La performance del sestetto ha entusiasmato il folto pubblico accorso negli accoglienti locali di Lungotevere Flaminio
Sono bastate le prime note di All the jazz band ball per proiettare immediatamente i presenti nel mondo magico del dixieland-swing degli anni 1945/50, resi famosi soprattutto dalle band di Bobby Hackett, Muggsy Spanier, Red Nichols ed Eddie Condon. Senza ombra di dubbio si tratta di musica per palati fini, per intenditori, ma anche "i profani", "gli iniziati" hanno avuto modo di farsi coinvolgere da quei ritmi prorompenti, esplosivi come colpi di pistola, evocativi di scene di film in cui si fronteggiano e si agitano, nell'America del passato, gangster senza scrupoli.
Il gruppo dei musicisti ospitato dal circolo, sistematicamente apprezzato in ogni esibizione italiana e romana (famose quelle allo storico club Fonclea), ha mostrato, anche nella serata del 26 gennaio scorso, una evidente armonia d'assieme, sulla quale si sono inseriti gli assoli dei singoli componenti, che hanno trovato puntuale consenso nella platea, investita da un'ondata di allegra vitalità, fedele allo stile musicale dell'epoca, che emotivamente viene riproposto con epidemica energia, a dispetto di stereotipi spesso banalizzanti ed approssimativi.
Anche i brani più lenti, come Amapaola hanno sollecitato grandi emozioni, anche se qui la componente del fascino e della seduzione riflessiva ha preso il sopravvento sulla impetuosa dinamica, di impatto immediato, riscontrabile in pezzi come I've found a new baby, che ha terminato la serata, in realtà conclusa solo dopo un lungo bis della band, cadenzata da un Renato Musillo alla batteria, caricato a molla come un vigoroso quindicenne. Il cornettista Gianluca Galvani nello scatenato brano di Indiana ha stregato tutti con un virtuosismo d'eccezione, mentre Fabiano Red Pellini ha impressionato per la padronanza del suo sax, che usa come una motocicletta da cavalcare e guidare a velocità tale da lasciare tutti attoniti e strabiliati. Tra i brani più conosciuti del repertorio presentato figuravano Jada, resa famosa dai Flippers, e poi Do you know what it means to miss New Orleans, eseguita dal mitico Louis Armstrong, che hanno enfatizzato le grandi doti di clarinettista di Stefano Lefevre. Meno ciarliero ma sicuramente carismatico Enzo Il Grande, al contrabbasso, da anni componente dell'orchestra di Renzo Arbore.
Insomma una serata di straordinaria armonia, resa tale anche grazie ad Alberico Di Meo, che non solo non ha lesinato il suo talento al pianoforte, con mirabili accelerazioni delle dita, ma ha raccontato, a più riprese, scampoli affascinanti della meravigliosa storia della musica jazz eseguita a New Orleans, e poi a Chicago e New York, da artisti non di colore, annoverata e trasmessa alle future generazioni come Dixieland.
Una buona notizia per i naviganti...in musica: sono previsti, sempre al Circolo di PS in Roma a Lungotevere Flaminio, altri appuntamenti con il Jazz e, speriamo, con la Coliseum Dixieland Jazz Band, l'ultimo giovedì di ogni mese.