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Home Solidarietà "Giornata Mondiale del Diabete" celebrata su iniziativa di Diabete Italia il 29.11.2023 presso la Biblioteca “Giovanni Spadolini” in Roma

"Giornata Mondiale del Diabete" celebrata su iniziativa di Diabete Italia il 29.11.2023 presso la Biblioteca “Giovanni Spadolini” in Roma

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La sintesi  dei lavori congressuali è curata da Alberto Bordi* per conto di ADA ROMA Associazione Diabetici - Presidente Venanzo Paganelli

 

La giornata è stata aperta dal videosaluto del parlamentare Giorgio Mulè che ha indicato l’approvazione della legge 130 del 2023 come una battaglia vinta, portatrice di un significativo vantaggio  per  una diagnosi precoce della patologia diabetica grazie allo screening giovanile.

Il presidente di Diabete Italia P. A. Bolzano, Stefano Nervo, in veste di conduttore dell’evento, ha speso parole decise sulla barbarie prodotta dalla violenza sulle donne, inciviltà verbale che investe anche il mondo delle persone diabetiche, sulla quale è indispensabile porre l’attenzione di tutti.

Il vicepresidente di Diabete Italia della regione Veneto, Fabiano Marra, ha illustrato il nuovo modello della organizzazione associativa approvato nel giugno di questo anno, necessitato anche dalla normativa  intervenuta nella disciplina del terzo settore  e che ha visto l’inclusione di cinque sigle particolarmente  attive nel sostegno a quanti soffrono  a causa della complessa patologia diabetica.

La recente riorganizzazione di Diabete Italia come rete associativa ha permesso di avviare un processo virtuoso di collegamento con le regioni sul modello della Sanità nazionale. Nonostante il breve periodo dall’entrata in carica del nuovo consiglio direttivo, Diabete Italia si è già resa protagonista di alcune iniziative che hanno inciso realmente sulla vita delle persone che rappresenta, compresi tutti quelli che non sono in contatto con nessuna associazione. Fondamento di tale riordino organizzativo è la necessità di  trovare forme di condivisione delle buone pratiche fra le regioni e momenti di discussione utili per individuare gli strumenti più adeguati per risolvere i problemi che ancora impediscono un completo accesso alle migliori cure nel nostro Paese, unitamente all’attivazione di percorsi ed iniziative di  prevenzione primaria e secondaria realmente efficaci.

Ha preso poi la parola il vicepresidente Diabete Italia della regione Sardegna, Marcello Grussu, che ha presentato  i risultati del questionario su base regionale, ricordando come nel mondo siano 537  milioni le persone che soffrono di diabete, mentre in Italia ne soffre il 5,9% della popolazione con una crescita continua che impone nuove e più efficaci energie sull’asse Stato-Regioni, utilizzando anche nuovi modelli assistenziali, più vicini ai cittadini. Le conclusioni, al negativo, hanno sottolineato la mancata realizzazione di team diabetologici, il divario esistente nelle varie realtà locali, i modesti livelli di formazione e di informazione ed il mancato coinvolgimento dei cittadini alle campagne istituzionali, mentre, sul fronte positivo, va registrata la crescente  attività delle associazioni ed un accesso tecnologico più marcato. Circa lo scenario di riferimento, caratterizzato da ritardo delle diagnosi con le correlate complicanze per i soggetti diabetici, è puntato il dito sulla disomogeneità tra regione e regione e sui maggiori costi stimati. L’intervento di Marco Sonnini, presidente Federazione Toscana Diabete ha tracciato invece i tratti salienti del modello della regione Toscana, che nel 1244 realizzava già la prima Misericordia e nel 1786 aboliva tortura e pena di morte. Richiamato Seneca (non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare) il relatore ha evidenziato i vantaggi per la P.A., di avere un interlocutore unico nella trattazione di ogni aspetto, organizzativo, procedurale ed operativo nel contesto di una problematica così complessa, sottolineando come  la FTD, entrata in Diabete Italia nell’aprile 2023, sia da tempo  struttura partecipe nei lavori dell’OTGC, che costituisce l’organo tecnico in materia sanitaria della regione Toscana.

Con la prima tavola rotonda della giornata  sono stati trattati i modelli di prevenzione ed il professor Emanuele Bosi, direttore di diabetologia ed endocrinologia al San Raffaele di Milano, ha puntualizzato come le cause di insorgenza del diabete, malattia autoimmune, siano ad oggi sconosciute e non si possa spiegare la distruzione delle cellule pancreatiche, mentre sul fronte della prevenzione, siano stati fatti significativi passi in avanti, grazie alla individuazione, in età giovanile, della presenza degli anticorpi (se due positivi > probabile insorgenza della malattia; se uno positivo > rischio più attenuato; se non individuati anticorpi > rischio zero). Ricordando che per il diabete non esiste un problema di familiarità (il 95% dei malati di diabete 1 non ha familiarità) e che il diabete non è malattia acuta ma procede in modo silente, il professore ha illustrato i vari studi avviati in ogni parte del pianeta ed i risultati conseguiti, soffermandosi sulle capacità del farmaco Teplizumab di ritardare, in età giovanile, l’esordio clinico del diabete 1. L’utilità dello screening e quindi della valutazione tempestiva degli anticorpi  ha una ulteriore valenza per ridurre la chetoacidosi, problematica che riguarda il 40% delle persone diabetiche. La domanda è: siamo pronti allo screening della popolazione? Le problematiche non vanno sottovalutate, prime tra tutte la carenza di strutture e di personale specializzato, l’impatto psicologico dei pazienti e la carenza della cultura stessa  della prevenzione, ma è il momento di cambiare mentalità e di fare tesoro dei risultati conseguiti in altri Paesi, come la Germania. Le azioni immediate da avviare sono una maggiore collaborazione Stato-Regioni, una attenta valutazione  dello screening nelle tre regioni pilota (Lombardia, Marche e Campania) ed un monitoraggio scrupoloso delle procedure poste in essere. Il professor Francesco Chiarelli, del Dipartimento Scienze Invecchiamento dell’Università di Chieti, ha ribadito che i marker possono farci capire quanto sia il rischio di diabete per un bambino, con un vantaggio importante a livello individuale e con un beneficio tangibile per la società intera e per gli apparati sanitari. “Il bambino che arriva in clinica pediatrica” è un segnale tardivo, anche perché il rischio di chetoacidosi è alto. E’ certo che il Teplizumab può cambiare la storia della malattia; si tratta di un anticorpo monoclonale umanizzato usato per ritardare la progressione del diabete mellito di tipo 1, agendo contro l'antigene CD3 dei linfociti T. Il suo impiego è stato approvato negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration nel novembre 2022. Molti altri Stati hanno già avviato lo screening massivo (Germania, Colorado, Israele, Inghilterra). Da ultimo, se c’è puntuale informazione, lo stress per i pazienti si riduce in modo consistente. Il professor Dario Iafusco del Dipartimento donna e bambino, chirurgia generale, dell’Università di Napoli, sulla scia dei colleghi, ha enfatizzato il valore dello screening precoce ricordando come la legge che lo prevede sia stata approvata in Parlamento all’unanimità, cosa assai rara in Italia. Fino ad oggi le campagne informative non hanno sortito importanti risultati ma informazione e formazione sono fondamentali anche perché di norma le famiglie impiegano molto tempo per abituarsi alla presenza del diabete nella vita di un congiunto, con conseguenze importanti sui comportamenti dell’intero nucleo familiare.  Rita Mulas, Assessorato dell’igiene e sanità della regione Sardegna, ha esordito chiedendo perché la Sardegna, regione, di gran lunga, con il maggior numero di diabetici in Italia, oltre che capofila anche per i casi di celiachia e sclerosi multipla, non sia stata inserita nel novero delle regioni pilota. Il dibattito si è allargato sconfinando in una valutazione di profilo internazionale sul binomio diabete e screening: la Finlandia è il Paese con il maggior numero di casi al mondo in rapporto alla popolazione, la Baviera ha impiegato 15 anni per far decollare lo screening giovanile, in Svezia ed Inghilterra i medici generici non si occupano dei bambini, curati e seguiti da specialisti di pediatria. La sfida è aperta ed il confronto congressuale  ha riguardato anche le modalità di prelievo per lo screening, le quantità di sangue necessarie e l’esigenza che si proceda con la preziosa professionalità delle infermiere pediatriche.

Non meno interessante il tema della seconda tavola rotonda,riguardante le gare d’appalto per dispositivi e distribuzione: Lara Boccuzzi, direttrice Ufficio acquisti A.S. Alto Adige – P.A. Bolzano, ha indicato con assoluta precisione gli obiettivi delle gare (miglior appropriatezza terapeutica, qualità dei prodotti, puntualità delle consegne, risparmio di spesa, distribuzione capillare, assistenza efficace etc.) per poi fare riferimento, quale strumento ottimale, all’accordo quadro multi lotto e multi fornitore, procedura duttile ed applicabile a varie tipologie di lotti, con correlata previsione di più aggiudicatari. Secondo gli esiti della indagine conoscitiva ANAC 2017-2021 le Regioni spenderebbero di più con la procedura convenzionata, peraltro meno consigliata.  Cristina Colasanti, dirigente farmacista della regione Umbria, ha svolto un’ampia panoramica  delle procedure di acquisto utilizzate dalla regione di appartenenza, ricordando che ogni quattro anni le ASL riacquistano nuovi infusori, nel pieno rispetto dell’aggiornamento tecnologico. Patrizia Falcone e Valentina Solfrini, entrambe  preposte al governo del farmaco e di dispositivi medici della regione Emilia-Romagna, con interventi alternati ed integrati, hanno fatto partecipe l’uditorio delle esperienze maturate dalla propria regione in sede di acquisto di dispositivi medici, ritenute best practices anche grazie alla proficua interazione con le associazioni operanti nel settore. Tali modelli positivi hanno garantito una preziosa vicinanza alle esigenze delle persone diabetiche anche grazie a processi di formazione ed informazione che risultano indefettibili e sempre migliorabili. Tali modelli si fondano su una distribuzione dei dispositivi presso le farmacie locali, quindi in prossimità dell’utenza,  anche se è indubbio che l’aggio richiesto dalle farmacie non risulti di poco conto sul fronte spesa. D’altra parte non si può prescindere dalla considerazione che molte persone affette da Diabete 2 siano in età avanzata, con scarsa dimestichezza con l’informatica, basso livello culturale, basso standard economico, limitata autonomia di movimento.

Nella terza tavola rotonda, incentrata su LEA e nota 100, ha preso la parola  Graziano Di Cianni Direttore UOC Diabetologia e Malattie del Metabolismo dell’ASL NORD OVEST della Toscana, il quale ha fotografato una situazione sanitaria in cui il personale specialistico è carente e molti diabetici si trovano in RSA, per cui si auspicano team multi professionali, incluso lo psicologo, rapportati alla popolazione dei malati. Per quanto riguarda i Livelli Essenziali per il Diabete (Decreto 23.6.2023), le Regioni nel 2017 hanno formalizzato elenchi che variano da zona a zona, ma quello che emerge in modo assolutamente negativo è che manca la visita fondamentale, ossia quella diabetologia, che è l’architrave della assistenza ai pazienti. In merito alla Nota 100, con essa l’AIFA ha riconosciuto il valore fondamentale dei trattamenti innovativi riferiti alla cura del Diabete, anche se il suo utilizzo presenta variabili consistenti a seconda delle aree considerate e per il 34,2% di casi non sia stata mai utilizzata.

Valentina Solfrini giustifica il successo nella regione Emilia Romagna con la operatività integrata delle varie professionalità, non disgiunta dal supporto delle associazioni, e con il coinvolgimento di tutte le figure mediche necessarie, dai medici di medicina generale ai cardiologi, oculisti, patologi etc. La prevenzione resta ancora il cardine del successo individuale del paziente con attenzione alla alimentazione, eliminazione del fumo e contrasto alla sedentarietà; il criterio utilizzato nelle gare non è il costo basso (anche se ha il suo peso) ma l’effettivo vantaggio terapeutico per gli assistiti. Le malattie devono essere gestite da team, non da singoli specialisti. Gerardo Medea, Medico di medicina generale della regione Lombardia e responsabile nazionale della ricerca SIMG, ha posto invece l’attenzione sulla capillarizzazione dell’assistenza, ma molti dei modelli utilizzati non vanno in questa direzione e le proiezioni organizzative non contemplano la presa in carico del paziente diabetico.  A fine lavori, il saluto unanime dei relatori si è orientato per un nuovo appuntamento a breve su temi tanto delicati che posso essere gestiti al meglio con reali sinergie e con confronti e monitoraggi serrati su quanto fatto al fine di conseguire successi sempre più importanti nella vita delle persone affette da diabete.

 

*Responsabile comunicazione ADA Roma


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