Il conferimento dell'onorificenza di cavaliere di gran croce a Rosa Oliva riporta alla luce la memorabile sentenza della Corte Costituzionale n.33 del 13 maggio 1960 che abolì le discriminazioni di genere nell'ingresso alle carriere pubbliche
La decisione della Corte Costituzionale, accogliendo l'impugnativa della giovane laureata alla facoltà di scienze politiche della Sapienza di Roma che voleva entrare a tutti i costi nella carriera prefettizia, sostenuta da un avvocato e professore di diritto del calibro di Costantino Moscati, aprì una breccia storica per tutte le donne italiane interessate ad entrare nella carriera prefettizia e diplomatica. Solo più tardi, nel 1963 le donne furono ammesse anche in magistratura e solo nel 1999 nella carriera militare.
L'accesso al primo gradino della carriera prefettizia, consigliere di prima classe, sembrava per lei precluso in considerazione della mancanza del requisito di essere uomo, ma la giovane laureata conosceva bene gli articoli 3 e 51 della Costituzione italiana, contenenti il principio di uguaglianza davanti alla legge ed il principio di l'uguaglianza nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive e così iniziò una battaglia per modificare la normativa vigente, datata 1919, in quanto costituzionalmente illegittima.
Rosa Oliva vinse la sua battaglia di civiltà e di giustizia però non diventò prefetta, perchè aveva vinto un concorso all'Intendenza di Finanza a Roma ed in quella sede fece la sua carriera di funzionaria pubblica, ma la sua vittoria nel segno della giustizia aprì un nuovo scenario nel mondo istituzionale italiano.
La prima donna a dirigere una prefettura in Italia fu Anna Maria D' Ascenzo, nominata prefetta nel 1990 e destinata a Grosseto nel 1993. Le altre quattro donne nominate prefetto nello stesso anno furono Concetta Gabriella Sorbilli Lasco, Carla Scoz, Italia Fortunati e Annamaria Cancellieri, diventata poi ministro dell'Interno, al pari della prefetta Lamorgese, attuale responsabile del Viminale.