. L’evento ha richiamato nella accogliente città del Grifone oltre 60 associate AICI provenienti da tutta Italia, impegnate nel rituale rinnovo delle cariche, nelle sessioni d’esame per le aspiranti insegnanti, ma soprattutto intente a pianificare e ridisegnare percorsi e strategie per tutelare, nel modo piu efficace, la storia, la tradizione ed i contenuti autentici della cucina nostrana, in un momento storico in cui l’arte della buona tavola domina indubbiamente la scena televisiva e letteraria, ma che si espone verosimilmente al rischio di una manipolazione e di una polverizzazione dei suoi valori fondanti.
Questo il monito della presidentessa Ada Parasiliti, rieletta praticamente per acclamazione, la quale, a più riprese, ha voluto sottolineare la profonda linea di demarcazione esistente tra la figura dello chef, destinata fisiologicamente ad una attività di tipo imprenditoriale e comunque economico e la figura della insegnante di cucina italiana, preziosa portatrice di un ruolo di assoluto rilievo dal punto di vista culturale, con la sua “mission” di veicolare la composita sapienza culinaria dei nostri antenati, delle nostre terre, negli anni a venire, in un futuro prossimo e lontano. Il nostro Paese è unanimemente apprezzato per le sue bellezze naturali, per un patrimonio artistico che non ha uguali al mondo e per un panorama gastronomico talmente ricco di storia e di sapori da affascinare in modo profondo e duraturo chiunque giunga in Italia ed abbia l’opportunita di godere delle pietanze della vera cucina italiana, in particolare di quelle tramandate da madre in figlia, rendendo miracolosamente appetibile ancora oggi quello che gustavano i nostri nonni.
Anche di questo si è parlato negli incontri al castello di Monterone, della necessità di contrastare il pericolo di decadimento e di imbarbarimento della nostra cucina, che, in questo momento di grande splendore, ha proprio nell’ignoranza, nella approssimazione, nella commistione e nella contaminazione i suoi nemici più pericolosi. Ma la cucina raffinata, quella che sa lasciare il segno anche con una semplicità disarmante, è anche terreno per le scienze, dalla chimica alla biologia, dalla fisica alla botanica, e non può prescindere in alcun modo dalla precisione, talora chirurgica, dei dosaggi, dalla filosofia degli abbinamenti, dal valore indefettibile della qualità delle componenti, ancor meglio se legate alle stagioni. La due giorni perugina è stato preceduta in verità, nella giornata di giovedì 26 marzo, da uno stage di grande interesse che ha permesso di apprezzare una serie di ricette decisamente creative presentate da alcune “insegnanti di cucina” e legate a tre tematiche predefinite, quali “una occasione particolare”, “una colazione elegante” ed “un pranzo elegante”, proposte confezionate a tutto tondo ed accompagnate da dettagliati suggerimenti anche per le tovaglie, per i centri tavola, per la tipologia di stoviglie e bicchieri. Lo scenario che ne è venuto fuori ha sicuramente incuriosito anche i fantasmi del castello trecentesco, forse attratti dall’”Orzotto à la Valencienne” di Nella Lobosco & Co. o magari dal “Rombo all’arancia servito con patate al vapore” di Stefania Campara. Meritevoli di citazione la “Gallinella al coccio in crosta di pane” presentata da Palma d’Onofrio e il “Flan di sedano con salsa bianca” ipotizzato da Daniela Pignatti per una grande occasione come un pranzo alla Accademia Militare di Modena. A concludere questa passerella del buon gusto e della creatività un “filetto di vitella ai capperi in crosta di patate” di Manila Foresti ed un “formaggio di capra con pere al vino e crumble” di Enrica Ballesio. Cristina Collini ha invece lasciato il segno con un “vitello tiepido alla crema di sogliole”, mentre Francesca D’Orazio ha fatto attraversare le stagioni con colazioni e pranzi formali per poi presentare i “Ravioli di Shangai rosolati solo in un lato” e conditi …anche di qualche appunto di storia sulla cucina cinese. Dulcis in fundo il “budino alla lavanda con coulis di cioccolato fondente” di Francesca Maggio destinato ad un pranzo elegante.
La lezione pomeridiana di cucina umbra, curata da Maria Letizia Miletti, Dagmar Testerini e Susanna Badii, puntualmente realizzata nella cena del venerdì, ha riservato ai partecipanti al convegno un antipasto di “lenticchie di Castelluccio al tartufo nero di Norcia” particolarmente gradevole, seguito da una “parmigiana di coste di bietole”; poi gli “umbrici (così detti per analogia alla forma dei lombrichi) alla spoletina” hanno deliziato i palati delle maestre di cucina anticipando il trionfo del “salmì gentile di faraona” una carne di rara tenerezza e del “cosciotto di maiale steccato” , un piatto che ha rinverdito gli antichi splendori del maiale perugino. Quali delizie finali, prima il famoso “torciglione alla magionese” tipico del lago Trasimeno e simile nella forma ad una anguilla e poi uno“zabaione in forma con gelatine di vino”.
Il convegno, come in passato e come auspicabile per il futuro, al di là dei dovuti adempimenti formali ai quali deve provvedere periodicamente ogni associazione, è stato un incontro sapiente tra passato e futuro, tra tradizione ed innovazione, tra nord e sud, tutti ingredienti miscelati da donne esperte che mostrano ogni giorno il piacere e l’importanza di preparare un buon piatto attorno al quale raccogliere la famiglia, gli amici o anche solo i pensieri e le emozioni di chi talvolta si ritrova sola.